Memorie
di Don Luigi Spallacci per la storia della chiesa S.Maria Goretti
IL PROGETTO: studio e sviluppo
LA PROTETTRICE DELLA PARROCCHIA
PERCHE’ AL SACRO CUORE DI GESU’?
VETRATE : NUOVA E ANTICA ALLEANZA
UNA PROCESSIONE LUNGA 15 GIORNI
IL SANTUARIO “ MADONNA DELLA COLONNA”
40 anni! Un
rincorrersi di giorni, di mesi, di anni, che assorbono impegni, energie e sogni
di una età matura nella quale si dona tutto, si rischia tutto, si può fare un
mondo di bene, forse, anche un sacco di errori, specialmente quando si è soli e
nuovi per certe esperienze.
Quando poi si è
arrivati oltre e si è fuori di quella vita e non si hanno più responsabilità
dirette che spesso rubano anche le ore del sonno, si riguarda indietro e vien
voglia di ripensare a tutto il percorso seguito e si è tentati di fare un
bilancio di quel lungo lavoro, che richiedeva l’intervento della mente e del
cuore, a volte anche delle mani.
Costruire una
parrocchia!. Un lavoro sempre difficile, impastato anche di sofferenza e di
tanta preghiera, per avere la forza di compierlo con l’entusiasmo, la
generosità dei primi tempi. A volte ci si trova davanti a un mondo tutto nuovo,
che si scopriva giorno dopo giorno, un mondo da comprendere e da servire per
poterlo meglio organizzare e servire.
Era il tempo in cui
la voce del Vescovo risuonava ogni giorno nel fondo dell’anima: ti faccio
parroco di Sant’Orso. Tu penserai a darle una protettrice e a mettere in piedi
strutture e organizzazione. (Mons. C. Micci)
Era il tempo in cui
sorgevano le prime grandi preoccupazioni per realizzare quanto era nel
desiderio Vescovo “ Gettare le fondamenta di una nuova Parrocchia!”.
Era il tempo in cui
ci si trovava nelle prime difficoltà per trovare il terreno su cui costruire la
nuova Parrocchia.
Terreno che non era
disponibile in nessuna parte perché il P.R.G. del Comune non l’aveva previsto.
Ciò voleva dire che nel grande quartiere di S. Orso, alla periferia di Fano,
non si poteva costruire la Parrocchia. Eppure bisognava trovarlo, come? Lo
diremo in altra parte del libro, come è stato risolto per raccogliere le
numerose famiglie, che, di anno in anno, venivano a stabilirsi in questo
quartiere, provenienti da paesi e città, più o meno lontane , ma quasi tutte
differenti per cultura, abitudini di vita parrocchiale e sociale.
Erano anni in cui
si dovevano fare scelte decisive che avrebbero dovuto ispirare e orientare
attività, programmi pastorali e manifestazioni varie, utili, spesso necessarie,
per annunciare a tutti che in mezzo a loro stava nascendo un nuova realtà che,
come il faro per le navi, avrebbe dovuto riunire genti diverse, in una sola
famiglia, in cui vivere concretamente la vita cristiana, tutti insieme.
Una vita nuova alla
luce del Vangelo, in tutta la sua autenticità e fedeltà, giunto fino a noi
attraverso l’insegnamento della Chiesa che, di generazione in generazione, si è
sempre preoccupata di trasmettere il messaggio ricevuto direttamente da Cristo.
Erano momenti di
instancabili premure per organizzare la vita parrocchiale in tutti i suoi
aspetti senza avere ancora locali a disposizione, se non quelli che la Divina
Provvidenza ci offriva, di volta in volta, presso le famiglie disponibili ed
accoglienti. E ce ne sono state sempre tante! Non ci siamo mai trovati in mezzo
ad una strada!
Erano quelli i
tempi in cui occorreva avvicinare persone per reperire e formare catechisti per
i più piccoli, animatori per i ragazzi, guide per i giovani collaboratori per arricchire
la fede dei genitori e degli adulti in genere
Si cercavano
iniziative per invitare tutti alla pratica di una vita cristiana, sempre più
conforme all’insegnamento della Chiesa e del Vangelo. La Provvidenza non ci ha
fatto mai mancare l’aiuto di persone esperte e preparate per esortare a vivere
ogni giorno la fede in modo che portasse frutti nei vari ambiti della propria
esistenza.
Ripensando ai
lunghi anni vissuti per realizzare le strutture e la vita della parrocchia, si
ripresentano cumoli di esperienze vissute e ricordi di momenti belli e ricchi
di gioia e di speranza per il futuro.
Non sono mancati
naturalmente anche momenti tristi, amarezze e sofferenze che restano sempre
rinchiuse nel profondo del cuore e dell’anima condivisi, nel silenzio solo con
Lui, il Signore del mondo che scruta i cuori e le menti e giudica con sapienza
e misericordia.
A chi si troverà in
futuro alla guida di una parrocchia, voglio ricordare una riflessione letta,
qualche tempo fa, su una rivista che riportava una esperienza simile alla
nostra. Più o meno diceva così:
“Le difficoltà
nella vita della Parrocchia, come della chiesa universale, non vengono dall’esterno
della chiesa o della Parrocchia, dai non credenti o dagli avversari. Costoro
infatti, ci offrono l’occasione per vivere meglio il comandamento evangelico
dell’amore per i nemici (Mat.5,43-48;Lc.27,35). No! Le difficoltà vengono dai
credenti stessi, così detti “Zeloti” o i giusti del regno con le loro
“infedeltà” e con i loro scandali a contraddire il Vangelo e il suo annuncio,
la sua “corsa” nella compagnia degli uomini che cercano Dio dal profondo del
cuore”.
La presenza divina,
sempre presente nei momenti più critici e nebulosi, ci ha sostenuto nel
guardare avanti con fiduciosa speranza, suscitando il momento opportuno,
persone giuste e generose pronte a sostenerci, a incoraggiarci con
suggerimenti, proposte e decisioni.
Trattandosi di
costruire una nuova realtà parrocchiale in un quartiere dove confluiscono
persone provenienti da diverse regioni e con diverse esperienze di vita, non è
stato possibile creare organismi stabili e duraturi, per studiare iniziative e
programmi da portare avanti anno per anno. Ma non sono mai mancate tante
persone che, di volta in volta, venivano consultate per le varie necessità.
Persone che meritano tutta la nostra gratitudine per la disponibilità e l’impegno
nel concretizzare poi quanto veniva deciso.
Una attenzione
particolare, richiesta dagli stessi abitanti del quartiere, che di anno in anno
crescevano di numero, abbiamo dovuto rivolgere alla programmazione del tempo
libero, creando di volta in volta varie opportunità per facilitare la vita
d’insieme, come Pellegrinaggi, soggiorni in montagna, cinema nel pomeriggio
della domenica nel salone pluriuso, manifestazioni sportive, feste di quartiere
e altro, con una finalità ben precisa: far sapere a tutti che a S. orso stava
nascendo un centro parrocchiale, che- come il cuore del nostro corpo- pulsava
forte per far giungere, anche ai più lontani, tutta la ricchezza del suo
“sangue” per suscitare una nuova vita, un nuovo stile di vita, per un quartiere
unito e sereno, socialmente solidale, cristianamente armonioso e spiritualmente
fruttuoso.
Più volte ci è
stato richiesto di scriverla “storia meravigliosa” della nascita di questa
nuova Parrocchia, dedicata a S: Maria Goretti, nel popoloso quartiere di Fano.
Quartiere che dal nulla è cresciuto pian piano, senza fare troppo rumore, diventando
il quartiere più grande della città, così come era stato previsto dal piano
regolatore.
La parrocchia ha
seguito un po’ lo stesso ritmo crescendo in tempi diversi, per varie
difficoltà, ma con una determinazione instancabile per giungere alla sua
realizzazione sia sul piano tecnico e logistico, come sul piano pastorale e
spirituale.
In realtà non è
ancora completata perché mancante di campanile, di un porticato che, dal campanile,
dovrebbe unire le tre entrate della chiesa ed altre strutture interne ed
esterne previste nello sviluppo del progetto iniziale, restate sul progetto di
massima. E questo perché la richiesta della costruzione di questa nuova chiesa
è partita prima della revisione del Concordato (1984) tra lo stato e la chiesa
italiana.
Infatti con il
concordato del 1929 era stato pattuito che, per la costruzione della chiesa ed
opere parrocchiali, ci si doveva rivolgere direttamente allo stato italiano, che,
con contributi di volta in volta erogati, sosteneva le spese nella percentuale
del 70-75%, intendendo così restituire alla chiesa i beni che erano stati
espropriati ingiustamente al tempo della formazione dell’unità d’Italia, sotto
il regno di casa Savoia. Questo accordo tra lo stato Italiano e la chiesa era
stato inserito nella nuova Costituzione della repubblica Italiana, entrata in
vigore il 1° gennaio del 1948.
Alle diverse
richieste ci siamo impegnati, con santa pazienza per ricordare lo scorrere di questa
lunga storia di cui narriamo i momenti più interessanti, i fatti più salienti e
le caratteristiche che hanno guidato la realizzazione dell’intero progetto.
Vogliamo sperare e augurarci
intensamente che, quanto siamo riusciti a mettere insieme, serva a far
conoscere come nasce una parrocchia, quante fatiche richiede, quanti sacrifici
e rinunce occorre fare e quanti viaggi per avere permessi, autorizzazioni e
contributi che non sono mai sufficienti, per realizzare questo prezioso
servizio a vantaggio del popolo cristiano.
Mentre fissavamo su
carta questi ricordi, è nato in noi anche un altro pensiero che ci ha sostenuti
nella ricerca delle varie memorie: Rivolgere ai fedeli di oggi e quelli che
domani godranno di questa dono divino, un caloroso ed affettuoso invito ad
elevare a Dio, sommo benefattore un sincero canto di Lode e di gratitudine alla
Divina Provvidenza che ci ha accompagnati durante la realizzazione di questa
casa di Dio, in mezzo alle abitazioni degli uomini.
Invito anche ad
amare questo luogo sacro come parte della propria casa, per essere pronti e
generosamente disponibili, in tutte le maniere, nel collaborare e portare a
compimento ciò che ancora manca e per mantenere quanto realizzato con il
contributo di tutti, perché sia sempre decorosamente degno della divina
presenza e gioiosamente accogliente per tutto il popolo di Dio che abita a S.
Orso.
Ripercorrendo col
pensiero tutto il lungo periodo di vita vissuto a S. Orso (circa 40 anni!) spesso
ci si illumina la mente con il brano del Vangelo di Luca (10, 38-42) in cui è
riportato il dialogo di Gesù con Marta e Maria, che ospitano sempre con
grandissima gioia il divino maestro, per farlo riposare e rifocillare. Suscita
sempre tanta meraviglia vedere Gesù, figlio di Dio, padrone del mondo, chiedere
ospitalità nella piccola casa di Betania, che diventerà il luogo dell’intimità
tra Dio e le sue creature, un luogo dove si può ascoltare e vivere, pregare e
servire. Atteggiamenti diversi, ma essenziali per chi cerca Dio. Essi non si
possono confondere mettendoli uno sull’altro, dividerli uno senza l’altro, ma
unirli” uno con l’altro “ così mantengono un loro valore e raggiungono la loro
finalità. Infatti sarebbe senza significato affannarsi per mille cose, se non
c’è nessuno spazio per incontrarsi con Gesù. Ma è anche vano costruire una
Parrocchia per incontrare Lui, se non ci si spende per incontrarlo e servirlo
nei fratelli.
Marta e Maria con
il loro fratello Lazzaro, ricolmati della luce di Dio e del dono dello Spirito,
dopo la Resurrezione di Gesù, spenderanno tutta la loro vita per portare il
messaggio del Vangelo e dedicarsi a portare sollievo nelle sofferenze e nelle
varie necessità, anche materiali, dei fratelli che incontriamo. Così l’ascolto
e il servizio, la preghiera e l’azione, diventano, per loro e per tutta la
chiesa, la via maestra con cui testimoniare la propria fede.
La stessa cosa è
avvenuta quando il nostro vescovo Mons. Costanzo Micci ha deciso di costruire
la nuova parrocchia nel quartiere che stava sorgendo a S. Orso.
Un giorno ci ha
convocati nel suo studio e, dopo un breve colloquio su varie cose ed esperienze
di vita parrocchiale, mi ha detto: ”Ho fatto un giretto su fino a Montegiove
per vedere lo sviluppo della città e dei nuovi quartieri periferici. A S. Orso
c’è una vasta campagna dove stanno già arrivando molte famiglie e certamente ne
arriveranno molte altre nel prossimo futuro. C’è bisogno di costruire una
parrocchia che sia il punto di riferimento per coloro che verranno a stabilirsi
in quella zona.
Ti nomino parroco!
Comincia subito a lavorare per organizzare la vita parrocchiale nei suoi vari
aspetti e realizzare tutte le strutture necessarie per la liturgia, il
catechismo, e spazi ove organizzare il tempo libero …. Quando hai bisogno di
qualcosa e di suggerimenti per superare eventuali difficoltà, io sono sempre
qui. La porta del mio studio sarà sempre aperta! Con la mia esperienza conosco
quanto è difficile fondare una Parrocchia …. Le difficoltà non mancheranno … ma
alla fine saranno proprio le difficoltà superate e i sacrifici fatti a donare a
tutti gioia immensa e a portare frutti veri di Grazi e santità di vita.
La mia benedizione
ti accompagni sempre!“
Queste ultime
parole mi tornavano in mente tutte le volte che mi trovavo in serie difficoltà,
per mancanza di esperienze dirette o di qualche ufficio di Curia a cui
rivolgermi.
Mi rimaneva sempre
il ricorso al Vescovo che, con paterna dolcezza e saggezza, esortava e
incoraggiava suggerendo anche vie e modi da seguire.
In uno di quei
momenti mi sono state di grande aiuto alcune parole incontrate per caso su un
giornale che parlava di S. Luigi Orione, il quale, trovandosi in grave
difficoltà per la sua opera e raccomandandosi al Signore per avere aiuto e luce
sul da farsi, si sentì rispondere: “ Di che ti affliggi, o pusillanime?
Continua ch’io ti aiuterò, perché questa è opera mia, non tua!“.
Subito mi son
detto: anche la Parrocchia è opera di Dio e trovai nuovo slancio per andare
avanti, nuove energie per la “Preghiera e l’azione, per l’ascolto e per il servizio“,
altre persone con dedizione totale, si sono affiancate a me nelle necessità
pastorali e nelle urgenze materiali, nel seguire tecnici ed operai, impegnati
nella costruzione del centro parrocchiale.
E’ consolante e
fonte di gioia e di gratitudine al Signore, il fatto che, ogni volta che capita
di ritornare in quella Parrocchia, tanto amata e per cui sono stati fatti tanti
sacrifici, si trovano ancora alcune persone che, dopo tanti anni continuano a
dare la loro preziosa collaborazione, con gioia e generosità senza pari.
Sia sempre lodato e
ringraziato il Signore che non abbandona mai chi si rifugia e confida in Lui.
Quando Dio ha
pensato di creare l’uomo, prima ha plasmato l’uomo con la polvere delle terra poi,
con la sua sapienza infinita, per farne una creatura diversa e superiore a tutti
gli altri esseri viventi, ”soffiò nelle sue narici un alito di vita. Così
l’uomo divenne un essere vivente, fatto a sua immagine e somiglianza” capace di
conoscere parlare, amare imparare cose nuove con una volontà libera di
scegliere o di rifiutare una cosa o l’altra, e altre doti che lo che lo
rendevano veramente il principe e il dominatore di tutto il creato.
Quando il Vescovo
Mons. Costanzo Micci affidò all’architetto, Marco Maioli di Roma, l’incarico di
progettare il nuovo centro parrocchiale di S. Maria Goretti in S. Orso, avvenne
la stessa cosa, ma con una programmazione sostanzialmente diversa: Prima
abbiamo pensato all’anima e poi al corpo, che ne mettesse in risalto le varie
caratteristiche.
L’architetto non
avendo esperienza diretta per la costruzione di un centro parrocchiale, ci ha
chiesto di aiutarlo suggerendogli l’anima di tutto il complesso da realizzare,
insieme alle varie necessità utili alla vita di una Parrocchia, con relativi
ambienti interni ed esterni, legati a quella che doveva essere la finalità di
tutto il progetto.
Ci siamo messi
subito all’opera per raccogliere tutto ciò che poteva essere utile per
arricchire la geografia spirituale di una nuova chiesa, dove sarebbero stati
accolti i fedeli per gli appuntamenti con Dio con l’umanità.
Una chiesa non è
soltanto un edificio in cui si entra in determinate circostanze, ma anche un
mondo di Grazie nel quale si inizia a vivere una vita interminabile.
Una chiesa, quindi,
è casa, sala, tempio dove si odora Dio, ma anche una casa, sala, tempio che
odora di Dio. Nel suo viaggio dal tempo all’eternità, l’uomo ha una tenda,
un’oasi spirituale, dove non vengono mai meno le acque ristoratrici, che
offrono il verde della speranza di giungere ad una vita ultraterrena, e il riposo
per rifornirsi di quelle energie sufficienti, utili e necessarie, per
completare il viaggio nella pace eterna.
“Una chiesa,
qualunque sia la sua forma, è una preghiera divenuta pietra, cemento, civiltà
visiva di ineffabili realtà, dono di colui che viene sempre a salvare” (B. M.)
Per rendere più
comprensibili questi pensieri, abbiamo fornito all’architetto un lungo elenco
di frasi bibliche e poetiche, su cui meditare e trovare spunti ed idee per lo
sviluppo dell’intero complesso parrocchiale.
“Io sono la luce
del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv.
8,12)
Il mistero della
luce è ciò che più ci attira nel pensare alla nuova Parrocchia, perché Dio
stesso è la luce del mondo, Egli ci rende figli della luce, testimoni della
luce, cioè della verità evangelica che brilla e illumina il buio del mondo.
“Una luce dal cielo
mi circondò e riempì l’anima. E in questa luce, che era la mia anima, vidi Dio
splendere deliziosamente, come una bella luce, tolta da un candeliere
bruciante. E vidi che egli si adattava alla mia anima così leggiadramente e
piena di bontà, in modo tale che Egli si unì interamente ad essa ed essa a Lui”
(Elisabetta Stogel). “Mentre pregava si trasfigurò dinanzi a loro e il suo
volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”(Mt.
17,2).
“Il regno dei cieli
è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo
sposo, cinque di esse erano stolte e cinque sagge S: Maria Goretti, S. Agnese,
S. Lucia, S. Cecilia, S. Teresina del bambino Gesù, S. Rita) Le stolte presero
le lampade, ma non presero con sé l’olio. Le sagge invece, insieme alle lampade
presero anche dell’olio in piccoli vasi.
A mezzanotte si
levò un grido: Ecco lo sposo, andiamogli incontro!
Allora le vergini
sagge prepararono le loro lampade ed entrarono con gli sposi alle nozze. La
porta fu chiusa e cominciarono a far festa” (Mt.25,1-13)
“E’ dolce questa
luce, ed è cosa assai buona per la vista dei nostri occhi, per contemplare
questo sole invisibile! (Qo. 11,7)
“E Dio disse:- Vi sia la luce. – E vi fu la
luce. E Dio vide la luce e disse che era cosa buona e separò la luce dalle
tenebre. E chiamò la luce 2 giorno” e le tenebre” notte”(Gen. 1,3-5).
Il grande profeta Isaia, rivolto a
Gerusalemme disse: ”Alzati e rivestiti di luce, poiché la tua luce arriva e la
gloria del Signore splende sopra di te.. Cammineranno le nazioni alla tua luce
e i re allo splendore del tuo sorgere …”(is. 60,1)
I Magi giunti a Gerusalemme, chiesero ad Erode:”
Dov’è il Re dei Giudei?. Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti
ad adorarlo! Ed ecco, la stella che avevano visto in Oriente, li precedeva
finché i fermò sulla casa dove era il bambino e sua madre …Vedendo la stella
essi provarono una grandissima gioia”(Mt.2,2…10).
Zaccaria alla nascita del figlio Giovanni,
profetizzò l’arrivo del Messia come una luce che viene a visitarci dall’alto
“come sole che sorge per illuminare quelli che stanno nelle tenebre” (Lc.1,78-79)
Simeone, alla presentazione di Gesù al
tempio, canta la venuta del Messia come” Luce per illuminare le genti e gloria
del tuo popolo Israele” (Lc.2,32)
Nel Vangelo Gesù dice agli apostoli (e a
tutti i cristiani): ”Voi siete la luce del mondo … Non si accende una lucerna
per metterla sotto il moggio, ma sul lucerniere affinché risplenda per tutti
quelli che sono nella casa.. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
affinché vedano le vostre opere e glorifichino il Padre vostro celeste che è nei
cieli” (Mt. 5,14-16)
Nell’Apocalisse S. Giovanni, parlando della
nuova Gerusalemme, scrive: ”Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella
radiosa del mattino (Ap. 22,16). Non vi sarà più notte, e non avranno più
bisogno di luce di lampade, né di luce di sole perché il Signore Dio li
illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap .22,5)
“L’angelo mi
trasportò su di un monte alto e grande, e mi mostrò la città santa,
Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.
Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di
diaspro cristallino (Ap.21,10-11)
La città non ha
bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la gloria di Dio la
illuminerà e la sua lampada è l’agnello.
Le nazioni
cammineranno alla sua luce e i re della terra a lui porteranno la loro
magnificenza (Ap. 21,23-24)
Il culto reso alla
luce da diversi popoli mostra quale smisurato significato le sia stato
attribuito fin dall’aurora dell’umanità.
L’importanza data
al sole, all’aurora “ luce che porta al giorno” (Schiller) e tuttavia
testimonianza dei quadri di Van Googh, della serie di incisioni in legno, “il
sole” di Franz Masereel, e anche da numerose poesie:
“Più bello della
luna che si ammira e della sua nobile luce;
più bello delle
stelle che mirabilmente ornano la notte;
molto più bello
dell’infuocata apparizione di una cometa e chiamata ad essere di gran lunga più
bello di ogni altro astro, perché la tua e la mia vita dipendono ogni giorno da
lui;
tutto questo è il
sole …..sotto il sole, nulla di più bello di essere sotto il sole” (Ingeborg Bachamann)
Come nella vita
terrena, così anche in un piano allegorico, il credente ha bisogno della luce
della grazia e, per la prima visione di Dio, della luce della gloria.
Gesù Cristo è la
luce del mondo, che fa impallidire tutte le altre luci. Chi si apre a questa
luce non deve più temere né le tenebre della notte, né l’oscurità del peccato.
A chi si apre con fede, Cristo porterà “luce, vita, gioia e letizia”
Cristo pone i
credenti nella luce, perché camminino come in pieno giorno, cioè -illuminati da
Cristo- si comportino secondo la sua volontà e compiano le opere della luce.
La forza luminosa
che viene da Cristo per i Cristiani deve essere irradiata nuovamente in tutti
gli ambienti (Mt,15)
E’ necessario tutti
i giorni rivolgersi a lui luce della vita”. Chi perde ogni contatto con Cristo
non è più in grado di vivere da cristiano.
Come potrebbe
infatti chi è senza luce oppure “sotto illuminato” fare da “LUCE DEL MONDO”
cioè agire in senso missionario?
Nel deserto del
mondo dove domina il peccato e quindi le tenebre, il Cristiano “assetato” di
luce, desidera incontrare questa oasi celeste, per saziare la sua sete di
infinito. Avvolto dalla luce, che piove dall’alto, sentirà diradare le tenebre
che avvolgono la sua vita, perché in quella luce incontrerà Cristo, che lo
prenderà per mano dicendo: Io sono la luce del mondo, chi segue me non
camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv.8,12)
E con tanti altri
brani di “Luce” abbiamo illuminato la mente e la matita dell’architetto, il
quale, ringraziando per l’aiuto ricevuto, ha avuto questa ispirazione: Se
Cristo è la luce del mondo, la sua croce gloriosa è il faro che la proietta
sulla terra e nella coscienza dei cristiani.
Questa ispirazione
lo ha portato a scegliere per la nuova chiesa delle linee che esprimessero le
meraviglie di questo mistero della luce, che poi fissava sulla carta con queste
riflessioni, ricche di significato per coloro che l’avrebbero frequentata:
- Una croce sul pavimento che dall’ingresso arriva al presbiterio: su quella croce il Cristiano camminerà avvicinarsi all’altare dove verrà rinnovato il memoriale della passione e morte del Signore.
- La copertura è sostenuta da una croce che l’attraversa in lungo e in largo: da quella croce piovono fasci di luce che illuminano l’assemblea dei fedeli.
- Ancora quattro croci di luce ai quattro settori del soffitto per diradare le tenebre dei quattro angoli della chiesa.
- Inoltre, piccole croci alle pareti attraverso cui filtrano raggi di luce con colori diversi a significare:-nella cappella feriale l’antica alleanza fatta da Dio con Mosè dopo il diluvio universale, con i sette colori dell’arcobaleno, colori profetici, segni della nuova alleanza tra Dio e l’umanità, fatta da Gesù con la sua Passione Morte e Resurrezione.
- Nella facciata d’ingresso ancora croci con luci “ violette” per richiamare il luogo dove posizionare i confessionali.
- E con luce
“celeste” viene indicato il lato ove verrà sistemato il Battistero porta
d’ingresso nel regno di Dio.
Infine va sottolineato che ‘intera planimetria della nuova chiesa segue una impostazione tradizionale a ”Croce latina” con l’ “asse verticale” che dall’ingresso al fondo del presbiterio, e l’”Asse orizzontale” dalla cappella feriale al fonte battesimale, posto sotto la grande vetrata dei sette sacramenti.
È stato di grande
conforto per aver fatto queste scelte, nella progettazione della chiesa
parrocchiale, un passaggio dello stesso Pontefice Benedetto XVI nel suo
discorso della veglia pasquale il 22 Marzo 2008:
“Gesù, facendosi
uomo, ha portato la luce del cuore di Dio al cuore dell’uomo, ha preso la luce
del cielo e l’ha portata sulla terra, la luce della verità per accendere il
fuoco dell’amore, che trasforma l’essere dell’uomo. Egli ha portato la luce, ed
ora sappiamo chi è Dio e come è Dio, chi siamo noi e per quale scopo esistiamo.
Con il, battesimo
la luce vera viene calata giù nel nostro cuore (In antico il battesimo veniva
chiamato anche “illuminazione) la luce di Dio entra in noi, così diventiamo noi
stessi “figli della luce”.
Questa luce della
verità, che ci indica la via, non dobbiamo lasciarla spegnere. Dobbiamo
proteggerla contro tutte le potenze che intendono estinguerla per rigettarci
nel buio su Dio e su noi stessi.
Nelle promesse
battesimali, rinnovate in diverse circostanze della vita, ravviviamo nuovamente
questa luce, che è insieme ”Fuoco e forza di Dio” ma fuoco e forza che non
distrugge, ma trasforma i nostri cuori, affinché noi diventiamo veramente
uomini di Dio, affinché la sua pace - attraverso noi- diventi operante in
questo mondo. ”(Benedetto XVI Veglia pasquale 22/3/2008)
Fano, già dalla sua
denominazione latina ”FANUM FORTIUNAE”, ci dice che le sue origini sono
inserite nella memoria della sua antichità.
Alcuni reperti
archeologici parlano di insediamenti umani fin dall’ età del bronzo”
ritrovati nell’attuale zona industriale, oggi detta “ Via Chiaruccia”.
Altri studiosi
invece spingono la presenza umana nella zona di Fano anche a tempi più antichi:
Infatti alcuni reperti rinvenuti in località” “ Roncosambaccio” e nei dintorni,
parlano dell’” età del ferro”. Ma nulla vieta di pensare che anche in epoche
più primitive, attorno alla foce del Metauro, vivessero già gruppi umani dediti
alla pesca o all’agricoltura o alla pastorizia.
Storicamente è
provato che Fano è stata fondata dai romani col nome di “fanum fortunae ( =
tempio della fortuna).
Infatti, il centro
della città conserva alcune caratteristiche tipiche degli accampamenti romani.
Di Epoca Romana sono anche le mura esistenti sul lato nord, che vennero
poi unite alle successive Mura Malatestiane, costruite in Tempo medioevale.
Importante
monumento romano, oltre le mura già ricordate, è l’Arco d’Augusto” posto
di fronte alla via consolare Flaminia.
Di epoca medioevale
è anche la fortezza Malatestiana, o carcere mandamentale fino agli anni 1950,
il bastione Nuti nei pressi dell’arco d’Augusto, e il bastione S. Gallo,
ora in fase di ristrutturazione e di ripristino nei pressi dell’arco d’ augusto
essendo stato fortificato a deposito militare.
Dopo questi
semplici cenni sulla preistoria fanese in genere (desunta dal volume Le
A.C.L.I. nella provincia di PU, pag.238) per lo scopo che ci siamo prefissi, è
necessario che ci soffermiamo nella zona della periferia di Fano, dove è sorto
il quartiere detto S. Orso e la Parrocchia dedicata a S. Maria Goretti.
Dopo la seconda guerra mondiale
(1040-45) l’area interessata era completamente e totalmente terreno agricolo,
con alcune case coloniche poste nella zona ad ovest del canale Albani e ad est
della ferrovia Pesaro Urbino. Al suo interno erano presenti piccoli nuclei
abitati da poche famiglie, lungo la strada provinciale che poi fu chiamata “
Bellandra”, che l’attraversava tutta fino a giungere a Bellocchi.
Il fenomeno dell’immigrazione
dai paesi collinari dell’entroterra verso la città (negli anni 60-80) contribuì
ad una forte estensione del quartiere, tanto che fu necessario intervenire con
un piano di sviluppo abitativo più organizzato e prevedere alcune strutture
pubbliche, come la scuola elementare e materna. Fu in questo momento che si
vide la necessità di intervenire anche con servizi religiosi sul posto per
favorire la pratica cristiana, del catechismo ai fanciulli, del servizio
religioso nelle domeniche e nelle altre feste comandate.
Dopo gli anni 80 si
crearono anche lottizzazioni PEEP, con la sistemazione di nuove strade e vie
trasversali che hanno facilitato l’espansione dell’abitato a tutta la zona di
campagna chiamata fin da tempi antichissimi “s. Orso”.
A questo proposito
per completare questi cenni della preistoria riportiamo brevi cenni sulla
storia del nome S. Orso che distingue questo quartiere da tutte le altre terre
fanesi.
Lungo la strada,
chiamata oggi via G. Galilei, all’altezza dell’incrocio con la via detta di
“Fossa S. Orso esiste un dislivello del terreno detto da tempi “immemorabili “
Fossa S. Orso”. Non esistono spiegazioni di carattere strettamente storico di
questa denominazione, se non una lapide marmorea, scritta in latino sul basamento
di una edicola sacra costruita proprio a ridosso della così detta “fossa S.
Orso”.
Questa lapide fatta
mettere nel 1848 dal vescovo di allora Mons. Luigi Corsidonio e dal
gonfaloniere della città Filippo Rinalducci, perché non fosse dimenticata la
memoria di quella fossa, con il versare dentro immondizie e rifiuti di ogni
genere.
Nell’archivio
storico della diocesi di Fano esistono memorie di un grave fatto accaduto in
quella zona ad un empio agricoltore che osò violare la festa del santo Orso e offendere
il santo e Dio con parole di orribili bestemmie.
Anche presso gli
uffici urbanistici di Fano esistono notizie storiche, ben precise, di questa
triste storia di un agricoltore che, non rispettando il riposo del giorno della
festa del Santo Patrono e pronunciando parole blasfeme contro Dio e contro il
santo, precipitò nella voragine che improvvisamente si aprì ai suoi piedi.
Riportiamo qui di
seguito la memoria storica nell’originale latino e la relativa traduzione.
MEMORIA STORICA DELLA FOSSA S. ORSO
HIC UBI CELEBRIS APUD FANEN. TRADITIO EST
URSUM ANTISTITEM SANCTISS. ET PATRONUM
SUI OSOREM
HABUISSE SACRILEGUM
VIOLATE EIUS
FESTI RELIGIONE
IMPETITOQ.
NOMiNE CUM BLASFEMIA
QUEM REPENTINO TERAE HIATU
VIVUM ET ARANTEM ABSORBUIT
NE
SUPERINDUCTIS AGGERIBUS EXPLETA VORAGINE
LOCI MEMORIA
POENITUS OBLITERETUR
ALOISUS
CARSIDONIUM FANI EP.
ET PHIL.
RINALDUCCIUS F. D. MOMUMENTUM
P.C.
MDCCCXXXXVIII
MEMORIA
STORICA
QUI
DOVE SECONDO UNA CELEBRE
TRADIZIONE FANESE, IL VESCOVO E PATRONO S.ORSO PUNI’ IL SUO SACRILEGO OFFENSORE
PER NON AVER RISPETTATO IL RIPOSO NEL GIORNO DELLA SUA FESTA E AVER
RABBIOSAMENTE BESTEMMIATO IL SUO NOME, FACENDOLO SPROFONDARE VIVO MENTRE ARAVA
LA TERRA IN UNA VORAGINE APERTASI IMPROVVISAMENTE SOTTO DI LUI, PERCHE’, RICOLMATA LA FOSSA
DALLE TANTE IMMONDIZIE DENTRO VERSATE, NON
VENISSE DEL TUTTO DIMENTICATA LA MEMORIA DI QUESTO LUOGO, IL VESCOVO DI
FANO LUIGI CARSIDONIO R FILIPPO
RINALDUCCI F.D. (Amministratore di Fano) COSTRUIRONO QUESTO MONUMENTO
NELL’ANNO 1848.
Decisa ormai la Santa Protettrice della nuova
Parrocchia, il Vescovo Mons. Costanzo Micci esorta ad individuare subito il
terreno, in luogo centrale del nuovo quartiere dove erigere poi il complesso
parrocchiale.
Il primo tentativo fu fatto sul terreno
attorno alla chiesetta di Villa Cinti che già veniva usata da qualche anno.
Ma, alla richiesta di poter acquistare tutta
la superficie necessaria per la costruzione dell’intero complesso, ci veniva
offerta solo la disponibilità di una parte del terreno, per il resto poi ci si
sarebbe accordati in futuro.
La risposta ci sembrò nascondere spiacevoli
sorprese in quel ”futuro” per cui si è deciso di cercare altrove.
Ci si era già orientati in una zona di via
Galilei, di proprietà dei fratelli Volpini, dai quali, in un primo approccio,
avevano già dato la piena disponibilità. Ma anche questa ubicazione si rivelò
poi impossibile perché nel frattempo era stato approvato definitivamente il
nuovo piano regolatore del Comune di Fano, nel quale, nonostante la previsione
di un quartiere con circa diecimila persone, non era stata inserita un’area
riservata al centro di culto.
La difficoltà cominciava a diventare seria
ogni giorno di più e ci si indicava l’attesa di diversi anni prima di poter
avviare una modifica al detto piano regolatore.
Qualche santo, forse la stessa Maria Goretti,
ci deve aver messo le mani, perché un giorno parlando con delle persone di
questa difficoltà all’interno del comune, mi fu suggerito di interpellare direttamente
il tecnico che aveva studiato le zone del P.E.E.P. di S. Orso e avviare con lui
un dialogo serio per una variante al piano. Raccolto questo suggerimento come
una ispirazione dall’alto, mi sono dato da fare per avere subito i dati
anagrafici del tecnico architetto Marco Maioli di Roma, al quale presentai la
nostra difficoltà.
Con indicibile gioia di tutti abbiamo avuto
subito la sua piena disponibilità.
Fissato un incontro col vescovo, fu esaminata
la zona del quartiere S.Orso e deciso approssimativamente il punto dove
ricavare l’area per il centro parrocchiale. Dopo qualche settimana, un nuovo
incontro con l’architetto ci apriva già le porte ad una soluzione abbastanza
ravvicinata.
Fu a questo punto che il Vescovo Mons.
Costanzo Micci propose allo stesso architetto lo studio del progetto della
nuova Parrocchia.
La mano del Signore deve certamente aver
guidato i nostri passi, perché nel tempo di pochi mesi fu approvata la variante
al piano regolatore e presentato al Vescovo il progetto di massima dell’intero
complesso parrocchiale.
L’area ricavata è quella dove poi fu
costruito l’intero progetto. Era di proprietà degli Istituti Riuniti di
Assistenza e Beneficenza (IRAB). Con l’amministrazione relativa fu subito
avviata la pratica per l’acquisto del terreno, che si concluse veramente in
tempi brevi.
Non avendo ancora la nuova Parrocchia il riconoscimento
giuridico civile, il terreno fu acquistato dalla Parrocchia di San Leonardo,
nel cui territorio sorgeva il quartiere S. Orso. Completato l’iter burocratico
del riconoscimento civile la parrocchia di S. Leonardo, nella persona di Mons.
Achille Sanchioni, ha portato al passaggio di proprietà con una donazione, il
cui atto notarile si conserva nell’archivio parrocchiale di S. Maria Goretti.
Una nota caratteristica che merita di essere
ricordata, fu la piena disponibilità della famiglia Tommasoni Aldo, che
coltivando il terreno da molto tempo, poteva avvalersi del diritto di
prelazione in una eventuale vendita del terreno da loro coltivato.
Non solo non fu fatta opposizione, ma fu
manifestata meraviglia per il fatto che, essendo proprietaria del terreno
l’Opera Pia Madonna del Ponte facente parte dell’IRAB dovesse essere pagato il
terreno per la costruzione della chiesa del nuovo quartiere di S. Orso.
Non solo, ma quando si seppe che la nuova
parrocchia era dedicata a S. Maria Goretti da parte della famiglia Tommassoni, venne
fatta la promessa di contribuire all’acquisto della relativa statua, con una
rilevante somma di danaro. Promessa fedelmente mantenuta quando si arrivò
all’acquisto della statua di S. Maria Goretti, ora esposta alla venerazione dei
fedeli all’interno della nuova chiesa.
Parrocchia: il centro del quartiere, luogo
d’incontro tra Dio e il suo popolo, dimora di Dio tra gli uomini.
Le idee che hanno guidato la mano e la
sensibilità dell’architetto partono dal pensiero che la chiesa come unico
centro di aggregazione del quartiere, svolge anche un ruolo sociale non
trascurabile, perciò necessita di spazi, interni ed esterni, per svolgere
adeguatamente la sua missione spirituale e temporale.
Il progetto è stato inizialmente pensato e
sviluppato dall’architetto di Roma Marco Maioli, a cui, per motivi altrove
ricordati, era stato affidato l’incarico dal Vescovo Mons. Costanzo Micci.
Si è partiti da una intensa riflessione sul
Mistero della Luce seguendo tutte le indicazioni tratte dal vecchio e dal muovo
testamento.(Cfr. cap. a parte)
Questo ci ha permesso di puntualizzare le
finalità più essenziali di cui un centro parrocchiale, luogo che, anche a prima
vista costituisce un invito ad elevare lo sguardo dalla terra al cielo, dalla
vita umana e temporanea a quella celeste ed eterna. Infatti la prima
struttura,” il salone pluriuso”, che oggi si preferisce definire “ Sala della
comunità” è la parte più bassa rispetto a tutto il resto del complesso.
Più elevate di qualche metro sono poste le
aule catechistiche e gli uffici parrocchiali.
Salendo ancora di un piano è posta la canonica,
costituta dall’abitazione del parroco e di altri sacerdoti che in maniera
stabile o temporanea collaborano con lui.
Ancora più elevata è la struttura della
chiesa parrocchiale che, con le sue linee ascendenti interne ed esterne,
costituisce un forte richiamo ad elevare verso l’alto lo sguardo e perdersi nell’immensità
del cielo come richiamo all’infinita e universale presenza di Dio.
Al vertice di tutto, lo studio del campanile
che, con i suoi circa 30 metri d’altezza, indica la meta verso cui deve tendere
ogni sforzo della vita terrena. Da quella altezza dovrà partire il forte
richiamo di cinque campane, non solo a ritrovarsi insieme nella chiesa per
celebrare le lodi e i divini misteri, ma anche a guardare il cielo pensando
alle cose di lassù, lasciando per un momento le cose della terra, secondo
l’invito di S. Paolo nella lettera ai Colossesi (3,1-2)” Se siete risorti con
Cristo, cercate le cose di lassù dove si trova Cristo assiso alla destra di
Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
Il tutto costituisce uno sviluppo di forma
elicoidale ascendente, che,come la scala di Giacobbe (Gen,28-12) partendo
dalla terra raggiunge il cielo, per far salire a Dio le preghiere degli uomini,
e far discendere agli uomini le Benedizioni e le Grazie di Dio.
Nel seminterrato all’intero complesso sono
stati ricavati grandi spazi utili per i momenti di fraternità e di sana
ricreazione, e per agevolare qualsiasi altro incontro fraterno che, secondo il
salmo 132, favorisce la gioia dello stare insieme e fa crescere il clima di
famiglia fra tutti gli abitanti del quartiere:” Quanto è buono e soave che i
fratelli stiano insieme” (132,1).
“La moltitudine di quelli che erano venuti
alla fede aveva un cuor solo ed un’anima sola”(Atti 4,32)
Originariamente, quando cioè i progetti delle
nuove chiese erano sotto la direzione della Pontificia Commissione dell’Arte
Sacra e del Ministero e dei lavori pubblici, il campanile era stato progettato
come torre centrale che si innalzava sopra l’ingresso principale della chiesa,
al centro della facciata.
Poi, per la necessità di rimanere nei limiti
della somma già stanziata dal Ministero dei lavori pubblici e non c’era la
possibilità di integrarla, ci fu chiesto di prevedere una costruzione a parte,
sempre sul davanti, a pochi metri dal secondo ingresso della chiesa. Fu allora
che, essendo state emanate nuove norme riguardanti la barriera architettonica,
si dovettero apportare delle modifiche sia alla facciata che alla copertura
della chiesa.
Quando tali variazioni furono approvate in
maniera definitiva, si mise mano alla costruzione che, pur modificata in alcune
sue strutture, mantenne l’aspetto originale nei materiali e nelle linee
essenziali, come già realizzate nel teatro: Mattoncini forati rossi per il
tamponamento esterno e colonnine in cemento a vista che da terra arrivava fino
alla copertura. Per il campanile si cercò di sviluppare il progetto mantenendo
le stesse linee essenziali ai quattro angoli del campanile e al centro delle
quattro pareti, tamponate esternamente con gli stessi mattoncini rossi.
In ognuna delle pareti ascensionali di ogni
lato per rendere più snella la parete stessa e alleggerirne il peso, sono state
ricavate delle finestre che aumentano di numero da un piano all’altro, per
finire nel pianerottolo con una balaustra, sempre in colonnine di mattoni delle
stesse dimensione delle finestre. Si viene così a formare un parapetto che
circondava lo spazio-pianerottolo dove, dovrebbero essere posizionate le cinque
campane.
Il campanile termina con una copertura a
croce, visibile sui quattro lati, formata dal terminale delle colonnine
ascensionali che risalgono per tutta l’altezza delle pareti, raggiungendo
l’altezza totale di circa 30-32 metri.
Durante lo studio del campanile, pensando al
modo di unirlo alla chiesa, è nata l’idea di realizzare un porticato
che, partendo dall’ingresso del campanile, allo stesso livello della chiesa,
collega il secondo ingresso della chiesa, per attraversare poi tutta la
facciata, inquadrando con particolare architettura, l’ingresso principale, e
infine, collegarsi all’ingresso laterale a fianco della cappella invernale.
Un secondo pensiero, nato durante lo studio
del campanile, è quello della protezione delle pareti in cemento a
vista, che con l’andare degli anni sono soggetti a screpolature causate dall’umidità
che penetra il cemento e intacca con la ruggine i ferri del cemento armato,
cosa già avvenuta in alcune parti costruite negli anni precedenti.
Per evitare di dover ripetere l’operazione
protettiva con prodotti chimici che, pur essendo abbastanza efficaci, occorre
rinnovare ciclicamente dopo un certo numero di anni, e quindi affrontare sempre
nuove e rilevanti spese, era nata l’idea di proteggere tutte queste parti in
cemento a vista con un rivestimento marmoreo o pietra del Furlo,
che porterebbe risolvere il problema in modo quasi definitivo.
Naturalmente tutto questo avrà bisogno di uno
studio approfondito, in quanto, per le varie vicende subentrate, è rimasto solo
un progetto a livello di pensiero.
Dopo una attenta e ponderata riflessione,
accompagnate anche da appropriata preghiera, si è giunti alla determinazione di
riscoprire l’antica sapienza della Croce latina, che tanta luce
ha gettato nell’architettura degli antichi edifici sacri, risultando anche la
più idonea nelle svolgimento delle sacre celebrazioni, coinvolgendo anche
l’attenzione dei fedeli nel punto centrale nel quale verrà collocato il grande
l’altare su cui si rinnoverà il memoriale del sacrificio di Gesù, per mezzo
del quale tutto il creato, riconciliato con Dio, rende di nuovo gloria alla
Santissima Trinità.”
Quando il sacerdote celebra l’eucarestia
rende sempre lode a Dio. Occorre dunque che il sacerdote ami la Gloria del Dio
vivente e che, insieme con la comunità dei credenti, proclami la Gloria Divina
che risplende nella creazione e nella redenzione” ( Giovanni Paolo II)
Per questo l’altare, maestoso nella sua
grandezza(m t. 1x3 a richiamare il mistero della SS. ma Trinità) e nella sua
posizione, la più elevata di tutto il presbiterio, viene posta quasi all’incrocio
della grande croce di legno lamellare che attraversa col le sue dimensioni, sia
in lungo che in largo, tutta la copertura della chiesa.
La stessa croce è riflessa anche sul
pavimento a ricordare ai fedeli, che vi sosterranno, che non c’è altra via per
la nostra salvezza” che la Croce del nostro Signore Gesù Cristo”.
La luce che scende dall’alto in forma di
Croce e che, sul pavimento, con i suoi raggi, si diffonde su tutta l’ampiezza
della chiesa, avvolgerà i fedeli unendoli, in un cuore solo e in una anima
sola, con Cristo Gesù che, al termine della grande preghiera Eucaristica, canta
”Ogni onore e gloria a te, Dio Padre Onnipotente, per tutti i secoli dei
secoli”.
Il fedele che qui vivrà i suoi incontri con
Dio sentirà riecheggiare nel profondo del cuore la Parola di Gesù con cui
ricorda al dottore della legge il più grande dei suoi comandamenti” Amerai il
Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente.
Questo è il più grande ed il primo dei Comandamenti, asse verticale della croce
che unisce la terra al cielo e il secondo è simile al primo: ”Amerai il tuo
prossimo come te stesso. Asse orizzontale che si distende ed abbraccia tutti i
fratelli. (Mt.22,36-40)
Tutti, in vari modi, siamo posti sotto il
segno della Croce: Tutti nel cammino della vita, ci incontriamo con quel legno
innalzato, con quel corpo martoriato, con quel volto sfigurato di Gesù che
porta la Croce salendo il Calvario, per consumare la sua vera Pasqua, il suo
sacrificio redentore. Noi cristiani dobbiamo camminare dietro Gesù, seguendo le
sue orme, contemplando la croce con amore e abbracciandola con fede e con
fiducia, identificando in essa tutte le nostre croci, quelle dei nostri parenti
e amici, e quelle di tutti gli uomini, pregando e invocando la luce dall’alto perché
ci sia dato uno sguardo semplice e il cuore puro dei bambini, per accettare e
offrire tutto a Dio come risposta d’amore, in attesa della piena redenzione
dell’anima e del corpo.
Il mistero della Croce, resa luminosa per la
morte e resurrezione di Gesù, avvolgerà il fedele assorto in preghiera e
contemplazione, attirando il suo sguardo verso la maestosità dell’altare, sul
quale si rinnova perennemente il memoriale del sacrificio della nostra
redenzione, e sul grande Crocifisso del Guido Reni, posto in alto sul pilastro
centrale dietro all’altare, facilitando così l’elevazione dell’anima , unita a
Gesù salvatore nel canto di lode e gloria che, per mezzo del sacerdote, sale a
Dio, in Cristo, per Cristo e con Cristo.
Una chiesa non è solo un luogo dove ci si
riunisce a pregare, ma anche un luogo che aiuta a pregare, anzi un luogo che da
solo diventa preghiera.
Per questo, quando fu deciso di mettere mano
ad un progetto concreto, prima di iniziare a tracciare linee e prospetti, si è pensato
a ciò che avrebbe dovuto esprimere la struttura che stava per essere
realizzata.
Una chiesa non è un semplice edificio, anche
se dotata di particolare architettura, ma un corpo dotato di un’anima vivente,
una pietra in cui è incarnata una Parola.
Per questo si è pensato ad un aspetto
semplicissimo, ma ricco di mistero, con i suoi mosaici, pitture, sculture
collocate nel posto giusto per essere espressione chiara, e facilmente
leggibile da tutti, come un libro sacro e un catechismo parlante.
Il cemento e i mattoni devono far risuonare
nell’animo dei fedeli la presenza di Dio che ha scelto di “IRROMPERE” nella
storia del quartiere e porre la sua “TENDA” in mezzo alle case degli uomini,
per estendere a tutti l’annuncio del Vangelo e il messaggio di salvezza, che
attraverso tanti secoli, è giunto fino ai nostri giorni.
“Io sono la luce del mondo, chi segue me avrà
la luce della vita”(Gv.8,12).
Una chiesa, oltre ad essere punto luminoso al
centro del quartiere con la sua luminosità, filtrata da grandi e comprensibili
simboli, deve avvolgere il popolo in essa adunato e aiutarlo a vivere
profondamente e intensamente il mistero ivi celebrato.
Per questo anche le finestre sono state
pensate, progettate e posizionate in maniera tale che con la loro espressività
richiamassero continuamente il senso del vivere cristiano non solo in chiesa,
ma anche nella vita di ogni giorno.
Così, sulla parete verso oriente, è stata
progettata una grande vetrata, divisa in sette luci, dove poter porre i simboli
dei sette sacramenti, attraverso cui Dio comunica a noi la sua Grazia per
sostenerci nel mare tempestoso della vita, per renderci sempre più
simili a Lui e far risplendere sempre più quella Sua Immagine infusa in noi nel
momento del nostro concepimento e resa splendente nel giorno del Battesimo.
Sulla parete d’ingresso, tanta luminosità,
che deve illuminare il cammino della nostra vita all’incontro con il Signore,
data dalla luce che filtra attraverso una duplice multipla vetrata che
raffigura la parabola delle cinque Vergini sagge (Mat.25,1-13) e i simboli
degli Evangelisti (Ap.4,6-7).
Al centro, sopra l’ingresso principale,
l’Immagine della Protettrice della parrocchia S. Maria Goretti, leggermente
modificata da quella che comunemente la rappresenta con le mani incrociate sul
petto nell’atto di stringere il giglio, simbolo della purezza, e la palma,
simbolo del martirio.
Infatti la nuova immagine qui rappresentata,
mentre con una mano stringe al petto il giglio e la palma, con l’altra sorregge
una lampada accesa.
Sulle altre vetrate dovranno essere
posizionate le immagini di altre quattro vergini sagge: S. Lucia, S. Teresa di
Gesù Bambino, S .Bernadette Soubirous, tutte ricche di amore di Dio e con la
lampada accesa in mano.
In alto verranno posizionati i simboli
apostolici dei quattro evangelisti: il leone per S. Marco, il vitello per S.
Matteo, l’ angelo per S. Luca e l’aquila che vola per S. Giovanni (Ap.4,6-7).
La luce necessaria a tutti noi per arrivare alla grande festa del cielo con
Cristo, arriva a noi attraverso il Vangelo di Gesù Cristo conosciuto, amato,
ascoltato, vissuto.
Sul lato ovest della chiesa, al di sopra del
terzo ingresso esterno, si apre un’unica, grande vetrata destinata ad onorare
S. Orso, uno dei primi vescovi di Fano, il cui nome è legato a tutta la zona
del quartiere per un antico prodigio avvenuto lungo la strada, oggi
denominata Via Galilei, all’altezza dei numeri civici 50-60, ricordato da una
vecchia lapide, posta sotto una Sacra edicola proprio ai bordi della così
detta” Fossa S. Orso.
A completamento di quanto sopra descritto,
sono stati ricavati nella parte alta delle pareti laterali, a contatto con la
copertura, una serie di luci che dovrebbero contenere una serie di vetrate
simboliche, con soggetti biblici, riferiti alle litanie Lauretane, per ricordare
tutte le invocazioni che si riferiscono alla Vergine Maria, in particolare
l’onnipotenza per Grazia, la sua virtù, i suoi privilegi, la sua bellezza
Immacolata, la sua immensa bontà e misericordia, la premura materna per la
salvezza della nostra anima.
Nelle finestre sopra la cappella invernale, dove
dovrebbe essere sistemata la cantoria con il rispettivo organo a canne,
andranno simboli musicali e angeli cantori.
Sulle pareti di fondo, dietro all’altare, in
alto nella superficie lasciata appositamente in grigio, verrà realizzato un
mosaico, o un dipinto rappresentante un quadro con Gesù e i fanciulli
(Mt.19,13-15) con la scritta (cfr. Mt. 18,6) “ chi scandalizza anche uno solo
di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse
legata al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del
mare”.
La chiesa e la parrocchia sono state dedicate
alla santa martire della Purezza, Maria Goretti che con il suo eroico atto ha
lasciato a tutti un forte messaggio per vivere nella purezza, anche in mezzo a
un mondo che deride questa virtù e il gesto da lei compiuto.
Il solenne richiamo alla pagina evangelica e
l’immagine di Gesù con i fanciulli
ci sono apparsi quanto mai opportuni ed inerenti al tema di tutto lo studio
architettonico della chiesa, tanto da costituire un perenne insegnamento per la
gioventù e le famiglie di tutti i tempi.
Sono state evitate altre proposte di un
Cristo troneggiante alto e severo ( simili alle antiche raffigurazioni di Giove
tonante, in atto di scagliare fulmini sul mondo) per non suscitare nei fedeli
sentimenti di timore, contrastanti con la figura evangelica di Cristo che
manifesta sempre l’amore infinito del Padre e la sua bontà misericordiosa verso
i peccatori.
A tale proposito, per non dilungare troppo, ricordiamo
solo alcune citazioni evangeliche di S. Luca, definito dal sommo poeta italiano
come ”Scriba delle mansuetudini di Cristo”. (5,31; 6,36; 6,13; 10,33-37;
13,6-9; 15,4-32; 19,10)
Entrando per la
porta principale nella chiesa di S. Maria Goretti, si può notare una PIETRA
incastonata sul lato destro interno all’entrata, su cui sono poste due lettere
e un numero:
A.D.1992 ( ANNO
DOMINI = ANNO DEL SIGNORE 1992)
Viene indicato
l’anno in cui la chiesa è stata costruita.
Quella pietra ha un
nome speciale, ricco di significati fin dai tempi più antiche del popolo
ebraico: si chiama PIETRA ANGOLARE. Al suo interno contiene diversi documenti
che riguardano la chiesa stessa.
Si differenzia dal
così detta PRIMA PIETRA che si mette all’inizio delle nuove costruzioni,
incastonata nel cemento delle fondazioni e che non si vede più se non facendo
uno scavo.
Noi, seguendo i
riferimenti biblici, abbiamo preferito chiamarla ”pietra angolare” che
nella Bibbia ha un significato particolare in riferimento a Dio e, in maniera
particolare , a Cristo messia.
L’autore del salmo
118, an versetto 22, dice” La pietra scartata dia costruttori è è divenuta testata d’angolo; dal Signore è stato fatto
questo ed è mirabile agli occhi nostri”.
Nel testo originale
il salmista esprimeva la sua gioia, per la vittoria sui nemici che lo avevano
cacciato. Tuttavia il salmo, nella celebrazione ebraica della festa “ delle
Capanne” aveva assunto il valore di una liberazione nazionale più che
personale.
L’interpretazione
rabbinica aveva visto nel salmo un significato Messianico e questo ha offerto a
Gesù la possibilità di riferirlo a se stesso. (Mt. 21,42- Mc. 12,10-Lc 20,17)
Gesù disse loro. ”Non
avete mai letto nelle scritture: “ La pietra angolare che i costruttori hanno
scartato è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è
mirabile agli occhi nostri!” Perciò vi dico che vi sarà tolto il regno e sarà
dato a un popolo che lo farà fruttificare”.
S. Pietro usa questa
frase per spiegare come Gesù, rifiutato dagli Ebrei, è stato scelto da Dio come
capo della chiesa (att. 4,11) “ Questo Gesù è la Pietra che, scartata da voi
costruttori, è divenuta “ testata d’angolo”.
S. Paolo chiama i
Cristiani “ Concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il
fondamento degli apostoli e dei profeti avendo come “pietra angolare” lo stesso
Gesù Cristo (Ef.2,20).
In altri passi del
Nuovo Testamento (Rom.9,33 e ? 2,6) si mette in evidenza che questa “ Pietra
angolare” per i credenti, diventa fondamento sicuro per la fede dei Cristiani.
Posta così in luogo
visibile, all’ingresso principale, essa sta a ricordare a tutti quelli che
entrano che la chiesa è il luogo dove si incontra Cristo che è il fondamento
della nostra fede e il sostegno di tutta la nostra vita cristiana.
Per questo
all’interno di questa “ Pietra angolare” sono stati posti alcuno oggetti che
arricchiscono ancora di più il significato della sua presenza.
Essi sono:
1 )PERGAMENA- riproduce
la scritta della lapide posta in fondo alla chiesa, a ricordo della dedicazione
della medesima a S. Maria Goretti, martire della purezza, le cui sacre reliquie
sono state ospitate tre volte in questa Parrocchia a lei dedicata. Nella pergamena
sono riportati i nomi, delle autorità civili e religiose del momento, i
progettisti, sono riportate tutte le firme dei fedeli che hanno partecipato
alla sacra cerimonia della posizione in loco della “ Pietra angolare”
2) Una CASSETTA con la
registrazione della vita di s. Maria Goretti, per ricordare ai posteri, l’eroico
martirio subito per difendere la sua verginità e l’ancor più eroico gesto
del Perdono concesso ad Alessandro, suo uccisore, prima di morire
che-secondo le parole del Papa pio XII- rese ancor più splendente l’aureola
della sua santità.
3) VASETTO con il
SALE del Mar Morto, per ricordare ad ogni cristiano di conservare sempre il “
sapore” della propria vita cristiana, per poi saperlo comunicare ad altri, con
la testimonianza della propria fede, come il sale che trasmette il suo sapore.
4) VASETTO con un SASSO riportato dalla TERRA SANTA, dal luogo dove Gesù
diede a Pietro il Primato (Gv.21, 15-18) esortando ad essere guida dei
suoi fratelli apostoli e dei suoi discepoli (agnelli e pecorelle). Così il
Cristiano deve sempre accogliere e seguire gli insegnamenti del Papa,
successore di S. Pietro.
5) VASETTO con ACQUA DEL GIORDANO per ricordare
il battesimo di Gesù e il nostro battesimo con cui siamo diventati fratelli di
Gesù, figli dello stesso Padre, templi vivi dello Spirito Santo e membri della
chiesa.
6) VASETTO con monete italiane e vaticane, per
ricordare con documenti concreti l’anno della dedicazione e il nome del
pontefice del tempo.
N.B. Sarebbe opportuno mettere accanto alla Pietra Angolare una
targhetta col nome di tutti gli oggetti contenuti al suo interno
Perché S. Maria Goretti?
E’ la domanda che molti in questi anni mi
hanno rivolto, specialmente coloro che venivano ad abitare in questo quartiere
che tutti conoscevano col nome di “ S. Orso”
Prima che il quartiere diventasse così
popoloso, esistevano solo poche decine di famiglie, oltre quelle che da sempre
abitavano e lavoravano in questa ampia zona di campagna che dalla ferrovia si
estendeva, lungo il canale Albani, fino alla zona denominata “Via Chiaruccia”,
che non era una strada, ma una diversa zona di campagna, che arrivava fino ai
caseggiati di Bellocchi. Molti dei primi arrivati a S. Orso, avevano conosciuto
la via dell’emigrazione in Germania, in Francia, in Belgio o in Lussemburgo.
Tornando con qualche piccolo risparmio, frutto veramente di tanti sacrifici,
trovarono vantaggioso acquistare qui, a pochi passi dalla città, piccoli lotti
di terreno dove piano, piano, nei periodi delle ferie, o dopo il lavoro nei
giorni lunghi dell’estate, si
costruivano la loro casa.
Alcuni si fecero anche piccoli imprenditori
e, sfruttando il momento favorevole per la rilevante richiesta di case e per la
mancanza di un vero piano regolatore del Comune di Fano si erano messi a
costruire in economia case su case, che poi rivendevano, a buon prezzo, ai
primi richiedenti.
Punto di riferimento di allora era la piccola
chiesetta di Villa Cinti, caratteristica per la sua costruzione antica, che ben
presto con la disponibilità della famiglia Cinti, divenne centro liturgico e
catechistico per la famiglia della zona. La prima attività, oltre la
celebrazione della Santa Messa, fu quella catechistica che ci ha permesso di
avvicinare tutte le famiglie che ogni anno andavano crescendo. Erano gli anni
1965-70.
Vedendo questo aumento costante e non potendo
soddisfare tutte le esigenze pastorali per la mancanza di spazi necessari,
nonostante la collaborazione della gente, che con disponibilità davvero
lodevole, metteva a disposizione la propria casa per le varie necessità, di
comune accordo con il Parroco di S. Leonardo, Mons. Achille Sanchioni, da cui
dipendeva allora anche la zona di S. Orso e di via Chiaruccia, fu presa la
decisione di proporre al Vescovo Mons. Costanzo Micci, che da poco era venuto
ad alleviare le fatiche dell’anziano Vescovo Mons. Vincenzo del Signore, più
che ottantenne, di erigere sul luogo una nuova parrocchia.
Dopo qualche giorno, e dopo aver chiesto le
opportune informazioni ad altri sacerdoti della città, il Vescovo ci chiama e
manifesta la volontà di costituire una nuova Parrocchia in questo quartiere di
S. Orso, incaricandoci di individuare il terreno su cui costruirla e scegliere
il Santo a cui dedicarla.
Avendo rivolto da qualche anno la nostra
attenzione soprattutto ai ragazzi e ai giovani, ci è venuta l’ispirazione di
trovare come nostra titolare della nuova parrocchia, un Santo o una Santa vicina
al mondo dei giovani, che fosse per loro un vero esempio e uno stimolo per un
maggiore impegno di vita cristiana.
I due nomi che attirarono la nostra
attenzione furono:
San Domenico Savio, ragazzo cresciuto
velocemente nella santità sotto la guida di S. Giovanni Bosco, e Santa Maria
Goretti, martire della purezza, nata a Corinaldo il 16 ottobre 1890, morta a
Nettuno il 6 Luglio 1902 e canonizzata a Roma, da Papa Pio XII, il 24 giugno
1950, durante l’anno santo, alla presenza di oltre 500 mila persone, in gran
parte giovani venuti da ogni parte del mondo.
Sentito il parere di numerose persone della
zona, specialmente dei genitori dei fanciulli del catechismo, i due nomi furono
presentati al Vescovo Mons. Costanzo Micci, il quale, dopo solo qualche attimo
di riflessione, decise gioiosamente per S. Maria Goretti, sia perché nostra
conterranea, essendo nata a Corinaldo, sia soprattutto perché il suo esempio
sarebbe stato un grande modello di vita per tutta la nostra gioventù.
Da quel giorno si cominciò a parlare di Lei
il tutte le occasioni, a diffondere la sua immagine per farla conoscere.
Amarla, pregarla, e affidare a lei le nostre persone, le nostre famiglie,
soprattutto i nostri ragazzi e i nostri giovani.
Sono stati organizzati quasi subito
pellegrinaggi a Corinaldo per visitare la casetta dove Lei è nata e per
venerare l’insigne reliquia (ulna dell’avambraccio destro) conservata
inizialmente nella cripta della chiesa della Madonna addolorata, insieme alla
tomba di mamma Assunta, e ora trasferita ed esposta alla venerazione dei fedeli
nel grande santuario a lei dedicato al centro del paese di Corinaldo. Nello
stesso tempio fu trasferita anche la salma di mamma Assunta, dove venne sepolto
anche Alessandro Serenelli, l’uccisore di S.Maria Goretti, dopo la morte avvenuta
il 6/5/1970.
Poco dopo sono stati fatti pellegrinaggi
anche a Nettuno, dove si conservano le sue spoglie, nella cripta del santuario
della Madonna delle Grazie, affidata dalla mamma Assunta alla custodia e alla
venerazione dei Padri Passsionisti, che avevano seguito l’iter della
canonizzazione.
Naturalmente i nostri viaggi a Nettuno
passavano anche a Le Ferriere, a circa 12 km da Nettuno dove si trova la casa
del martirio, avvenuto nelle prime ore del pomeriggio del 5 Luglio 1902.
L’ amore e la devozione a S. Maria Goretti
andarono crescendo sempre più di anno in anno, tanto che si manifestò il
desiderio di poter acquistare, il più presto possibile, una statua della Martire
della purezza.
Nell’attesa di realizzare questo desiderio fu
incaricato un giovane pittore della parrocchia di realizzare un quadro
raffigurante la santa, che per diversi anni fu esposto nella sala multi uso,
che per circa 20 anni fu usata anche come chiesa.
Ora il quadro suddetto si trova dietro il
palcoscenico del teatro “Luce” della parrocchia di S.Maria Goretti.
SIRACIDE (43,12)
“Osserva
l’arcobaleno e benedici Colui che l’ha fatto, è bellissimo nel suo splendore.
Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, l’hanno teso le mani
dell’Altissimo”.
Nella cappella
invernale o feriale, non ci sono finestre, e la luce che vi si diffonde è
quella che riempie la grande aula dove si raduna il popolo di Dio, per
incontrare il Signore della gloria, il Signore della luce. Sulla parete esterna
della cappella però, sono state ricavate sette croci, espressione
anch’essa dei sette segni sacramentali della grande vetrata. Il loro simbolismo
qui è espresso dalla colorazione dei vetri, che corrispondono al significato e
all’effetto dei singoli Sacramenti.
Il viola, colore penitenziale, ricorda il Battesimo
che ci purifica dal Peccato originale-
Il Violetto, indicante ancora la penitenza o
Confessione, è il sacramento che ci ridona la Grazia perduta con i peccati
personali.
Il celeste,
indica l’Unzione dei malati, che prepara le Anime all’ingresso nel Regno dei
cieli.
Il verde-simbolo
di vitalità-indica l’Eucarestia, Pane della vita, per il nutrimento delle
anime.
Il giallo, richiama l’oro delle fedi del matrimonio
sacramento che santifica l’amore tra l’uomo e la donna, espressione dell’amore
di Dio per l’umanità.
L’arancione, ricorda la cresima che, con l’effusione
dello spirito e dei suoi sette doni, rende l’uomo testimone dell’amore di Dio
nel mondo.
Il rosso, riferito all’Ordine sacro che con la
potenza dello spirito consacra vescovi, sacerdoti, diaconi comunicando loro gli
stessi poteri di Cristo Redentore, unico e sommo sacerdote, per la
santificazione dei fedeli e la loro salvezza.
Questa serie di
doni, sorgenti di Grazia, scaturiti dall’amore infinito di Dio per la salvezza
dell’umanità, erano già presenti profeticamente nell’antica alleanza che Dio ha
stabilito con Noè dopo il diluvio universale.
Noè offre un
sacrificio di ringraziamento che Dio gradisce e ricambia con le sue
benedizioni, facendo apparire nel cielo il segno dell’arcobaleno: “Il mio arco
pongo sulle nubi ed esso sarà il segno della alleanza tra me e la terra“. (Gen.9,13)
La disposizione dei
colori delle sette croci segue l’ordine dei sette colori dell’arcobaleno. Al
centro l’Eucarestia da cui scaturiscono da una parte i sacramenti della
purificazione personale ( Battesimo, Penitenza, Unzione dei malati) e dall’atra
quelli di carattere sociale che, con la ricchezza dell’amore di Dio,
trasformano chi li riceve ( Matrimonio, Cresima, Ordine) rendendo atti a
trasmettere la vita fisica e spirituale, in nome e con l’autorità di Dio
stesso. “A quanti però l’hanno accolto ho dato il potere di diventare figli di
Dio” (Gv .1,12).
La cappella
invernale è stata dedicata
al Sacro Cuore di Gesù per l’assistenza avuta nel lungo “iter burocratico
che si è dovuto pazientemente sopportare per arrivare all’approvazione della
parrocchia,, del progetto e per ottenere i contributi per la costruzione del
nuovo centro parrocchiale, dedicato alla santa marchigiana martire della
purezza, S. Maria Goretti.
L’approvazione del
titolo e dell’ente parrocchiale dopo varie vicende si concluse nel novembre del
1968 con la firma del decreto da parte dell’allora presidente della Repubblica
ON. Giuseppe Saragat.
Il progetto è
partito prima della revisione del concordato, quando tutto era ancora sotto la
direzione del Ministero dell’interno e del Ministero dei lavori pubblici. I
relativi contributi per la costruzione e i vari controlli erano sotto la direzione
del Genio civile di Pesaro.
Per giungere
all’inizio dei lavori del primo stralcio del complesso parrocchiale (
abitazione Parroco e opere pastorali) sono stati necessari numerosissimi viaggi
in treno partendo da Fano verso la mezzanotte per giungere a Roma -Termini alle
prime luci del giorno. Essendo gli uffici raggiungibili verso le ore 9 mi
recavo sempre nella chiesa dei salesiani, presso la stazione termini, dedicata
al Sacro Cuore di Gesù, al quale -nella celebrazione della santa messa-
affidavo sempre l’opera che stava per realizzarsi nel quartiere di San’Orso.
Anche se ci sono
voluti dei mesi per avere le necessarie autorizzazioni tutto pian piano è
andato a buon fine senza grandi difficoltà. E in diversi interventi si è
riusciti a realizzare la sala pluriuso che, per oltre venti anni, è servita
anche da Chiesa ,le aule catechistiche, gli uffici parrocchiali e, al primo
piano, l’abitazione del Parroco. Nel seminterrato sono stati ricavati ampi
saloni quali luoghi di aggregazione e ricreazione per giovani, ragazzi , e
famiglie intere.
In un quartiere che
andava, di anno in anno crescendo di numero con famiglie provenienti da varie
zone della regione e dell’Italia e con il ritorno di tanti dalle zone di
emigrazione, che qui, con enormi sacrifici, avevano costruito la loro casa e
trovato un posto di lavoro, tutto questo è sembrato un grande dono del Cuore di
Gesù per fare incontrare, conoscere ed unire persone e famiglie con
provenienza, estrazione sociale e culturale distanti tra loro. E’ in questi anni
che il quartiere pur formato da tante diversità, ha cominciato a costruire la
sua unità attorno al nuovo centro parrocchiale che, nonostante la sua
limitatezza poteva già offrire, oltre i vari servizi religiosi, anche ampi
spazi per incontrarsi e vivere il tempo libero in serenità, gioia e fraternità.
Quando poi, dopo la
revisione del concordato, gli uffici dell’arte sacra sono stati trasferiti dal
palazzo della cancelleria alla sede della C.E.I. (Conferenza Episcopale
italiana) nel piazzale Irnerio, la mia attesa per l’apertura degli uffici si è
trasferita nella basilica di S. Pietro, dove facilmente potevo recarmi con il
tram dalla stazione Termini.
La prima volta che
mi recai nella sacrestia di San Pietro, dopo la richiesta sulla mia provenienza
e le motivazioni della mia presenza a Roma, mi fu concesso di celebrare la
Santa messa. Il chierichetto che mi accompagnava senza mia richiesta, mi porta
in un altare poco lontano dalla cappella dedicata a San Giuseppe. Alzando gli
occhi all’immagine per la riverenza iniziale, con mia grande sorpresa e
meraviglia vi trovo il quadro del Sacro Cuore di Gesù, rappresentante la sua
apparizione a Santa Margherita Maria Alacoque.
La celebrazione
ebbe un’intensità commovente non comune, e, quando mi accorsi che attorno a me
si era formato un gruppo di persone che partecipavano alla mia Messa, alzai lo
sguardo al Sacro Cuore affidandogli ancora tutta l’opera che si stava
realizzando a Sant’Orso, con la promessa di onorare l’immagine del S. Cuore
nella cappella invernale della nuova chiesa.
Qualche tempo dopo,
trovandomi nella libreria S. Paolo di Fano, insieme ad altre persone,
improvvisamente la commessa mi dice: - Don Luigi, c’è questa signora che le
vuole fare un regalo- indicandomi la signora che aveva in mano un involucro
abbastanza voluminoso. Lo posa sul tavolo, me lo apre e, con mia grande
sorpresa, mi mostra una bellissima immagine di del Sacro Cuore di Gesù ( cm.
80x60) in forma ovale con cornice dorata e mi dice:- L’avevo acquistato per il
mio parroco, ma lui non l’ha voluto …. Se le piace è suo!-. Ho ringraziato molto
quella signora e l’ho portato a casa con tanta gioia, perché potevo realizzare
la mia promessa. Pochi giorni dopo l’immagine veniva benedetta ed offerta alla
venerazione dei fedeli, nel salone pluriuso che ancora ci serviva da chiesa.
Quando nel giugno
del 1992 ci siamo trasferiti nella nuova chiesa quell’immagine del Sacro Cuore
di Gesù trovò una più degna sistemazione nella cappella invernale che veniva dedicata
proprio al Sacro Cuore di Gesù, in segno di gratitudine per l’assistenza
ricevuta nella realizzazione dell’intero complesso parrocchiale, che, sebbene
ancora bisognoso di qualche completamento, si presenta nel suo aspetto
definitivo completo di spazi interni ed esterni.
In questa cappella
fu consacrato, onorato e venerato fino al 2003, quando, per l’improvvisa
decisione dell’allora nostro Vescovo Mons. Vittorio Tommasetti, io sono stato
trasferito nella nuova chiesa di Rosciano e il quadro finì in un ripostiglio
polveroso. Ma una mano devota riuscì a recuperarlo e ora si trova nel mio
piccolo studio di Rosciano, e attende solo una sistemazione onorifica per
ritornare nella chiesa di S. Maria Goretti.
Alle due estremità del braccio orizzontale
della croce sono collocati due luoghi sacri: sulla destra di chi entra il
BATTISTERO, e , alla sinistra, la CAPPELLA INVERNALE . O FERIALE.
Il Battistero è incastonato in una parete
tutta vetro, con sette finestre in “Dallas”, che simbolicamente rappresentano i
sette sacramenti, i cui simboli sono posti in quest’ordine:
In basso a sinistra, il BATTESIMO, raffigurato da una sorgente d’acqua
zampillante.
Sempre in basso, a destra, la PENITENZA o confessione,
raffigurata da una stola violacea e una mano benedicente che
assolve.
In alto, al centro, l’ EUCARESTIA, con un calice e un’ostia, inseriti in un fondo di luce,
fonte e culmine della vita della Chiesa e dei Cristiani.
Accanto i sacramenti della vita: L’ORDINE SACRO, per la trasmissione
della vita soprannaturale con l’Imposizione delle mani e il libro sacro,
e il MATRIMONIO
cristiano, con anelli sormontati dalla grande croce, per la
trasmissione della vita fisica e spirituale. All’estrema sinistra, il
sacramento della pienezza della vita cristiana,
la CRESIMA,
con lo spirito santo( colomba) e le fiammelle dei sette doni
,
e, all’estrema destra, a conclusione di una
costante fedeltà alla vita cristiana,
l’UNZIONE DEGLI INFERMI, con l’ampolla dell’olio santo o
degli infermi che prepara all’incontro con Cristo Redentore e, con Lui all’ingresso
nel Regno di Dio a prendere possesso di quel posto preparato dall’amore del
Padre per l’eternità.
Tutti i simboli sono inseriti su uno sfondo
di un mare in tempesta che si apre in basso con l’onda dell’acqua Battesimale
per lasciare passare il nuovo popolo dei salvati verso la Terra Promessa nel
Regno dei cieli.
Al centro della parete, ancora incompleta, è
progettato un luminoso mosaico rappresentante il passaggio del Mar Rosso, come
continuazione del fondo della vetrata. Al centro verrà collocato il Fonte
Battesimale, fonte della vita, arca di salvezza per l’umanità:” chi crederà e
sarà battezzato, sarà salvo” (Mc.16,16) Come Mosè, deposto dalla madre in un
cestello nelle acque del Nilo, per la Provvidenza di Dio era stato tirato fuori
dall’acqua e portato dalla morte alla vita, così Egli stesso, salvato poteva
condurre gli altri alla salvezza attraverso il Mar Rosso, dalla schiavitù alla
libertà, così Gesù nel Battesimo ci tira verso di sé, nella vita vera,
attraverso il mar della storia, spesso così oscuro, nelle cui confusioni, non
di rado, siamo minacciati di sprofondare. Gesù, dopo averci purificati ci
prende per mano, ci guida sulla via che passa attraverso la tempesta di questo
nostro tempo per condurci nella vita duratura, quella vera e giusta che non
avrà mai fine.
La statua di Santa Maria
Goretti è opera dello
studio di sculture in legno ”Santifaller” di Ortisei (Bz) in Val Gardena.
Rappresenta la fanciulla Maria Goretti in veste rustica di Contadinella con il
volto rassomigliante all’immagine ufficiale della Santa Martire della purezza,
esposta sulla facciata di San Pietro nel giorno della sua canonizzazione, il 24
Giugno1950.
Ha le braccia incrociate sul petto nell’atto
di stringere sul cuore un giglio, simbolo della purezza , e un ramo di palma,
simbolo del martirio. E’ stata trattata con una pittura trasparente, per
lasciare intravvedere i segni dello scalpello sul legno.
Contemporaneamente fu deciso di commissionare
allo stesso studio “Santifaller” la statua della Madonna (Maria di
Nazaret) Anch’essa scolpita a mano dallo stesso scultore Santifaller è in
legno trattato con colore chiaro, ugualmente trasparente, con rifiniture della
veste in oro, una Corona del Rosario alla cintura, un ciondolo d’oro al petto.
E’ stata fatta scolpire per essere collocata in una posizione particolare
all’interno del presbiterio, tra l’Altare e il Battistero.
Nel Sacramento del Battesimo, quando nascono
alla Grazia i figli di Dio, non è assente la madre. La Chiesa nello spirito
rigenera gli uomini a Dio, e Maria diviene la Madre di ciascun battezzato.
Infatti nella vita terrena la Vergine “ ha cooperato nella carità alla nascita
dei fedeli nella chiesa”(S. Agostino) ed è stata dichiarata da Gesù” Madre dei
discepoli” rappresentati da Giovanni (Gv.19,25-26).
Ora che si trova in cielo, esercita questa
sua missione materna cooperando “ con amore di Madre …. Alla rigenerazione e
formazione dei fedeli” (Conc. Vat.II, L.G. 63) Si tratta di un intervento della
Vergine nell’atto stesso del Battesimo, con il quale gli uomini vengono
rigenerati alla vita nuova in Cristo. Maria è presente in modo attivo e materno
al fonte battesimale, dove diventiamo figli di Dio e, insieme, figli di Maria e
della chiesa.
La sua mano sinistra è leggermente più in
basso, tesa verso il battistero in atteggiamento di accogliere i figli di Dio
appena nati nel Battesimo e invitarli, con la mano destra tesa in alto a
camminare verso l’altare, per salire poi con Lui alla gloria del cielo
L’atteggiamento di Maria vuole essere quello da Lei assunto alle nozze di Cana
(Gv. 2,1-11) quando disse ai servi” Fate quello che vi dirà”.
L’espressione del volto di questa Immagine,
rivolta leggermente in basso, piena di serenità e dolcezza, è stato tratto dal
volto della Pietà di Michelangelo, nella prima cappella a destra della basilica
di San Pietro, in Roma.
Fu pensata accanto al Battistero perché,
anche umanamente parlando, la madre è la persona più vicina al Figlio che
nasce, ma anche vicino all’altare, perché proprio accanto all’altare della
croce Maria ebbe da Gesù stesso il compito di prendersi cura dei suoi fratelli
per difenderli dal male, farli crescere nella fede e nell’amore, e guidarli con
la su materna protezione, al raggiungimento della salvezza eterna.
Con questa immagine e con tanta fiducia in
Maria, a cui fin dall’inizio abbiamo affidato la nuova Parrocchia con tante
difficoltà e necessità, dall’inizio fino al 2002 abbiamo concluso ogni anno il
mese Mariano, facendo un lungo pellegrinaggio percorrendo tutte le vie del quartiere.
Pregando e cantando per circa due settimane ci veniva offerta l’occasione di
meditare sulle verità del Vangelo, sui documenti del S. Padre e su altri
argomenti che le circostanze ci offrivano.
Passando davanti ad ogni casa certamente
Maria deve aver bussato forte a tutti i cuori, anche a quelli più duri e
lontani, perché, con tanta meraviglia, si vedevano non solo case illuminate e
strade piene di fiori, ma soprattutto crescere il numero delle persone che
partecipavano al S. Rosario, ai canti e alle preghiere con atteggiamento di
compostezza e di intenso raccoglimento.
Ogni anno era quasi una particolare missione
Mariana nella quale si spandeva la luce di Dio nelle coscienze e nei cuori di
tutti i fedeli del quartiere, che ogni anno si estendeva accogliendo nuove
famiglie.
Così, oltre alla visita delle famiglie per la
Benedizione Pasquale durante il tempo quaresimale, da parte di noi sacerdoti e
altri collaboratori, alla fine di Maggio si concludeva il tempo pasquale con
Maria che, con la sua Immagine, passava di casa in casa per portare la sua
Benedizione, per distribuire le sue grazie, per confortare i cuori afflitti
dalle varie amarezze della vita, ma anche per invitare tutti a venire insieme
nella casa di Dio che si stava realizzando al centro del quartiere.
E’ stato detto da qualcuno che la Chiesa
oltre, ad essere un luogo dove si riunisce l’assemblea dei fedeli, per le
celebrazioni sacre, è anche luogo che, con le sue strutture architettoniche e
il suo arredamento, prega e istruisce i fedeli, quasi fosse una catechesi
vivente e perenne. Per questo nei punti dove maggiormente si rivolgono gli
sguardi e si posano gli occhi dei fedeli, sono state poste “frasi” come stimolo
continuo alla riflessione per crescere nella fede, nella fiducia, nella
speranza e nell’amore verso Dio e verso i fratelli. Inoltre perché il fedele si
sentisse spinto ad assumersi un più forte e generoso impegno per rendere più
vera, più sentita, più fruttuosa la propria vita cristiana.
Così, sotto il Tabernacolo è stato scritto ”SONO
CON VOI PER SEMPRE” presa dal vangelo di Matteo, dalle parole dette da Gesù
agli apostoli prima dell’Ascensione “Ecco Io sono con voi tutti i giorni, fino
alla fine del mondo”. (Mt. 28,20)
Sul lato dell’altare rivolto al popolo le
ultime parole dette da Gesù nel momento della istituzione dell’Eucarestia: ”FATE
QUESTO IN MEMORIA DI ME” (lc.22,19). Nella sua passione e morte Gesù offriva al
Padre la propria vita come supremo atto d’amore per la salvezza dell’umanità e
per ridare al Padre quella gloria che aveva prima del peccato originale. Con
queste ultime parole, oltre al comando di rinnovare continuamente il memoriale
del suo sacrificio, esorta tutti anche ad imitare il suo gesto di immolazione
per salvare gli uomini e glorificare di nuovo il Padre. Nella suddetta frase è
quindi implicito l’invito rivolto a tutti i fedeli di “spendere” la propria
vita per contribuire alla salvezza dei fratelli e alla glorificazione di Dio.
Sotto l’immagine di Maria è stata posta la
scritta, presa dal discorso di Gesù nell’ultima cena: ”RIMANETE NEL MIO
AMORE”(GV.15,9-12) è l’invito rivolto dalla Madonna ai suoi figli, perché
fuggissero la devastazione del peccato e rimanessero uniti a Lei e, per mezzo
suo, restassero uniti al Figlio, nell’amore dello Spirito Santo.
Sotto l’immagine di Maria Goretti è scritto:
“ABBIATE IL TIMOR DI DIO”. Lo sapeva bene lei che il timore di Dio è uno di
quei doni dello Spirito Santo che sostiene l’animo nel momento della
tentazione, per superare il pericolo del peccato. Il suo esempio diventa così
un invito continuo a tenere lontano il peccato per non offendere Dio non tanto
per paura dei castighi, quanto piuttosto per un amore più vero, più intenso,
più profondo e totale verso Dio creatore e Salvatore, che ci sostiene nella
lotta contro il male, fino all’eroico sacrificio della vita.
La nascita di una
parrocchia non avviene in un momento, specialmente nei quartieri moderni, dove
la gente arriva da tutte le parti, lontane tra loro. Si potrebbe quasi dire dai
quattro punti cardinali, con usanze, abitudini, linguaggi e mentalità diverse,
con forti richiami a ritornare spesso sul luogo delle proprie origini, per
incontrare gli amici, ritrovarsi coi parenti e per rivedere i luoghi della
propria infanzia.
Unificare le menti
e i cuori attorno ad una nuova realtà in cui, per vari motivi, ci si è
inseriti, non è facile,
sia per le singole
famiglie sia perché, per volontà di Dio, è venuto a trovarsi inserito in quei
luoghi per prendersi la cura spirituale dei nuovi arrivati.
E’ naturale quindi
che di iniziative se ne inventano e se ne mettono in atto il più possibile, sia
dal punto di vista spirituale, come quello di ordine temporale e ricreativo, di
cui si parlerà in un diverso capitolo.
Qui vogliamo
ricordare in maniera particolare il mese di Maggio, il mese Mariano in una
nuova parrocchia con ambienti di fortuna, utilizzati provvisoriamente, come
aule catechistiche o come luoghi per vivere in sana allegria certi momenti
della vita, nelle varie circostanze dell’anno sociale.
Ciò che fin
dall’inizio ci è stato a cuore erano iniziative che avevano lo scopo di far
conoscere, a chi già era presente nel quartiere, che in mezzo alle loro case
stava pulsando un nuovo cuore che intendeva far giungere a tutti un’aria nuova
che invitava tutti a vivere insieme vari momenti della vita cristiana, attorno
a Colei che ci aveva fatto il dono più grande, accettando di essere Madre di
Gesù che, dopo averci salvati singolarmente, ci avrebbe fatti vivere in armonia,
dentro una grande famiglia chiamata Parrocchia.
L’iniziativa più
forte ed efficace che ci è venuta in mente fu quella di approfittare del mese
Mariano per invitare grandi e piccoli a questo tradizionale momento di fede e
di preghiera alla Santa Vergine, ancora molto sentito dagli abitanti dei paesi.
Inizialmente c’è stata una presenza assai limitata di persone tra anziani e
ragazzi.
Convinti che, prima
o poi, Maria sarebbe stata capace di attirare a sé tutti i suoi figli.
La Provvidenza ci
aveva aiutati ad avere una bella immagine di Maria, che, col suo dolce sguardo,
invitava alla preghiera.
Ci è stato
suggerito di portare fuori della chiesa quell’immagine della nostra Madre
Celeste e passare di via in via, quasi di casa in casa. Lei conosceva già tutti
i suoi figli di questa nuova parrocchia, perché fin dal primo giorno l’avevamo
a Lei consacrata. Poi Lei aveva avuto proprio dal suo Figlio, morente in Croce,
il compito di avere cura di questi figli di Dio. Lei certamente sarebbe stata
contenta di visitarli uno ad uno e benedire tutte le loro famiglie.
Fu questa una
celeste ispirazione, perché in poco tempo ci siamo organizzati, per portare
l’immagine di Maria in tutte le strade del quartiere, pregando con il rosario
in mano e cantando le lodi a Maria, con tutta la voce che avevamo in petto,
diffusa per tutto il quartiere da potenti altoparlanti che facevano echeggiare,
per tutte le vie, preghiere e canti.
E’ stato, come si
suol dire, come una manna dal cielo, e se i primi anni bastavano solo pochi
giorni per visitare con Maria tutte le poche vie ancora abitate, poi dopo
alcuni anni con l’aumento della popolazione e, quindi, anche di case e di
strade, ci occorrevano una decina di giorni, perché tutti desideravano quella
visita di Maria.
Insieme alle
cinquanta “Ave Maria” e ai canti giungevano in tutte le case le parole e i
commenti di ogni mistero, e al termine del Rosario e delle Litanie, sempre,
cantate, veniva rivolta qualche esortazione per la vita cristiana, prese dai
documenti del concilio e dalle encicliche degli ultimi pontefici.
Le vie crescevano,
ma aumentava anche la partecipazione della gente di tutta la città.
Si illuminavano le
vie, le strade si arricchivano di scritte e di cuori, in onore di Maria, con
petali di rose o altri fiori.
Ma soprattutto
cresceva nei cuori l’amore a Maria e a suo figlio Gesù, che si manifestavano
poi in una sempre più numerosa presenza e attenta partecipazione alle celebrazioni
domenicali e festive.
Da queste righe è
doveroso rinnovare la nostra viva gratitudine a quelle persone che, che, ogni
sera, provvedevano al trasporto della sacra Immagine di Maria, su un
carrettino, appositamente costruito e ben addobbato, su cui oltre all’immagine
e a tanti fiori, trovava posto.
L’ impianto degli
altoparlanti, compreso l’amplificatore e la relativa batteria che gentilmente
ci veniva offerta per tutte le sere dalla ditta “ Batterie Genga e Galdelli”.
La gratitudine sincera
va anche a tutte quelle famiglie che ogni sera, e per tanti anni, aprivano la
loro casa per ospitare l’Immagine di Maria, in una sala, ben preparata ed
addobbata dove la gente del vicinato, poteva sostare in preghiera e dove -per
le persone anziane impossibilitate a seguire di sera la processione- ogni
pomeriggio si recitava ancora il santo Rosario e veniva celebrata la S. Messa.
Molte persone
ricordano ancora con nostalgia quelle sere di fervente preghiera che
riscaldavano i cuori e illuminavano le menti, facendo crescere la fede,
testimoniata poi apertamente e con gioia, davanti a tutti coloro che ogni sera
aumentavano di numero e di rapporti fraterni.
Ascoltando ancora
quei ricordi da parte di tante persone che hanno vissuto quelle lunghe
peregrinazioni di Maria in mezzo ai suoi figli e con i suoi figli nasce il
bisogno di dire ancora: Grazie, Signore, per averci suggerito quei momenti di
incontri fraterni, di preghiera, di ascolto dei Tuoi divini insegnamenti. Ti
preghiamo ancora, con fervida fede, che quei doni di Grazia restino vivi nei
cuori di tutti e portino frutti di bene in tutte le famiglie della grande
Parrocchia di S. Maria Goretti in S. Orso. Amen!
Il circolo A.C.L.I.
“s. Orso” nasce il 19 maggio 1973, appena pochi anni dopo l’istituzione della
Parrocchia di S. Maria Goretti che ufficialmente ha iniziato la sua vita
giuridica il 1° Gennaio 1969, anche se l’approvazione da parte Ministro
dell’interno e la firma del Presidente della Repubblica risalgono alla fine di
Novembre 1968.
Poco dopo l’inizio
della vita parrocchiale un gruppo di uomini e alcune famiglie hanno presentato
la necessità di avere, accanto ai luoghi liturgici e catechistici, un luogo di
aggregazione per il tempo libero, non solo per i ragazzi ma anche per gli
adulti e le famiglie.
In un primo tempo
si era pensato ad un centro oratoriale per i ragazzi sul tipo di quelli
“inventati” da S. Giovanni Bosco per i ragazzi di Torino e che, ancora oggi,
svolgono tante attività catechistiche e pastorali in molte città e paesi
d’Italia. Poi ci si è accorti che tutto questo non risolveva la pastorale del
tempo libero desiderata dagli adulti e dalle famiglie. Da qui, dopo aver
interpellato il Vescovo di allora Mons. Costanzo Micci, fu deciso di aprire un
Circolo A.C.L.I. con delle varianti allo statuto.
Infatti, essendo i
circoli, già allora, diffusi anche nella nostra provincia, luoghi di
aggregazione riservata agli uomini e giovani del mondo del lavoro (A.C.L.I.=
Associazione Cristiana Lavoratori Italiani) non avrebbero risolto il problema
delle famiglie e dei ragazzi.
Fu allora che si
decise di aprire un circolo A.C.L.I. dedicato al S. Vescovo Orso, protettore di
tutta la zona, con la specifica variante aperto a tutte le famiglie del quartiere.
Fin dalla sua istituzione padri, madri, e figli hanno cominciato a frequentare
il circolo, partecipando a tutte le iniziative, come membri tesserati a tutti
gli effetti.
Tutto questo,
approvato e benedetto dal Vescovo Mons. Costanzo Micci e da Mons. Achille
Sanchioni, allora assistente diocesano delle A.C.L.I., piacque molto anche alla
direzione provinciale che, dopo alcuni incontri nella nostra sede approvò e
fece propria l’iniziativa allo scopo di diffonderla in altri circoli della
provincia.
Il circolo A.C.L.I.
“s. Orso”, per questo motivo, entrò a far parte attiva della pastorale del
tempo libero a nome di tutta la parrocchia, svolgendo le proprie attività nel
campo della cultura, specialmente sotto l’aspetto sociale, nello sport, nel
turismo e nel teatro, mantenendo sempre un volto cristiano all’interno delle
singole attività. Anche nei viaggi turistici si univa sempre il sacro al
dilettevole, per cui ogni viaggio offriva sempre nella mattinata una sosta in
un santuario o chiesa particolare e poi, nel pomeriggi visita a luoghi
artistici od archeologici.
Per questo motivo,
fin dalla fondazione, il circolo riscosse popolarità ed adesione tra gli
abitanti di S. Orso e altre zone della città e fuori, al punto che si dovettero
sistemare anche altri locali per le varie necessità, finché nel 1978 si stabilì
nell’attuale seminterrato, ristrutturato e ampliato nel 1992.
Con la
collaborazione degli iscritti al Circolo si è giunti anche alla definitiva
sistemazione di un ampio salone posto sotto la chiesa edificato negli anni 1990-92.
Questi locali
sistemati in accordo con la parrocchia, oltre ad arricchire il centro
parrocchiale, hanno dato la possibilità, sia alle A.C.L.I. come alla pastorale
parrocchiale, di poter svolgere tante altre manifestazioni e attività che hanno
visto l’affluenza di tante persone e di famiglie intere, per giornate di
riflessione, di ritiri spirituali e di incontri di socializzazione e
distensivi.
Sarebbe veramente
lungo elencare tutte le iniziative, nate e realizzate sia dap arte del circolo
come della pastorale parrocchiale, con a finalità di coinvolgere tutti gli
abitanti del quartiere per farne un’unica grande famiglia, con un cuor solo ed
un’anima sola.
Dopo gli anni 1980,
con la lottizzazione PEEP del quartiere S. Orso si ebbe una seconda grande espansione
demografica che ha raddoppiato il numero delle presenze ed è tutt’ora in fase
di sviluppo. Per questa motivazione il consiglio direttivo delle A.C.L.I. si è
impegnato a trovare sempre nuovi interessi e forme di socializzazione, insieme
a tante persone sempre disposte a collaborare e accogliere i nuovi arrivati,
per aumentare il numero degli iscritti e il prestigio del circolo.
Anche da queste
pagine si lancia un forte invito a partecipare alle varie iniziative, perché,
fin dal suo nascere, il Circolo A.C.L.I. “S. Orso” è stato un centro di
aggregazione aperto a tutti, senza distinzione, anche per quelle famiglie che,
per vari motivi non sono della stessa fede o lontani dalla fede.
Ci riempie il cuore
di gratitudine al Signore, che molti a seguito di questo primo incontro con la
vita serena e gioiosa del Circolo, hanno ritrovato la via della chiesa e una
più assidua pratica religiosa.
I dirigenti del
Circolo e la Parrocchia insieme si augurano che, nel futuro queste finalità
possano avere una maggiore risonanza e delle prospettive ancora più
significanti per tutto il quartiere. Nasca in tutti la voglia di ritrovarsi, di
rimettersi in gioco. Di ripartire con sempre nuove iniziative, nate dalla
ricchezza delle idee di ognuno, idonee a far crescere il quartiere e la vita
parrocchiale per il bene di tutti.
Da qualche parte è
stato scritto: “Le tradizioni e le devozioni popolari sono le radici della
fede”.
Lo stesso Concilio Ecumenico
Vaticano II, a proposito di tradizioni, usa espressioni fortissime mettendole
in relazione con la Sacra Scrittura e il Magistero della chiesa: “Come
sapientissima disposizione di Dio, talmente unite e connesse tra loro, tanto
che nessuna di queste può sussistere senza le altre”. (D.V.10) Di conseguenza “
l’una e le altre devono essere accettate e venerate con pari sentimento di
pietà e riverenza (D. V. 9)
Infatti “I libri
sacri del V.T. come del N.T. e la veneranda tradizione, mostrano in modo sempre
più chiaro la funzione della Madre del Salvatore nella “ economia” della
salvezza e la propongono, per cos’ dire, alla nostra contemplazione perché
con Lei, figlia di Sion per eccellenza, dopo la lunga attesa della promessa, si
compiono i tempi e si instaura la nuova “ economia” della salvezza,
quando il figlio di Dio assume da Lei la natura umana per liberare l’uomo dal
peccato con i misteri della sua carne (L. G. 55).
Pertanto, quando è
stata costruita la nuova Parrocchia, dedicata a S. Maria Goretti, in S. Orso,
ci siamo trovati ad avere all’interno dei nuovi confini il bel santuario
dedicato alla Madonna della Colonna, piccolo come costruzione ma grande
nella tradizione popolare di Fano e ancora più grande nella devozione dei
fedeli devoti che, a seguito delle emigrazioni, ne hanno portato il nome e la
devozione oltre i confini delle Marche e dell’Italia.
Avere un santuario
mariano all’interno della Parrocchia, è stato sempre ritenuto una grande
benedizione del cielo, nel quale abbiamo riposto tutte la nostra fiducia nei
momenti difficili, trovando sempre sollievo e conforto.
Per questo ci è
sembrato doveroso e ottima cosa inserire, in questa storia della Parrocchia, qualche
notizia dell’amato santuario, oltre che per l’antica devozione, verso la cara
Immagine di Maria, anche perché questo santuario è stato la culla dell’Azione
Cattolica Italiana fin dal primitivo santuario, costruito nel lontano 1796,
nella zona dell’attuale campo d’aviazione: nel 1922 i gruppi giovanili; nel
1927 1933 i gruppi degli aspiranti maschili e femminili; infine quello degli
adulti, che si adoperarono subito a costruire una saletta accanto al santuario,
quale sede dell’A.C.I.
Il santuario e altre
case circostanti vennero abbattute con l’avvicinarsi del fronte bellico, per
ampliare il campo d’aviazione. Era il mese di Luglio del 1940. La venerata
Immagine della Madonna della Colonna fu trasferita, con solenne processione, alla
presenza del Vescovo di Fano Mons. Vincenzo del Signore, nella chiesa di S.
Teresa delle Carmelitane.
Nel 2 Febbraio
1944, dietro insistente richiesta della popolazione, fu riportata nella
località di Treponti, con nuovo grande concorso di popolo e la presenza del
Vescovo Vincenzo del Signore, il quale al termine della celebrazione fece
solenne promessa di voler ricostruire il nuovo santuario, passate tutte
tempeste della guerra ormai imminente.
L’Immagine della
madonna fu accolta a Treponti in una casetta messa a disposizione da una
famiglia del posto e ben preparata e custodita dalla stessa popolazione
trepontese.
Così, riaperto al
pubblico questo ambiente, fu possibile riprendere l’intensa devozione del
popolo fanese che partecipava numerosa alle SS. Messe, anche durante il
passaggio del fronte.
In quell’ambiente
riprese anche il catechismo fanciulli, gli incontri settimanali per i vari
gruppi di A.C. e, ogni anno, la prima domenica di maggio, veniva celebrata, con
grande concorso di popolo, la tradizionale festa della Beata Vergine della
Colonna.
Dopo la guerra e
dopo lunghe e laboriose trattative, condotte sempre con amore ed assiduità, da
sua Ecc. za Vincenzo del Signore, fu possibile costruire la nuova chiesa,
sempre in località Treponti.
Alla fine del 1959,
questa nuova chiesa divenne la nuova sede del santuario della Madonna della
Colonna, la cui immagine è considerata opera del XV secolo.
Così si
ripristinava con tutta solennità- dopo i tristi eventi bellici- la devozione
della Beata Vergine delle Grazie che la diocesi di Fano onorava già da diversi
secoli.
Al nascere della
parrocchia in località S. Orso, non avendo nessuna struttura a disposizione,
questo Santuario fu ritenuto un dono della Divina Provvidenza che ci permetteva
di vivere i momenti pù forti della Pastorale con tanta solennità: Battesimi,
Comunioni, Matrimoni, funerali …. Tutto veniva celebrato sotto lo sguardo di
questa dolce Immagine di Maria.
Per iniziativa e
per interessamento dell’allora vicario Generale Mons. Carlo Isotti, fu
realizzata anche una bella e capiente sala accanto al Santuario, dove, fu
subito possibile riattivare tutte le attività catechistiche e gli incontri dei
vari gruppi di A. C., i quali si sentivano onorati di appartenere
all’associazione che prendeva nome proprio dal Santuario “ Madonna della
Colonna”.
I primi anni della
neonata Parrocchia di Santa Maria Goretti, sono stati un periodo veramente fecondo
per la pastorale parrocchiale, ed era bello vedere come tutti gli associati si
sentivano onorati nel dare la loro collaborazione perché le varie attività
riuscissero nel modo migliore.
Era la festa
dell’A. C. e tutti gli associati la sentivano come la loro festa e si
ritrovavano numerosi e gioiosamente attorno alla venerata Immagine di Maria SS.
Ma, sotto la cui protezione era nata e sempre vissuta tutta l’associazione, la
cui bandiera era sempre portata, dal gruppo giovanile, in processione nella
grande festa annuale.
Quando cominciarono
a sorgere alcune strutture del nuovo centro parrocchiale di S. Orso, il
Santuario fu sempre ritenuto un punto di riferimento e di profonda devozione
Mariana a cui, parteciparono, sempre numerosi, i primi abitanti arrivati nel
quartiere di S. Orso.
Anche l’associazione
di A. C.. a cui aderivano i giovani e gli adulti nuovi arrivati, pur
estendendosi nel nuovo quartiere, fu sempre mantenuta con la stessa
denominazione, ritenendo il Santuario parte integrante, della pastorale
parrocchiale, di altissimo valore.
C’è da augurarsi
per il futuro, che questo Santuario di antica devozione Mariana, in cui si sono
ritrovate tante generazioni di fedeli di tutte l’età, posa continuare la
propria operosa vitalità secondo gli indirizzi dei Padri conciliari i quali
raccomandano con gioiosa fiducia che “ La Madre di Gesù, come in cielo, in cui
è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della
Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra
brilla ora dinanzi al peregrinante popolo di Dio, quale segno di sicura
speranza e di consolazione fino a quando non verrà il giorno del Signore”. (L.
G. 68)
Per questo “tutti i
fedeli effondono insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini,
perché, dopo aver assistito con le sue preghiere la chiesa nascente, anche ora,
esaltata in cielo sopra tutti i Beati e gli Angeli nella comunione dei santi,
interceda presso il Figlio suo, fintanto che tutte le famiglie dei popoli, sia
quelle insignite del nome Cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro
Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di
Dio, a gloria della Santissima e indivisibile Trinità“. (L. G. 69)
Ero in visita alle
famiglie per la benedizione pasquale nella zona di Tre ponti, quando sono stato
avvertito che la TV stava trasmettendo la notizia della morte di Filippo Montesi,
rimasto ferito a Beirut , in un attentato ad una pattuglia italiana, in
missione di pace in Libano.
Dalla ricostruzione
fornita ai giornali dalla Difesa prendiamo le seguenti notizie:” Alle ore 21,12
di martedì 15 Marzo una pattuglia del contingente di pace …, mentre percorreva
la rotabile per l’aeroporto di Beirut,….. è stata fatta segno ad azione di
fuoco che colpiva lo sportello di destra ed il serbatoio dell’autovettura da
ricognizione ….. rimasero feriti sette italiani, tra cui gravemente Filippo
Montesi residente a S. Orso di Fano, in via Volterra n°9.
La situazione dei
feriti, prontamente soccorsi e ricoverati, è sotto osservazione presso
l’ospedale di Beirut in Libano. Alcuni giorni dopo un aereo militare riporta
Filippo in Italia, insieme alla madre Maria Sorcinelli, che lo aveva raggiunto Beirut,
subito dopo l’attentato.
Vari furono i
tentativi messi in atto presso l’ospedale militare del Celio a Roma, dove
Filippo era stato ricoverato.
Filippo cessò di
vivere improvvisamente alle ore 9,40 del 22 Marzo 1983, per complicazione postoperatoria
“.
La triste notizia
si sparse velocemente attraverso tutti canali della comunicazione: radio, TV,
giornali italiani ed esteri, telefoni …
Fano, la città che
l’aveva visto crescere, appassionato di calcio, amico di tanti amici del
quartiere, nella parrocchia e nel circolo A.C.L.I. passò presto
dall’incredulità allo sgomento, ricordando anche altre disavventure che aveva
colpito la famiglia Montesi : la morte del babbo in un incidente stradale, la
morte del fratello Venanzio, anche lui ventenne, finito di vivere per le
bruciature di alcune fiammate sprigionatesi da un motorino in avaria.
Il quartiere S. Orso
e tutta la parrocchie che egli frequentava, hanno vissuto giornate di dolore e
di viva partecipazione al lutto della madre Maria Sorcinelli.
Alla celebrazione
del funerale erano presenti migliaia di persone centinai di ragazzi e giovani
delle scuole superiori e di tutta la città, avendo il Sindaco decretato il
lutto cittadino.
Il rito funebre è
stato celebrato dal nostro Vescovo diocesano Mons. Costanzo Micci con il
cappellano militare ed altri sacerdoti, nella sala pluriuso, essendo la nuova
Parrocchia di S. Maria Goretti, priva di Chiesa.
Tutta la
popolazione del quartiere con profonda commozione era presente alla solenne
celebrazione funebre: Anche nelle fabbriche del Comune di Fano si partecipò al
lutto con una sospensione dal lavoro per cinque minuti. “
“Filippo era
davvero un gran bravo ragazzo “ dice una ragazza del quartiere, che conosceva
bene la famiglia e le sue disavventure.” La madre, dopo la morte del marito e
dell’altro figlio, si era chiusa in un silenzio. Filippo l’aveva aiutata a
risollevarsi. La seguiva attentamente, le era di conforto e di sollievo,
risolveva quasi tutti i problemi della famiglia. Era sempre lui, per esempio,
che usciva di casa a fare la spesa”. (Avvenire, 24/03/83)
Al funerale di
Filippo Montesi, partecipò anche il Presidente della Repubblica On. Sandro
Pertini, insieme ad altre autorità civili e militari del Comune e della
Regione.
La salma era giunta
a Fano presso la Parrocchia di S. Maria Goretti, nel pomeriggio del 23 Marzo,
dove ha ricevuto le visite omaggio da parte di autorità e semplici cittadini.
Centinaia di
giovani hanno voluto rendere omaggio alla salma del loro coetaneo ferito e
morto per una missione di pace in Libano paese martoriato da tutti.
Per tutta la notte
la salma venne vegliata da gruppi di vigili urbani e alcuni membri marinai
della Capitaneria del porto di Fano.
Il 24 tutta la
città si è raccolta idealmente attorno alla Parrocchia di S. Maria Goretti.
Una folla immensa
ha preso parte al funerale. Siamo certi che quella folla immensa rappresentava
tutta l’Italia presente nella persona del Capo dello Stato On. Sandro Pertini
giunto puntualmente alle ore 10,30 recandosi subito in chiesa dove poi il
Vescovo ha celebrato la S. Messa.
La Tragica Morte di
Filippo Montesi ci ha ci ha riempito tutti di grande impotente dolore, non solo
per la giovane vita che era stata troncata, ma anche per averla sacrificata in
una nobile missione di pace.
Dopo il rito
funebre la salma è stata accompagnata, con tutti gli onori militari, nel
cimitero di S. Costanzo, paese originario della famiglia Montesi, accanto alla
tomba degli altri familiari, Dino e Venazio, padre e fratello, scomparsi in
altrettante tragiche circostanze.
Ci piace terminare
questa memoria storica di Filippo Montesi, con le parole pronunciate dal nostro
vescovo nell’omelia della messa funebre.
“Filippo Montesi,
questo giovane di vent’anni, della nostra terra, è morto, primo italiano dopo
quarant’anni non sul fronte della guerra, ma sul fronte della pace.
Nel suo animo di
giovane, buono e generoso, c’era dunque la gioia dei risultati, della presenza
sua e dei suoi compagni d’armi, in quelle terre che, fino a poco tempo fa, erano
tutta una fiammata di odio.
“E’ molto bello-
scriveva Filippo a sua madre Maria - vedere sul volto della gente il sorriso che
mancava da molti anni”.
Il Sorriso! Cos’ è
la vita se non si può sorridere? Credo, anzi sono certo che tutti noi qui
presenti, ma anche tutti gli italiani che vivono dentro e fuori confini della
Patria, ma anche tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto del Libano
martoriato, vedano e vedranno in questo giovane che noi avevamo accompagnato
col cuore vivo e piacente e ci è restituito cadavere, abbattuto dalle forze
crudeli di una violenza senza ragione, un baluardo, una trincea che divideva il
mondo della guerra dal mondo della pace, il mondo della violenza oppressiva dal
mondo della libertà, il mondo dell’odio, dal mondo dell’amore.
Sotto questa luce
il sacrificio di Filippo è un dono immenso che un giovane cuore italiano ha
fatto alla causa della civiltà e della pace, alla causa di una umanità
migliore.
Qui abbiamo un
giovane che sapeva di andare a rischiare per la pace e che per la pace è morto.
E quando si dice
che è morto, si dice che non poteva fare di più, che ha fatto tutto.
Noi sappiamo che
siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli ….
Filippo, caro amico
del nostro cuore, hai amato i fratelli. Siamo certi che sei passato dalla morte
alla vita”.
Si ritiene
opportuno oltre che doveroso, aggiungere, a fine libro questa pagina, per
chiarire diversità con quanto scritto nei vari paragrafi precedenti in cui
venne esposto fedelmente quanto è stato pensato e meditato nello studio della
progettazione dell’intero complesso parrocchiale.
Entrando oggi in
chiesa, dopo la lettura del libro, si noteranno delle varianti che non erano
previste nel, progetto iniziale.
Ciò è dovuto al
fatto che quando è avvenuto il cambio dei responsabili della Parrocchia non si
è pensato di interpellare i tecnici progettistici, ma si è agito con intuiti
personali e varianti liberamente assunte senza informarsi sul progetto
iniziale. Presentiamo qui brevemente alcune di queste varianti:
-
Sul
fondo del presbiterio, anziché mettere Gesù che accoglie e benedice i
fanciulli, si è preferito rappresentare in un grande quadro la “ Gerusalemme
celeste” così come è descritta nel cap. 21 dell’Apocalisse di Giovanni
ampliato dal cap. 12 per quanto riguarda la “ donna che sta per partorire
“e “il grande drago” che vuole divorare il bambino appena nato.
All’interno della città celeste sono stati inseriti i nomi e i volti
dei 12 apostoli, dei quattro protettori di Fano (Paterniano, Eusebio, Orso
e Fortunato) e di Santa Maria Goretti a cui è dedicata la Chiesa e la Parrocchia.
In basso nel lato destro del presbiterio, un po’ nascosto, c’è anche l’immagine
di S. Giuseppe, con l’angelo che lo consola e gli spiega che, ciò che è
accaduto a Maria è opera dello Spirito Santo.
-
Sulla facciata d’ingresso, sulle quattro finestre che, con quella di
centro, dove c’è l’immagine di Santa Maria Goretti, avrebbero dovuto essere
rappresentate le cinque vergini prudenti con la lampada accesa, stata realizzata
simbolicamente la Pentecoste, cioè lo Spirito Santo che scende sugli apostoli (rappresentata
dalle 12 fiammelle ) riuniti in preghiera, con Maria, nel cenacolo.
- Lo spostamento
della statua di S. Maria Goretti, protettrice della parrocchia e di Maria Santissima
all’aula assembleare diminuiscono il loro valore all’interno della chiesa, e
qualche altra libera variante, come le dimensioni dell’altare, dell’ambone,
l’ingresso dalla sacrestia alla chiesa senza barriera architettonica, hanno
portato diverse modifiche all’armonia del progetto iniziale.
Si chiede, a chi
legge, di avere la bontà di accogliere tutto così come oggi si presenta, senza
commenti o giudizi su cose o persone.
Per tutto sia
ringraziato il Signore per la sua bontà e provvidenza e a Lui salga “lode e
gloria in eterno” e onore sempre a S. Maria Goretti.