Appunti di storia vicini allo sviluppo iniziale del quartiere Sant'Orso
Gli anni del "miracolo economico"
Cronologia dei primi anni di televisione in Italia
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Gli anni della ricostruzione (Indicativamente dal 1946 al 1958).
In questi anni l'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del Piano Marshall. In contemporanea si verificarono evoluzioni nella politica e nel costume.
Nel 1949 l'Italia aderì alla NATO (North Atlantic Treaty Organization). Nel 1955 l'Italia venne ammessa alle Nazioni Unite. Il 1957 vide anche la nascita della Comunità Economica Europea, il primo passo verso la realizzazione dell'Unione Europea.
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Gli anni del "miracolo economico" (Indicativamente dal 1958 al 1963).
In questi anni l'economia italiana, insieme alla società ed alla famiglia, fu trasformata dal cosiddetto miracolo economico.
L'unità nazionale italiana si stava consolidando, ma persistevano episodi di separatismo, tra i quali fu la Notte dei fuochi del 1961 in Alto Adige.
Le cifre del miracolo economico
In questi anni il Prodotto interno lordo, che fino al 1958 era cresciuto in media del 5.5%, crebbe nei sei anni successivi del 6.3%. Tale crescita rappresentò un record nella storia del paese. Il reddito pro-capite passò da 350.000 lire a 571.000 lire. Tra il 1958 e il 1959 gli investimenti lordi crebbero del 10% e tra il 1961 e il 1962 l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: Inghilterra, Germania e Francia.
La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc. ) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%.
Importanti cambiamenti ci furono anche nell'alimentazione, grazie alla diffusione del frigorifero, che permettendo una prolungata conservazione del cibo modificava anche le abitudini della spesa quotidiana degli italiani. Questo elettrodomestico fino al 1955 rappresentava un bene di lusso; dieci anni dopo il frigorifero era presente nel 30% delle case degli italiani. Come gli elettrodomestici, anche le automobili e le motociclette divennero beni accessibili per un gran numero di italiani.
L'industria registrò una crescita pari all'84% tra il 1953 e il 1961. La produzione industriale raggiunse tali livelli sia grazie alle nuove tecnologie di produzione, sia anche grazie ad una manodopera con bassi salari.
L'elevata disponibilità di manodopera era dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord. Chi si trasferiva, dal sud al nord o dalle campagne verso le città, spesso si trovava in condizioni economiche disperate. Tali condizioni portavano ad accettare condizioni di lavoro pesanti e mal retribuite.
All'aumento dell'industrializzazione si verificò la diminuzione del peso delle attività agricole nel bilancio globale dell' economia del paese. Tra il 1954 e il 1964 in tutta Italia vi fu una diminuzione di 3 milioni di posti di lavoro nel settore agricolo. Il peso dell'agricoltura si ridusse del 10.8% del Prodotto interno lordo.
Questo notevole sviluppo fu possibile anche grazie all'intervento dello Stato nell'economia, che avvenne soprattutto attraverso l'aumento della spesa pubblica e la creazione di società a partecipazione statale. Fondamentale fu l'intervento dello Stato nella realizzazione di alcune infrastrutture necessarie per lo sviluppo del mercato. In tale ambito un importante ruolo fu ricoperto dall'IRI che intervenne sostanzialmente nella costruzione della rete autostradale (costituì la Società Autostrade) e nel potenziamento del settore dei trasporti, sia automobilistico, sia navale e aereo (costituzione dell'Alitalia). Nell'ottobre 1964 Antonio Segni inaugura l'Autostrada del Sole.
Infine, contribuì alla crescita dell'Italia un fattore esterno, cioè, la creazione del Mercato comune europeo (MEC), preceduta dalla creazione nel 1951 della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la creazione della CEE nel 1957, a cui l'Italia aderì da subito. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e scambi commerciali europei.
Il boom economico provocò, anche, l'aumento del divario economico tra il nord e il sud d'Italia. Il tentativo di ridurre tale squilibrio con la Cassa per il Mezzogiorno non diede risultati soddisfacenti.
Grazie al miracolo economico, l'Italia uscì dall'arretratezza in cui versava, tuttavia un prezzo alto fu pagato soprattutto da chi, per vivere, fu costretto ad abbandonare la propria terra d'origine per trasferirsi nelle grandi città industriali.
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Boom economico
In Italia il periodo storico del boom economico (o miracolo economico) è un periodo di forte crescita economica, compreso tra gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo.
Il contesto storico ed economico
A partire dalla fine degli anni ’50, si innescò in Italia una fase di rapida trasformazione delle strutture economiche e sociali. Fu un processo che in dieci anni trasformò la penisola da paese prevalentemente agricolo -sostanzialmente sottosviluppato - in un moderno paese industrializzato.
Nei tre anni che intercorsero tra il 1959 ed il 1962, i tassi di incremento del reddito raggiunsero valori record: il 6,4, il 5,8, il 6,8 e il 6,1 per cento, rispettivamente negli anni 1959, 1960, 1961, 1962. Questa grande espansione economica fu determinata da una serie di fattori simultanei. In primo luogo, fu dovuta allo sfruttamento delle opportunità che venivano dalla congiuntura internazionale. Più che l’intraprendenza e la lungimirante abilità degli imprenditori italiani, ebbero effetto l’incremento vertiginoso del commercio internazionale e il conseguente scambio di manufatti che lo accompagnò. Anche la fine del tradizionale protezionismo dell’Italia giocò un grande ruolo in quella fase. In conseguenza di quell’apertura, il sistema produttivo italiano ne risultò rivitalizzato, fu costretto ad ammodernarsi e ricompensò quei settori che erano già in movimento.
La disponibilità di nuove fonti di energia e la trasformazione dell’industria dell’acciaio furono gli altri fattori decisivi. La scoperta del metano e degli idrocarburi in Val Padana, la realizzazione di una moderna industria siderurgica sotto l'egida dell'IRI, permise di fornire alla rinata industria italiana acciaio a prezzi sempre più bassi.
Il maggior impulso a questa espansione venne proprio da quei settori che avevano raggiunto un livello di sviluppo tecnologico e una diversificazione produttiva tali da consentir loro di reggere l’ingresso dell'Italia nel Mercato Comune. Il settore industriale, nel solo triennio 1957-1960, registrò un incremento medio della produzione del 31,4%. Assai rilevante fu l’aumento produttivo nei settori in cui prevalevano i grandi gruppi: autovetture 89%; meccanica di precisione 83%; fibre tessili artificiali 66,8% .
Ma, va osservato che il «miracolo economico» non avrebbe avuto luogo senza il basso costo del lavoro.
Gli alti livelli di disoccupazione negli anni ’50 furono la condizione perché la domanda di lavoro eccedesse abbondantemente l’offerta, con le prevedibili conseguenze in termini di andamento dei salari. Il potere dei sindacati era effettivamente fiacco nel dopoguerra e ciò aprì la strada verso un ulteriore aumento della produttività. A partire dalla fine degli anni ’50, infatti, la situazione occupazionale mutò drasticamente: la crescita divenne notevole soprattutto nei settori dell’industria e del terziario. Il tutto avvenne, però, a scapito del settore agricolo. Anche la politica agricola comunitaria assecondò questa tendenza, prevedendo essa stessa benefici e incentivi destinati prevalentemente ai prodotti agricoli del Nord Europa.
Le migrazioni
Il risultato di questo processo fu l’imponente movimento migratorio avutosi negli anni ‘60 e ‘70. È stato calcolato che nel periodo tra il 1955 e il 1971, quasi 9.150.000 unità siano state coinvolte in migrazioni interregionali; nel quadriennio 1960-1963, il flusso migratorio dal Sud al Nord raggiunse il totale di ottocentomila unità all’anno.
Gli anni ’60 furono, dunque, teatro di un rimescolamento formidabile della popolazione italiana.
I motivi strutturali che indussero prevalentemente la popolazione rurale ad abbandonare il loro luogo d’origine furono molteplici e tutti avevano a che fare con l’assetto fondiario del Sud, con la scarsa fertilità delle terre e con la polverizzazione della proprietà fondiaria, causata dalla riforma agraria del dopo guerra che aveva espropriato i latifondisti e che aveva suddiviso la proprietà terriera in lotti troppo piccoli. Ai fattori strutturali si accompagnarono quei fattori tipici di attrazione che derivano dai modelli di vita dell’ambiente urbano, con la conseguenza che a decidere di emigrare furono prevalentemente i giovani del Mezzogiorno. Il flusso migratorio fu intercettato soprattutto dal Nord del paese, in quanto, per la prima volta in quegli anni del miracolo economico, la domanda di lavoro superò l’offerta nelle Regioni del triangolo industriale.
Le ripercussioni sociali
Attorno al gennaio 1959, il ministro dell’economia Ezio Vanoni predispose un piano per lo sviluppo economico controllato che, negli intenti del governo, avrebbe dovuto programmare il superamento dei maggiori squilibri sociali e geografici (il crollo dell’agricoltura, la profonda differenza di sviluppo tra Nord e Sud); ma questo piano non portò ad alcun risultato. Il processo d’espansione non previsto, e la mancanza di un incanalamento regolato della crescita, portò con sé gravi squilibri sul piano sociale. Il risultato finale fu quello di portare il «boom economico» a realizzarsi secondo una logica tutta sua, a rispondere direttamente al libero gioco delle forze del mercato e a dar luogo a profondi scompensi. Il primo di questi fu la cosiddetta distorsione dei consumi. Una crescita orientata all’esportazione determinò una spinta produttiva orientata sui beni di consumo privati, spesso su quelli di lusso, senza un corrispettivo sviluppo dei consumi pubblici. Scuole, ospedali, case, trasporti, tutti beni di prima necessità restarono infatti parecchio indietro rispetto alla rapida crescita della produzione di beni di consumo privati. Il modello di sviluppo sottinteso al «boom» implicò dunque una corsa al benessere tutta incentrata su scelte e strategie individuali e familiari, ignorando invece le necessarie risposte pubbliche ai bisogni collettivi quotidiani.
La stratificazione sociale
Un altro dei mutamenti più rilevanti degli anni del miracolo economico fu la profonda trasformazione della struttura di classe della società italiana.
Uno degli indicatori che mostravano come l’Italia fosse entrata ormai nel novero dei paesi sviluppati, fu il rapido incremento del numero di impiegati, sia nel settore privato, che nel settore pubblico.
La categoria dei tecnici crebbe in maniera altrettanto rilevante in quegli anni. Al vertice del settore si collocavano i manager del comparto industriale, che furono i veri soggetti delle idee sulla nuova organizzazione industriale, le cui teorie avevano da tempo fatto scuola nelle Università americane. Il numero di dirigenti d’azienda che non vantavano titoli di proprietà delle realtà produttive che dirigevano aumentò sensibilmente negli anni del "miracolo" e, parimenti, aumentò il loro potere di condizionamento del ceto politico, soprattutto di quello che controllava direttamente o indirettamente l’industria pubblica.
Il consumismo
Ma gli anni della grande espansione furono anche teatro di straordinarie trasformazioni degli stili di vita, del linguaggio e dei costumi degli italiani. Nessuno strumento ebbe un ruolo così rilevante nel mutamento molecolare della società quanto la televisione. Progressivamente essa impose un uso passivo e familiare del tempo libero a scapito delle relazioni di carattere collettivo e socializzante che, alla lunga, avrebbe modificato profondamente i ruoli personali e gli stili di vita oltre che i modelli di comportamento.
A questo si accompagnò anche un deciso aumento del tenore di vita delle famiglie italiane. Nelle case facevano la loro comparsa le prime lavatrici e frigoriferi (la cui produzione era svolta soprattutto da imprese italiane di piccole e medie dimensioni). Anche le automobili cominciavano a diffondersi sulle strade italiane con le Fiat 500 e 600 che diede grande impulso alla produzione della casa torinese. Si costruirono anche le prime autostrade a partire dalla Milano-Napoli, l'Autostrada del Sole.
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La televisione in Italia
In Italia il servizio regolare cominciò soltanto dal 3 gennaio 1954, a cura della RAI, in bianco e nero.
Il segnale arrivò su tutto il territorio nazionale tre anni dopo, il 31 dicembre 1956, e a quel momento gli abbonati erano ancora relativamente pochi - 360.000 - a causa del costo elevato degli apparecchi.
Dagli anni Cinquanta la diffusione della TV crebbe a ritmi stupefacenti, come precedentemente accaduto sul mercato americano.
In quegli anni la televisione era un bene di lusso che pochi italiani potevano permettersi, tanto che i bar o le case dei propri vicini diventarono luoghi prediletti per visioni di gruppo, soprattutto in occasione delle trasmissioni del primo e subito popolarissimo telequiz italiano, i primi pionieri furono Mario Riva con Il Musichiere, e Mike Bongiorno con Lascia o raddoppia?.
Negli anni '60, con il progresso dell'economia, il televisore divenne accessorio di sempre maggior diffusione, sino a raggiungere anche classi sociali meno agiate; l'elevato tasso di analfabetismo riscontrato fra queste suggerì la messa in onda di Non è mai troppo tardi (1959-1968); un programma di insegnamento elementare condotto dal maestro Alberto Manzi e che, è stato stimato, avrebbe aiutato quasi un milione e mezzo di adulti a conseguire la licenza elementare.
Almeno nella fase iniziale la televisione italiana era una delle più pedagogiche al mondo. Le sue finalità erano certamente educative e se da un lato, non cercando il consenso dei telespettatori, era considerata soporifera, ha indubbi meriti nei confronti di una situazione di partenza di una nazione arretrata e culturalmente divisa. Non è solo una battuta umoristica dire quindi che, almeno a livello linguistico, "L'unità d'Italia non l'ha fatta Garibaldi, ma l'ha fatta Mike Bongiorno."
stralci da: http://www.radiomarconi.com/marconi/rai_cronologia1.html
Cronologia dei primi anni di televisione in Italia
Il 31 dicembre 1956 entrano in funzione i trasmettitori televisivi di Monte Conero e Monte Nerone
La televisione raduna spettatori nei bar
La trasmissione televisiva Carosello nacque il 3 febbraio 1957 con un ritardo di un mese e due giorni sulla data annunciata in precedenza (1° gennaio 1957). Per evitare di attirare su di sé le critiche di coloro che pagavano il canone e che non apprezzavano la pubblicità in televisione, la RAI pensò bene di associare ad ogni comunicato commerciale un mini-filmato introduttivo che sintetizzasse in una manciata di minuti delle storie di senso compiuto.
Nicoletta Orsomando annunciatrice storica tv