Memorie di Don Luigi Spallacci per la storia della chiesa S.Maria Goretti

INTRODUZIONE. 1

PREMESSA. 4

IL CULTO DELLA LUCE. 6

Benedetto XVI 7

PREISTORIA. 7

LA RICERCA DEL TERRENO.. 9

IL PROGETTO: studio e sviluppo. 10

Il campanile. 10

DISPOSIZIONE INTERNA. 11

SIMBOLISMI 12

La Pietra angolare. 13

LA PROTETTRICE DELLA PARROCCHIA. 14

CAPPELLA INVERNALE O FERIALE. 16

PERCHE’ AL SACRO CUORE DI GESU’?. 16

VETRATE : NUOVA E ANTICA ALLEANZA. 18

LE STATUE. 18

LE SCRITTE. 19

UNA PROCESSIONE LUNGA 15 GIORNI 20

Il circolo A.C.L.I.” S. Orso”. 21

iL TEMPO LIBERO.. 21

IL SANTUARIO “ MADONNA DELLA COLONNA”. 22

MEMORIALE DI FILIPPO MONTESI 24

APPENDICE. 25

 

INTRODUZIONE

40 anni! Un rincorrersi di giorni, di mesi, di anni, che assorbono impegni, energie e sogni di una età matura nella quale si dona tutto, si rischia tutto, si può fare un mondo di bene, forse, anche un sacco di errori, specialmente quando si è soli e nuovi per certe esperienze.

Quando poi si è arrivati oltre e si è fuori di quella vita e non si hanno più responsabilità dirette che spesso rubano anche le ore del sonno, si riguarda indietro e vien voglia di ripensare a tutto il percorso seguito e si è tentati di fare un bilancio di quel lungo lavoro, che richiedeva l’intervento della mente e del cuore, a volte anche delle mani.

Costruire una parrocchia!. Un lavoro sempre difficile, impastato anche di sofferenza e di tanta preghiera, per avere la forza di compierlo con l’entusiasmo, la generosità dei primi tempi. A volte ci si trova davanti a un mondo tutto nuovo, che si scopriva giorno dopo giorno, un mondo da comprendere e da servire per poterlo meglio organizzare e servire.

Era il tempo in cui la voce del Vescovo risuonava ogni giorno nel fondo dell’anima: ti faccio parroco di Sant’Orso. Tu penserai a darle una protettrice e a mettere in piedi strutture e organizzazione. (Mons. C. Micci)

Era il tempo in cui sorgevano le prime grandi preoccupazioni per realizzare quanto era nel desiderio Vescovo “ Gettare le fondamenta di una nuova Parrocchia!”.

Era il tempo in cui ci si trovava nelle prime difficoltà per trovare il terreno su cui costruire la nuova Parrocchia.

Terreno che non era disponibile in nessuna parte perché il P.R.G. del Comune non l’aveva previsto. Ciò voleva dire che nel grande quartiere di S. Orso, alla periferia di Fano, non si poteva costruire la Parrocchia. Eppure bisognava trovarlo, come? Lo diremo in altra parte del libro, come è stato risolto per raccogliere le numerose famiglie, che, di anno in anno, venivano a stabilirsi in questo quartiere, provenienti da paesi e città, più o meno lontane , ma quasi tutte differenti per cultura, abitudini di vita parrocchiale e sociale.

Erano anni in cui si dovevano fare scelte decisive che avrebbero dovuto ispirare e orientare attività, programmi pastorali e manifestazioni varie, utili, spesso necessarie, per annunciare a tutti che in mezzo a loro stava nascendo un nuova realtà che, come il faro per le navi, avrebbe dovuto riunire genti diverse, in una sola famiglia, in cui vivere concretamente la vita cristiana, tutti insieme.

Una vita nuova alla luce del Vangelo, in tutta la sua autenticità e fedeltà, giunto fino a noi attraverso l’insegnamento della Chiesa che, di generazione in generazione, si è sempre preoccupata di trasmettere il messaggio ricevuto direttamente da Cristo.

Erano momenti di instancabili premure per organizzare la vita parrocchiale in tutti i suoi aspetti senza avere ancora locali a disposizione, se non quelli che la Divina Provvidenza ci offriva, di volta in volta, presso le famiglie disponibili ed accoglienti. E ce ne sono state sempre tante! Non ci siamo mai trovati in mezzo ad una strada!

Erano quelli i tempi in cui occorreva avvicinare persone per reperire e formare catechisti per i più piccoli, animatori per i ragazzi, guide per i giovani collaboratori per arricchire la fede dei genitori e degli adulti in genere

Si cercavano iniziative per invitare tutti alla pratica di una vita cristiana, sempre più conforme all’insegnamento della Chiesa e del Vangelo. La Provvidenza non ci ha fatto mai mancare l’aiuto di persone esperte e preparate per esortare a vivere ogni giorno la fede in modo che portasse frutti nei vari ambiti della propria esistenza.

Ripensando ai lunghi anni vissuti per realizzare le strutture e la vita della parrocchia, si ripresentano cumoli di esperienze vissute e ricordi di momenti belli e ricchi di gioia e di speranza per il futuro.

Non sono mancati naturalmente anche momenti tristi, amarezze e sofferenze che restano sempre rinchiuse nel profondo del cuore e dell’anima condivisi, nel silenzio solo con Lui, il Signore del mondo che scruta i cuori e le menti e giudica con sapienza e misericordia.

A chi si troverà in futuro alla guida di una parrocchia, voglio ricordare una riflessione letta, qualche tempo fa, su una rivista che riportava una esperienza simile alla nostra. Più o meno diceva così:

“Le difficoltà nella vita della Parrocchia, come della chiesa universale, non vengono dall’esterno della chiesa o della Parrocchia, dai non credenti o dagli avversari. Costoro infatti, ci offrono l’occasione per vivere meglio il comandamento evangelico dell’amore per i nemici (Mat.5,43-48;Lc.27,35). No! Le difficoltà vengono dai credenti stessi, così detti “Zeloti” o i giusti del regno con le loro “infedeltà” e con i loro scandali a contraddire il Vangelo e il suo annuncio, la sua “corsa” nella compagnia degli uomini che cercano Dio dal profondo del cuore”.

La presenza divina, sempre presente nei momenti più critici e nebulosi, ci ha sostenuto nel guardare avanti con fiduciosa speranza, suscitando il momento opportuno, persone giuste e generose pronte a sostenerci, a incoraggiarci con suggerimenti, proposte e decisioni.

Trattandosi di costruire una nuova realtà parrocchiale in un quartiere dove confluiscono persone provenienti da diverse regioni e con diverse esperienze di vita, non è stato possibile creare organismi stabili e duraturi, per studiare iniziative e programmi da portare avanti anno per anno. Ma non sono mai mancate tante persone che, di volta in volta, venivano consultate per le varie necessità. Persone che meritano tutta la nostra gratitudine per la disponibilità e l’impegno nel concretizzare poi quanto veniva deciso.

Una attenzione particolare, richiesta dagli stessi abitanti del quartiere, che di anno in anno crescevano di numero, abbiamo dovuto rivolgere alla programmazione del tempo libero, creando di volta in volta varie opportunità per facilitare la vita d’insieme, come Pellegrinaggi, soggiorni in montagna, cinema nel pomeriggio della domenica nel salone pluriuso, manifestazioni sportive, feste di quartiere e altro, con una finalità ben precisa: far sapere a tutti che a S. orso stava nascendo un centro parrocchiale, che- come il cuore del nostro corpo- pulsava forte per far giungere, anche ai più lontani, tutta la ricchezza del suo “sangue” per suscitare una nuova vita, un nuovo stile di vita, per un quartiere unito e sereno, socialmente solidale, cristianamente armonioso e spiritualmente fruttuoso.

Più volte ci è stato richiesto di scriverla “storia meravigliosa” della nascita di questa nuova Parrocchia, dedicata a S: Maria Goretti, nel popoloso quartiere di Fano. Quartiere che dal nulla è cresciuto pian piano, senza fare troppo rumore, diventando il quartiere più grande della città, così come era stato previsto dal piano regolatore.

La parrocchia ha seguito un po’ lo stesso ritmo crescendo in tempi diversi, per varie difficoltà, ma con una determinazione instancabile per giungere alla sua realizzazione sia sul piano tecnico e logistico, come sul piano pastorale e spirituale.

In realtà non è ancora completata perché mancante di campanile, di un porticato che, dal campanile, dovrebbe unire le tre entrate della chiesa ed altre strutture interne ed esterne previste nello sviluppo del progetto iniziale, restate sul progetto di massima. E questo perché la richiesta della costruzione di questa nuova chiesa è partita prima della revisione del Concordato (1984) tra lo stato e la chiesa italiana.

Infatti con il concordato del 1929 era stato pattuito che, per la costruzione della chiesa ed opere parrocchiali, ci si doveva rivolgere direttamente allo stato italiano, che, con contributi di volta in volta erogati, sosteneva le spese nella percentuale del 70-75%, intendendo così restituire alla chiesa i beni che erano stati espropriati ingiustamente al tempo della formazione dell’unità d’Italia, sotto il regno di casa Savoia. Questo accordo tra lo stato Italiano e la chiesa era stato inserito nella nuova Costituzione della repubblica Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio del 1948.

Alle diverse richieste ci siamo impegnati, con santa pazienza per ricordare lo scorrere di questa lunga storia di cui narriamo i momenti più interessanti, i fatti più salienti e le caratteristiche che hanno guidato la realizzazione dell’intero progetto.

Vogliamo sperare e augurarci intensamente che, quanto siamo riusciti a mettere insieme, serva a far conoscere come nasce una parrocchia, quante fatiche richiede, quanti sacrifici e rinunce occorre fare e quanti viaggi per avere permessi, autorizzazioni e contributi che non sono mai sufficienti, per realizzare questo prezioso servizio a vantaggio del popolo cristiano.

Mentre fissavamo su carta questi ricordi, è nato in noi anche un altro pensiero che ci ha sostenuti nella ricerca delle varie memorie: Rivolgere ai fedeli di oggi e quelli che domani godranno di questa dono divino, un caloroso ed affettuoso invito ad elevare a Dio, sommo benefattore un sincero canto di Lode e di gratitudine alla Divina Provvidenza che ci ha accompagnati durante la realizzazione di questa casa di Dio, in mezzo alle abitazioni degli uomini.

Invito anche ad amare questo luogo sacro come parte della propria casa, per essere pronti e generosamente disponibili, in tutte le maniere, nel collaborare e portare a compimento ciò che ancora manca e per mantenere quanto realizzato con il contributo di tutti, perché sia sempre decorosamente degno della divina presenza e gioiosamente accogliente per tutto il popolo di Dio che abita a S. Orso.

Ripercorrendo col pensiero tutto il lungo periodo di vita vissuto a S. Orso (circa 40 anni!) spesso ci si illumina la mente con il brano del Vangelo di Luca (10, 38-42) in cui è riportato il dialogo di Gesù con Marta e Maria, che ospitano sempre con grandissima gioia il divino maestro, per farlo riposare e rifocillare. Suscita sempre tanta meraviglia vedere Gesù, figlio di Dio, padrone del mondo, chiedere ospitalità nella piccola casa di Betania, che diventerà il luogo dell’intimità tra Dio e le sue creature, un luogo dove si può ascoltare e vivere, pregare e servire. Atteggiamenti diversi, ma essenziali per chi cerca Dio. Essi non si possono confondere mettendoli uno sull’altro, dividerli uno senza l’altro, ma unirli” uno con l’altro “ così mantengono un loro valore e raggiungono la loro finalità. Infatti sarebbe senza significato affannarsi per mille cose, se non c’è nessuno spazio per incontrarsi con Gesù. Ma è anche vano costruire una Parrocchia per incontrare Lui, se non ci si spende per incontrarlo e servirlo nei fratelli.

Marta e Maria con il loro fratello Lazzaro, ricolmati della luce di Dio e del dono dello Spirito, dopo la Resurrezione di Gesù, spenderanno tutta la loro vita per portare il messaggio del Vangelo e dedicarsi a portare sollievo nelle sofferenze e nelle varie necessità, anche materiali, dei fratelli che incontriamo. Così l’ascolto e il servizio, la preghiera e l’azione, diventano, per loro e per tutta la chiesa, la via maestra con cui testimoniare la propria fede.

La stessa cosa è avvenuta quando il nostro vescovo Mons. Costanzo Micci ha deciso di costruire la nuova parrocchia nel quartiere che stava sorgendo a S. Orso.

Un giorno ci ha convocati nel suo studio e, dopo un breve colloquio su varie cose ed esperienze di vita parrocchiale, mi ha detto: ”Ho fatto un giretto su fino a Montegiove per vedere lo sviluppo della città e dei nuovi quartieri periferici. A S. Orso c’è una vasta campagna dove stanno già arrivando molte famiglie e certamente ne arriveranno molte altre nel prossimo futuro. C’è bisogno di costruire una parrocchia che sia il punto di riferimento per coloro che verranno a stabilirsi in quella zona.

Ti nomino parroco! Comincia subito a lavorare per organizzare la vita parrocchiale nei suoi vari aspetti e realizzare tutte le strutture necessarie per la liturgia, il catechismo, e spazi ove organizzare il tempo libero …. Quando hai bisogno di qualcosa e di suggerimenti per superare eventuali difficoltà, io sono sempre qui. La porta del mio studio sarà sempre aperta! Con la mia esperienza conosco quanto è difficile fondare una Parrocchia …. Le difficoltà non mancheranno … ma alla fine saranno proprio le difficoltà superate e i sacrifici fatti a donare a tutti gioia immensa e a portare frutti veri di Grazi e santità di vita.

La mia benedizione ti accompagni sempre!“

Queste ultime parole mi tornavano in mente tutte le volte che mi trovavo in serie difficoltà, per mancanza di esperienze dirette o di qualche ufficio di Curia a cui rivolgermi.

Mi rimaneva sempre il ricorso al Vescovo che, con paterna dolcezza e saggezza, esortava e incoraggiava suggerendo anche vie e modi da seguire.

In uno di quei momenti mi sono state di grande aiuto alcune parole incontrate per caso su un giornale che parlava di S. Luigi Orione, il quale, trovandosi in grave difficoltà per la sua opera e raccomandandosi al Signore per avere aiuto e luce sul da farsi, si sentì rispondere: “ Di che ti affliggi, o pusillanime? Continua ch’io ti aiuterò, perché questa è opera mia, non tua!“.

Subito mi son detto: anche la Parrocchia è opera di Dio e trovai nuovo slancio per andare avanti, nuove energie per la “Preghiera e l’azione, per l’ascolto e per il servizio“, altre persone con dedizione totale, si sono affiancate a me nelle necessità pastorali e nelle urgenze materiali, nel seguire tecnici ed operai, impegnati nella costruzione del centro parrocchiale.

E’ consolante e fonte di gioia e di gratitudine al Signore, il fatto che, ogni volta che capita di ritornare in quella Parrocchia, tanto amata e per cui sono stati fatti tanti sacrifici, si trovano ancora alcune persone che, dopo tanti anni continuano a dare la loro preziosa collaborazione, con gioia e generosità senza pari.

Sia sempre lodato e ringraziato il Signore che non abbandona mai chi si rifugia e confida in Lui.

PREMESSA

Quando Dio ha pensato di creare l’uomo, prima ha plasmato l’uomo con la polvere delle terra poi, con la sua sapienza infinita, per farne una creatura diversa e superiore a tutti gli altri esseri viventi, ”soffiò nelle sue narici un alito di vita. Così l’uomo divenne un essere vivente, fatto a sua immagine e somiglianza” capace di conoscere parlare, amare imparare cose nuove con una volontà libera di scegliere o di rifiutare una cosa o l’altra, e altre doti che lo che lo rendevano veramente il principe e il dominatore di tutto il creato.

Quando il Vescovo Mons. Costanzo Micci affidò all’architetto, Marco Maioli di Roma, l’incarico di progettare il nuovo centro parrocchiale di S. Maria Goretti in S. Orso, avvenne la stessa cosa, ma con una programmazione sostanzialmente diversa: Prima abbiamo pensato all’anima e poi al corpo, che ne mettesse in risalto le varie caratteristiche.

L’architetto non avendo esperienza diretta per la costruzione di un centro parrocchiale, ci ha chiesto di aiutarlo suggerendogli l’anima di tutto il complesso da realizzare, insieme alle varie necessità utili alla vita di una Parrocchia, con relativi ambienti interni ed esterni, legati a quella che doveva essere la finalità di tutto il progetto.

Ci siamo messi subito all’opera per raccogliere tutto ciò che poteva essere utile per arricchire la geografia spirituale di una nuova chiesa, dove sarebbero stati accolti i fedeli per gli appuntamenti con Dio con l’umanità.

Una chiesa non è soltanto un edificio in cui si entra in determinate circostanze, ma anche un mondo di Grazie nel quale si inizia a vivere una vita interminabile.

Una chiesa, quindi, è casa, sala, tempio dove si odora Dio, ma anche una casa, sala, tempio che odora di Dio. Nel suo viaggio dal tempo all’eternità, l’uomo ha una tenda, un’oasi spirituale, dove non vengono mai meno le acque ristoratrici, che offrono il verde della speranza di giungere ad una vita ultraterrena, e il riposo per rifornirsi di quelle energie sufficienti, utili e necessarie, per completare il viaggio nella pace eterna.

“Una chiesa, qualunque sia la sua forma, è una preghiera divenuta pietra, cemento, civiltà visiva di ineffabili realtà, dono di colui che viene sempre a salvare” (B. M.)

Per rendere più comprensibili questi pensieri, abbiamo fornito all’architetto un lungo elenco di frasi bibliche e poetiche, su cui meditare e trovare spunti ed idee per lo sviluppo dell’intero complesso parrocchiale.

“Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv. 8,12)

Il mistero della luce è ciò che più ci attira nel pensare alla nuova Parrocchia, perché Dio stesso è la luce del mondo, Egli ci rende figli della luce, testimoni della luce, cioè della verità evangelica che brilla e illumina il buio del mondo.

“Una luce dal cielo mi circondò e riempì l’anima. E in questa luce, che era la mia anima, vidi Dio splendere deliziosamente, come una bella luce, tolta da un candeliere bruciante. E vidi che egli si adattava alla mia anima così leggiadramente e piena di bontà, in modo tale che Egli si unì interamente ad essa ed essa a Lui” (Elisabetta Stogel). “Mentre pregava si trasfigurò dinanzi a loro e il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”(Mt. 17,2).

“Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo, cinque di esse erano stolte e cinque sagge S: Maria Goretti, S. Agnese, S. Lucia, S. Cecilia, S. Teresina del bambino Gesù, S. Rita) Le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio. Le sagge invece, insieme alle lampade presero anche dell’olio in piccoli vasi.

A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andiamogli incontro!

Allora le vergini sagge prepararono le loro lampade ed entrarono con gli sposi alle nozze. La porta fu chiusa e cominciarono a far festa” (Mt.25,1-13)

“E’ dolce questa luce, ed è cosa assai buona per la vista dei nostri occhi, per contemplare questo sole invisibile! (Qo. 11,7)

“E Dio disse:- Vi sia la luce. – E vi fu la luce. E Dio vide la luce e disse che era cosa buona e separò la luce dalle tenebre. E chiamò la luce 2 giorno” e le tenebre” notte”(Gen. 1,3-5).

Il grande profeta Isaia, rivolto a Gerusalemme disse: ”Alzati e rivestiti di luce, poiché la tua luce arriva e la gloria del Signore splende sopra di te.. Cammineranno le nazioni alla tua luce e i re allo splendore del tuo sorgere …”(is. 60,1)

I Magi giunti a Gerusalemme, chiesero ad Erode:” Dov’è il Re dei Giudei?. Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo! Ed ecco, la stella che avevano visto in Oriente, li precedeva finché i fermò sulla casa dove era il bambino e sua madre …Vedendo la stella essi provarono una grandissima gioia”(Mt.2,2…10).

Zaccaria alla nascita del figlio Giovanni, profetizzò l’arrivo del Messia come una luce che viene a visitarci dall’alto “come sole che sorge per illuminare quelli che stanno nelle tenebre” (Lc.1,78-79)

Simeone, alla presentazione di Gesù al tempio, canta la venuta del Messia come” Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc.2,32)

Nel Vangelo Gesù dice agli apostoli (e a tutti i cristiani): ”Voi siete la luce del mondo … Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sul lucerniere affinché risplenda per tutti quelli che sono nella casa.. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere e glorifichino il Padre vostro celeste che è nei cieli” (Mt. 5,14-16)

Nell’Apocalisse S. Giovanni, parlando della nuova Gerusalemme, scrive: ”Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino (Ap. 22,16). Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampade, né di luce di sole perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap .22,5)

“L’angelo mi trasportò su di un monte alto e grande, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino (Ap.21,10-11)

La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la gloria di Dio la illuminerà e la sua lampada è l’agnello.

Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lui porteranno la loro magnificenza (Ap. 21,23-24)

IL CULTO DELLA LUCE

Il culto reso alla luce da diversi popoli mostra quale smisurato significato le sia stato attribuito fin dall’aurora dell’umanità.

L’importanza data al sole, all’aurora “ luce che porta al giorno” (Schiller) e tuttavia testimonianza dei quadri di Van Googh, della serie di incisioni in legno, “il sole” di Franz Masereel, e anche da numerose poesie:

“Più bello della luna che si ammira e della sua nobile luce;

più bello delle stelle che mirabilmente ornano la notte;

molto più bello dell’infuocata apparizione di una cometa e chiamata ad essere di gran lunga più bello di ogni altro astro, perché la tua e la mia vita dipendono ogni giorno da lui;

tutto questo è il sole …..sotto il sole, nulla di più bello di essere sotto il sole” (Ingeborg Bachamann)

Come nella vita terrena, così anche in un piano allegorico, il credente ha bisogno della luce della grazia e, per la prima visione di Dio, della luce della gloria.

Gesù Cristo è la luce del mondo, che fa impallidire tutte le altre luci. Chi si apre a questa luce non deve più temere né le tenebre della notte, né l’oscurità del peccato. A chi si apre con fede, Cristo porterà “luce, vita, gioia e letizia”

Cristo pone i credenti nella luce, perché camminino come in pieno giorno, cioè -illuminati da Cristo- si comportino secondo la sua volontà e compiano le opere della luce.

La forza luminosa che viene da Cristo per i Cristiani deve essere irradiata nuovamente in tutti gli ambienti (Mt,15)

E’ necessario tutti i giorni rivolgersi a lui luce della vita”. Chi perde ogni contatto con Cristo non è più in grado di vivere da cristiano.

Come potrebbe infatti chi è senza luce oppure “sotto illuminato” fare da “LUCE DEL MONDO” cioè agire in senso missionario?

Nel deserto del mondo dove domina il peccato e quindi le tenebre, il Cristiano “assetato” di luce, desidera incontrare questa oasi celeste, per saziare la sua sete di infinito. Avvolto dalla luce, che piove dall’alto, sentirà diradare le tenebre che avvolgono la sua vita, perché in quella luce incontrerà Cristo, che lo prenderà per mano dicendo: Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv.8,12)

E con tanti altri brani di “Luce” abbiamo illuminato la mente e la matita dell’architetto, il quale, ringraziando per l’aiuto ricevuto, ha avuto questa ispirazione: Se Cristo è la luce del mondo, la sua croce gloriosa è il faro che la proietta sulla terra e nella coscienza dei cristiani.

Questa ispirazione lo ha portato a scegliere per la nuova chiesa delle linee che esprimessero le meraviglie di questo mistero della luce, che poi fissava sulla carta con queste riflessioni, ricche di significato per coloro che l’avrebbero frequentata:

- Una croce sul pavimento che dall’ingresso arriva al presbiterio: su quella croce il Cristiano camminerà avvicinarsi all’altare dove verrà rinnovato il memoriale della passione e morte del Signore.

- La copertura è sostenuta da una croce che l’attraversa in lungo e in largo: da quella croce piovono fasci di luce che illuminano l’assemblea dei fedeli.

- Ancora quattro croci di luce ai quattro settori del soffitto per diradare le tenebre dei quattro angoli della chiesa.

- Inoltre, piccole croci alle pareti attraverso cui filtrano raggi di luce con colori diversi a significare:-nella cappella feriale l’antica alleanza fatta da Dio con Mosè dopo il diluvio universale, con i sette colori dell’arcobaleno, colori profetici, segni della nuova alleanza tra Dio e l’umanità, fatta da Gesù con la sua Passione Morte e Resurrezione.

- Nella facciata d’ingresso ancora croci con luci “ violette” per richiamare il luogo dove posizionare i confessionali.

- E con luce “celeste” viene indicato il lato ove verrà sistemato il Battistero porta d’ingresso nel regno di Dio.

Infine va sottolineato che ‘intera planimetria della nuova chiesa segue una impostazione tradizionale a ”Croce latina” con l’ “asse verticale” che dall’ingresso al fondo del presbiterio, e l’”Asse orizzontale” dalla cappella feriale al fonte battesimale, posto sotto la grande vetrata dei sette sacramenti.

Benedetto XVI

È stato di grande conforto per aver fatto queste scelte, nella progettazione della chiesa parrocchiale, un passaggio dello stesso Pontefice Benedetto XVI nel suo discorso della veglia pasquale il 22 Marzo 2008:

“Gesù, facendosi uomo, ha portato la luce del cuore di Dio al cuore dell’uomo, ha preso la luce del cielo e l’ha portata sulla terra, la luce della verità per accendere il fuoco dell’amore, che trasforma l’essere dell’uomo. Egli ha portato la luce, ed ora sappiamo chi è Dio e come è Dio, chi siamo noi e per quale scopo esistiamo.

Con il, battesimo la luce vera viene calata giù nel nostro cuore (In antico il battesimo veniva chiamato anche “illuminazione) la luce di Dio entra in noi, così diventiamo noi stessi “figli della luce”.

Questa luce della verità, che ci indica la via, non dobbiamo lasciarla spegnere. Dobbiamo proteggerla contro tutte le potenze che intendono estinguerla per rigettarci nel buio su Dio e su noi stessi.

Nelle promesse battesimali, rinnovate in diverse circostanze della vita, ravviviamo nuovamente questa luce, che è insieme ”Fuoco e forza di Dio” ma fuoco e forza che non distrugge, ma trasforma i nostri cuori, affinché noi diventiamo veramente uomini di Dio, affinché la sua pace - attraverso noi- diventi operante in questo mondo. ”(Benedetto XVI Veglia pasquale 22/3/2008)

PREISTORIA

Fano, già dalla sua denominazione latina ”FANUM FORTIUNAE”, ci dice che le sue origini sono inserite nella memoria della sua antichità.

Alcuni reperti archeologici parlano di insediamenti umani fin dall’ età del bronzo” ritrovati nell’attuale zona industriale, oggi detta “ Via Chiaruccia”.

Altri studiosi invece spingono la presenza umana nella zona di Fano anche a tempi più antichi: Infatti alcuni reperti rinvenuti in località” “ Roncosambaccio” e nei dintorni, parlano dell’” età del ferro”. Ma nulla vieta di pensare che anche in epoche più primitive, attorno alla foce del Metauro, vivessero già gruppi umani dediti alla pesca o all’agricoltura o alla pastorizia.

Storicamente è provato che Fano è stata fondata dai romani col nome di “fanum fortunae ( = tempio della fortuna).

Infatti, il centro della città conserva alcune caratteristiche tipiche degli accampamenti romani. Di Epoca Romana sono anche le mura esistenti sul lato nord, che vennero poi unite alle successive Mura Malatestiane, costruite in Tempo medioevale.

Importante monumento romano, oltre le mura già ricordate, è l’Arco d’Augusto” posto di fronte alla via consolare Flaminia.

Di epoca medioevale è anche la fortezza Malatestiana, o carcere mandamentale fino agli anni 1950, il bastione Nuti nei pressi dell’arco d’Augusto, e il bastione S. Gallo, ora in fase di ristrutturazione e di ripristino nei pressi dell’arco d’ augusto essendo stato fortificato a deposito militare.

Dopo questi semplici cenni sulla preistoria fanese in genere (desunta dal volume Le A.C.L.I. nella provincia di PU, pag.238) per lo scopo che ci siamo prefissi, è necessario che ci soffermiamo nella zona della periferia di Fano, dove è sorto il quartiere detto S. Orso e la Parrocchia dedicata a S. Maria Goretti.

Dopo la seconda guerra mondiale (1040-45) l’area interessata era completamente e totalmente terreno agricolo, con alcune case coloniche poste nella zona ad ovest del canale Albani e ad est della ferrovia Pesaro Urbino. Al suo interno erano presenti piccoli nuclei abitati da poche famiglie, lungo la strada provinciale che poi fu chiamata “ Bellandra”, che l’attraversava tutta fino a giungere a Bellocchi.

Il fenomeno dell’immigrazione dai paesi collinari dell’entroterra verso la città (negli anni 60-80) contribuì ad una forte estensione del quartiere, tanto che fu necessario intervenire con un piano di sviluppo abitativo più organizzato e prevedere alcune strutture pubbliche, come la scuola elementare e materna. Fu in questo momento che si vide la necessità di intervenire anche con servizi religiosi sul posto per favorire la pratica cristiana, del catechismo ai fanciulli, del servizio religioso nelle domeniche e nelle altre feste comandate.

Dopo gli anni 80 si crearono anche lottizzazioni PEEP, con la sistemazione di nuove strade e vie trasversali che hanno facilitato l’espansione dell’abitato a tutta la zona di campagna chiamata fin da tempi antichissimi “s. Orso”.

A questo proposito per completare questi cenni della preistoria riportiamo brevi cenni sulla storia del nome S. Orso che distingue questo quartiere da tutte le altre terre fanesi.

Lungo la strada, chiamata oggi via G. Galilei, all’altezza dell’incrocio con la via detta di “Fossa S. Orso esiste un dislivello del terreno detto da tempi “immemorabili “ Fossa S. Orso”. Non esistono spiegazioni di carattere strettamente storico di questa denominazione, se non una lapide marmorea, scritta in latino sul basamento di una edicola sacra costruita proprio a ridosso della così detta “fossa S. Orso”.

Questa lapide fatta mettere nel 1848 dal vescovo di allora Mons. Luigi Corsidonio e dal gonfaloniere della città Filippo Rinalducci, perché non fosse dimenticata la memoria di quella fossa, con il versare dentro immondizie e rifiuti di ogni genere.

Nell’archivio storico della diocesi di Fano esistono memorie di un grave fatto accaduto in quella zona ad un empio agricoltore che osò violare la festa del santo Orso e offendere il santo e Dio con parole di orribili bestemmie.

Anche presso gli uffici urbanistici di Fano esistono notizie storiche, ben precise, di questa triste storia di un agricoltore che, non rispettando il riposo del giorno della festa del Santo Patrono e pronunciando parole blasfeme contro Dio e contro il santo, precipitò nella voragine che improvvisamente si aprì ai suoi piedi.

Riportiamo qui di seguito la memoria storica nell’originale latino e la relativa traduzione.

 

MEMORIA STORICA DELLA FOSSA S. ORSO

 

HIC UBI CELEBRIS APUD FANEN. TRADITIO EST

URSUM ANTISTITEM SANCTISS. ET PATRONUM

SUI OSOREM HABUISSE SACRILEGUM

VIOLATE EIUS FESTI RELIGIONE

IMPETITOQ. NOMiNE CUM BLASFEMIA

 QUEM REPENTINO TERAE HIATU

 VIVUM ET ARANTEM ABSORBUIT

NE SUPERINDUCTIS AGGERIBUS EXPLETA VORAGINE

LOCI MEMORIA POENITUS OBLITERETUR

ALOISUS CARSIDONIUM FANI EP.

ET PHIL. RINALDUCCIUS F. D. MOMUMENTUM

P.C.

MDCCCXXXXVIII

 

 

 

 

MEMORIA STORICA

 

QUI DOVE SECONDO UNA CELEBRE TRADIZIONE FANESE, IL VESCOVO E PATRONO S.ORSO PUNI’ IL SUO SACRILEGO OFFENSORE PER NON AVER RISPETTATO IL RIPOSO NEL GIORNO DELLA SUA FESTA E AVER RABBIOSAMENTE BESTEMMIATO IL SUO NOME, FACENDOLO SPROFONDARE VIVO MENTRE ARAVA LA TERRA IN UNA VORAGINE APERTASI IMPROVVISAMENTE SOTTO DI LUI, PERCHE’, RICOLMATA LA FOSSA DALLE TANTE IMMONDIZIE DENTRO VERSATE, NON VENISSE DEL TUTTO DIMENTICATA LA MEMORIA DI QUESTO LUOGO, IL VESCOVO DI FANO LUIGI CARSIDONIO R FILIPPO RINALDUCCI F.D. (Amministratore di Fano) COSTRUIRONO QUESTO MONUMENTO NELL’ANNO 1848.

LA RICERCA DEL TERRENO

Decisa ormai la Santa Protettrice della nuova Parrocchia, il Vescovo Mons. Costanzo Micci esorta ad individuare subito il terreno, in luogo centrale del nuovo quartiere dove erigere poi il complesso parrocchiale.

Il primo tentativo fu fatto sul terreno attorno alla chiesetta di Villa Cinti che già veniva usata da qualche anno.

Ma, alla richiesta di poter acquistare tutta la superficie necessaria per la costruzione dell’intero complesso, ci veniva offerta solo la disponibilità di una parte del terreno, per il resto poi ci si sarebbe accordati in futuro.

La risposta ci sembrò nascondere spiacevoli sorprese in quel ”futuro” per cui si è deciso di cercare altrove.

Ci si era già orientati in una zona di via Galilei, di proprietà dei fratelli Volpini, dai quali, in un primo approccio, avevano già dato la piena disponibilità. Ma anche questa ubicazione si rivelò poi impossibile perché nel frattempo era stato approvato definitivamente il nuovo piano regolatore del Comune di Fano, nel quale, nonostante la previsione di un quartiere con circa diecimila persone, non era stata inserita un’area riservata al centro di culto.

La difficoltà cominciava a diventare seria ogni giorno di più e ci si indicava l’attesa di diversi anni prima di poter avviare una modifica al detto piano regolatore.

Qualche santo, forse la stessa Maria Goretti, ci deve aver messo le mani, perché un giorno parlando con delle persone di questa difficoltà all’interno del comune, mi fu suggerito di interpellare direttamente il tecnico che aveva studiato le zone del P.E.E.P. di S. Orso e avviare con lui un dialogo serio per una variante al piano. Raccolto questo suggerimento come una ispirazione dall’alto, mi sono dato da fare per avere subito i dati anagrafici del tecnico architetto Marco Maioli di Roma, al quale presentai la nostra difficoltà.

Con indicibile gioia di tutti abbiamo avuto subito la sua piena disponibilità.

Fissato un incontro col vescovo, fu esaminata la zona del quartiere S.Orso e deciso approssimativamente il punto dove ricavare l’area per il centro parrocchiale. Dopo qualche settimana, un nuovo incontro con l’architetto ci apriva già le porte ad una soluzione abbastanza ravvicinata.

Fu a questo punto che il Vescovo Mons. Costanzo Micci propose allo stesso architetto lo studio del progetto della nuova Parrocchia.

La mano del Signore deve certamente aver guidato i nostri passi, perché nel tempo di pochi mesi fu approvata la variante al piano regolatore e presentato al Vescovo il progetto di massima dell’intero complesso parrocchiale.

L’area ricavata è quella dove poi fu costruito l’intero progetto. Era di proprietà degli Istituti Riuniti di Assistenza e Beneficenza (IRAB). Con l’amministrazione relativa fu subito avviata la pratica per l’acquisto del terreno, che si concluse veramente in tempi brevi.

Non avendo ancora la nuova Parrocchia il riconoscimento giuridico civile, il terreno fu acquistato dalla Parrocchia di San Leonardo, nel cui territorio sorgeva il quartiere S. Orso. Completato l’iter burocratico del riconoscimento civile la parrocchia di S. Leonardo, nella persona di Mons. Achille Sanchioni, ha portato al passaggio di proprietà con una donazione, il cui atto notarile si conserva nell’archivio parrocchiale di S. Maria Goretti.

Una nota caratteristica che merita di essere ricordata, fu la piena disponibilità della famiglia Tommasoni Aldo, che coltivando il terreno da molto tempo, poteva avvalersi del diritto di prelazione in una eventuale vendita del terreno da loro coltivato.

Non solo non fu fatta opposizione, ma fu manifestata meraviglia per il fatto che, essendo proprietaria del terreno l’Opera Pia Madonna del Ponte facente parte dell’IRAB dovesse essere pagato il terreno per la costruzione della chiesa del nuovo quartiere di S. Orso.

Non solo, ma quando si seppe che la nuova parrocchia era dedicata a S. Maria Goretti da parte della famiglia Tommassoni, venne fatta la promessa di contribuire all’acquisto della relativa statua, con una rilevante somma di danaro. Promessa fedelmente mantenuta quando si arrivò all’acquisto della statua di S. Maria Goretti, ora esposta alla venerazione dei fedeli all’interno della nuova chiesa.

IL PROGETTO: studio e sviluppo

Parrocchia: il centro del quartiere, luogo d’incontro tra Dio e il suo popolo, dimora di Dio tra gli uomini.

Le idee che hanno guidato la mano e la sensibilità dell’architetto partono dal pensiero che la chiesa come unico centro di aggregazione del quartiere, svolge anche un ruolo sociale non trascurabile, perciò necessita di spazi, interni ed esterni, per svolgere adeguatamente la sua missione spirituale e temporale.

Il progetto è stato inizialmente pensato e sviluppato dall’architetto di Roma Marco Maioli, a cui, per motivi altrove ricordati, era stato affidato l’incarico dal Vescovo Mons. Costanzo Micci.

Si è partiti da una intensa riflessione sul Mistero della Luce seguendo tutte le indicazioni tratte dal vecchio e dal muovo testamento.(Cfr. cap. a parte)

Questo ci ha permesso di puntualizzare le finalità più essenziali di cui un centro parrocchiale, luogo che, anche a prima vista costituisce un invito ad elevare lo sguardo dalla terra al cielo, dalla vita umana e temporanea a quella celeste ed eterna. Infatti la prima struttura,” il salone pluriuso”, che oggi si preferisce definire “ Sala della comunità” è la parte più bassa rispetto a tutto il resto del complesso.

Più elevate di qualche metro sono poste le aule catechistiche e gli uffici parrocchiali.

Salendo ancora di un piano è posta la canonica, costituta dall’abitazione del parroco e di altri sacerdoti che in maniera stabile o temporanea collaborano con lui.

Ancora più elevata è la struttura della chiesa parrocchiale che, con le sue linee ascendenti interne ed esterne, costituisce un forte richiamo ad elevare verso l’alto lo sguardo e perdersi nell’immensità del cielo come richiamo all’infinita e universale presenza di Dio.

Al vertice di tutto, lo studio del campanile che, con i suoi circa 30 metri d’altezza, indica la meta verso cui deve tendere ogni sforzo della vita terrena. Da quella altezza dovrà partire il forte richiamo di cinque campane, non solo a ritrovarsi insieme nella chiesa per celebrare le lodi e i divini misteri, ma anche a guardare il cielo pensando alle cose di lassù, lasciando per un momento le cose della terra, secondo l’invito di S. Paolo nella lettera ai Colossesi (3,1-2)” Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”.

Il tutto costituisce uno sviluppo di forma elicoidale ascendente, che,come la scala di Giacobbe (Gen,28-12) partendo dalla terra raggiunge il cielo, per far salire a Dio le preghiere degli uomini, e far discendere agli uomini le Benedizioni e le Grazie di Dio.

Nel seminterrato all’intero complesso sono stati ricavati grandi spazi utili per i momenti di fraternità e di sana ricreazione, e per agevolare qualsiasi altro incontro fraterno che, secondo il salmo 132, favorisce la gioia dello stare insieme e fa crescere il clima di famiglia fra tutti gli abitanti del quartiere:” Quanto è buono e soave che i fratelli stiano insieme” (132,1).

“La moltitudine di quelli che erano venuti alla fede aveva un cuor solo ed un’anima sola”(Atti 4,32)

Il campanile

Originariamente, quando cioè i progetti delle nuove chiese erano sotto la direzione della Pontificia Commissione dell’Arte Sacra e del Ministero e dei lavori pubblici, il campanile era stato progettato come torre centrale che si innalzava sopra l’ingresso principale della chiesa, al centro della facciata.

Poi, per la necessità di rimanere nei limiti della somma già stanziata dal Ministero dei lavori pubblici e non c’era la possibilità di integrarla, ci fu chiesto di prevedere una costruzione a parte, sempre sul davanti, a pochi metri dal secondo ingresso della chiesa. Fu allora che, essendo state emanate nuove norme riguardanti la barriera architettonica, si dovettero apportare delle modifiche sia alla facciata che alla copertura della chiesa.

Quando tali variazioni furono approvate in maniera definitiva, si mise mano alla costruzione che, pur modificata in alcune sue strutture, mantenne l’aspetto originale nei materiali e nelle linee essenziali, come già realizzate nel teatro: Mattoncini forati rossi per il tamponamento esterno e colonnine in cemento a vista che da terra arrivava fino alla copertura. Per il campanile si cercò di sviluppare il progetto mantenendo le stesse linee essenziali ai quattro angoli del campanile e al centro delle quattro pareti, tamponate esternamente con gli stessi mattoncini rossi.

In ognuna delle pareti ascensionali di ogni lato per rendere più snella la parete stessa e alleggerirne il peso, sono state ricavate delle finestre che aumentano di numero da un piano all’altro, per finire nel pianerottolo con una balaustra, sempre in colonnine di mattoni delle stesse dimensione delle finestre. Si viene così a formare un parapetto che circondava lo spazio-pianerottolo dove, dovrebbero essere posizionate le cinque campane.

Il campanile termina con una copertura a croce, visibile sui quattro lati, formata dal terminale delle colonnine ascensionali che risalgono per tutta l’altezza delle pareti, raggiungendo l’altezza totale di circa 30-32 metri.

Durante lo studio del campanile, pensando al modo di unirlo alla chiesa, è nata l’idea di realizzare un porticato che, partendo dall’ingresso del campanile, allo stesso livello della chiesa, collega il secondo ingresso della chiesa, per attraversare poi tutta la facciata, inquadrando con particolare architettura, l’ingresso principale, e infine, collegarsi all’ingresso laterale a fianco della cappella invernale.

Un secondo pensiero, nato durante lo studio del campanile, è quello della protezione delle pareti in cemento a vista, che con l’andare degli anni sono soggetti a screpolature causate dall’umidità che penetra il cemento e intacca con la ruggine i ferri del cemento armato, cosa già avvenuta in alcune parti costruite negli anni precedenti.

Per evitare di dover ripetere l’operazione protettiva con prodotti chimici che, pur essendo abbastanza efficaci, occorre rinnovare ciclicamente dopo un certo numero di anni, e quindi affrontare sempre nuove e rilevanti spese, era nata l’idea di proteggere tutte queste parti in cemento a vista con un rivestimento marmoreo o pietra del Furlo, che porterebbe risolvere il problema in modo quasi definitivo.

Naturalmente tutto questo avrà bisogno di uno studio approfondito, in quanto, per le varie vicende subentrate, è rimasto solo un progetto a livello di pensiero.

DISPOSIZIONE INTERNA

Dopo una attenta e ponderata riflessione, accompagnate anche da appropriata preghiera, si è giunti alla determinazione di riscoprire l’antica sapienza della Croce latina, che tanta luce ha gettato nell’architettura degli antichi edifici sacri, risultando anche la più idonea nelle svolgimento delle sacre celebrazioni, coinvolgendo anche l’attenzione dei fedeli nel punto centrale nel quale verrà collocato il grande l’altare su cui si rinnoverà il memoriale del sacrificio di Gesù, per mezzo del quale tutto il creato, riconciliato con Dio, rende di nuovo gloria alla Santissima Trinità.”

Quando il sacerdote celebra l’eucarestia rende sempre lode a Dio. Occorre dunque che il sacerdote ami la Gloria del Dio vivente e che, insieme con la comunità dei credenti, proclami la Gloria Divina che risplende nella creazione e nella redenzione” ( Giovanni Paolo II)

Per questo l’altare, maestoso nella sua grandezza(m t. 1x3 a richiamare il mistero della SS. ma Trinità) e nella sua posizione, la più elevata di tutto il presbiterio, viene posta quasi all’incrocio della grande croce di legno lamellare che attraversa col le sue dimensioni, sia in lungo che in largo, tutta la copertura della chiesa.

La stessa croce è riflessa anche sul pavimento a ricordare ai fedeli, che vi sosterranno, che non c’è altra via per la nostra salvezza” che la Croce del nostro Signore Gesù Cristo”.

La luce che scende dall’alto in forma di Croce e che, sul pavimento, con i suoi raggi, si diffonde su tutta l’ampiezza della chiesa, avvolgerà i fedeli unendoli, in un cuore solo e in una anima sola, con Cristo Gesù che, al termine della grande preghiera Eucaristica, canta ”Ogni onore e gloria a te, Dio Padre Onnipotente, per tutti i secoli dei secoli”.

Il fedele che qui vivrà i suoi incontri con Dio sentirà riecheggiare nel profondo del cuore la Parola di Gesù con cui ricorda al dottore della legge il più grande dei suoi comandamenti” Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande ed il primo dei Comandamenti, asse verticale della croce che unisce la terra al cielo e il secondo è simile al primo: ”Amerai il tuo prossimo come te stesso. Asse orizzontale che si distende ed abbraccia tutti i fratelli. (Mt.22,36-40)

Tutti, in vari modi, siamo posti sotto il segno della Croce: Tutti nel cammino della vita, ci incontriamo con quel legno innalzato, con quel corpo martoriato, con quel volto sfigurato di Gesù che porta la Croce salendo il Calvario, per consumare la sua vera Pasqua, il suo sacrificio redentore. Noi cristiani dobbiamo camminare dietro Gesù, seguendo le sue orme, contemplando la croce con amore e abbracciandola con fede e con fiducia, identificando in essa tutte le nostre croci, quelle dei nostri parenti e amici, e quelle di tutti gli uomini, pregando e invocando la luce dall’alto perché ci sia dato uno sguardo semplice e il cuore puro dei bambini, per accettare e offrire tutto a Dio come risposta d’amore, in attesa della piena redenzione dell’anima e del corpo.

Il mistero della Croce, resa luminosa per la morte e resurrezione di Gesù, avvolgerà il fedele assorto in preghiera e contemplazione, attirando il suo sguardo verso la maestosità dell’altare, sul quale si rinnova perennemente il memoriale del sacrificio della nostra redenzione, e sul grande Crocifisso del Guido Reni, posto in alto sul pilastro centrale dietro all’altare, facilitando così l’elevazione dell’anima , unita a Gesù salvatore nel canto di lode e gloria che, per mezzo del sacerdote, sale a Dio, in Cristo, per Cristo e con Cristo.

SIMBOLISMI

Una chiesa non è solo un luogo dove ci si riunisce a pregare, ma anche un luogo che aiuta a pregare, anzi un luogo che da solo diventa preghiera.

Per questo, quando fu deciso di mettere mano ad un progetto concreto, prima di iniziare a tracciare linee e prospetti, si è pensato a ciò che avrebbe dovuto esprimere la struttura che stava per essere realizzata.

Una chiesa non è un semplice edificio, anche se dotata di particolare architettura, ma un corpo dotato di un’anima vivente, una pietra in cui è incarnata una Parola.

Per questo si è pensato ad un aspetto semplicissimo, ma ricco di mistero, con i suoi mosaici, pitture, sculture collocate nel posto giusto per essere espressione chiara, e facilmente leggibile da tutti, come un libro sacro e un catechismo parlante.

Il cemento e i mattoni devono far risuonare nell’animo dei fedeli la presenza di Dio che ha scelto di “IRROMPERE” nella storia del quartiere e porre la sua “TENDA” in mezzo alle case degli uomini, per estendere a tutti l’annuncio del Vangelo e il messaggio di salvezza, che attraverso tanti secoli, è giunto fino ai nostri giorni.

“Io sono la luce del mondo, chi segue me avrà la luce della vita”(Gv.8,12).

Una chiesa, oltre ad essere punto luminoso al centro del quartiere con la sua luminosità, filtrata da grandi e comprensibili simboli, deve avvolgere il popolo in essa adunato e aiutarlo a vivere profondamente e intensamente il mistero ivi celebrato.

Per questo anche le finestre sono state pensate, progettate e posizionate in maniera tale che con la loro espressività richiamassero continuamente il senso del vivere cristiano non solo in chiesa, ma anche nella vita di ogni giorno.

Così, sulla parete verso oriente, è stata progettata una grande vetrata, divisa in sette luci, dove poter porre i simboli dei sette sacramenti, attraverso cui Dio comunica a noi la sua Grazia per sostenerci nel mare tempestoso della vita, per renderci sempre più simili a Lui e far risplendere sempre più quella Sua Immagine infusa in noi nel momento del nostro concepimento e resa splendente nel giorno del Battesimo.

Sulla parete d’ingresso, tanta luminosità, che deve illuminare il cammino della nostra vita all’incontro con il Signore, data dalla luce che filtra attraverso una duplice multipla vetrata che raffigura la parabola delle cinque Vergini sagge (Mat.25,1-13) e i simboli degli Evangelisti (Ap.4,6-7).

Al centro, sopra l’ingresso principale, l’Immagine della Protettrice della parrocchia S. Maria Goretti, leggermente modificata da quella che comunemente la rappresenta con le mani incrociate sul petto nell’atto di stringere il giglio, simbolo della purezza, e la palma, simbolo del martirio.

Infatti la nuova immagine qui rappresentata, mentre con una mano stringe al petto il giglio e la palma, con l’altra sorregge una lampada accesa.

Sulle altre vetrate dovranno essere posizionate le immagini di altre quattro vergini sagge: S. Lucia, S. Teresa di Gesù Bambino, S .Bernadette Soubirous, tutte ricche di amore di Dio e con la lampada accesa in mano.

In alto verranno posizionati i simboli apostolici dei quattro evangelisti: il leone per S. Marco, il vitello per S. Matteo, l’ angelo per S. Luca e l’aquila che vola per S. Giovanni (Ap.4,6-7). La luce necessaria a tutti noi per arrivare alla grande festa del cielo con Cristo, arriva a noi attraverso il Vangelo di Gesù Cristo conosciuto, amato, ascoltato, vissuto.

Sul lato ovest della chiesa, al di sopra del terzo ingresso esterno, si apre un’unica, grande vetrata destinata ad onorare S. Orso, uno dei primi vescovi di Fano, il cui nome è legato a tutta la zona del quartiere per un antico prodigio avvenuto lungo la strada, oggi denominata Via Galilei, all’altezza dei numeri civici 50-60, ricordato da una vecchia lapide, posta sotto una Sacra edicola proprio ai bordi della così detta” Fossa S. Orso.

A completamento di quanto sopra descritto, sono stati ricavati nella parte alta delle pareti laterali, a contatto con la copertura, una serie di luci che dovrebbero contenere una serie di vetrate simboliche, con soggetti biblici, riferiti alle litanie Lauretane, per ricordare tutte le invocazioni che si riferiscono alla Vergine Maria, in particolare l’onnipotenza per Grazia, la sua virtù, i suoi privilegi, la sua bellezza Immacolata, la sua immensa bontà e misericordia, la premura materna per la salvezza della nostra anima.

Nelle finestre sopra la cappella invernale, dove dovrebbe essere sistemata la cantoria con il rispettivo organo a canne, andranno simboli musicali e angeli cantori.

Sulle pareti di fondo, dietro all’altare, in alto nella superficie lasciata appositamente in grigio, verrà realizzato un mosaico, o un dipinto rappresentante un quadro con Gesù e i fanciulli (Mt.19,13-15) con la scritta (cfr. Mt. 18,6) “ chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse legata al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”.

La chiesa e la parrocchia sono state dedicate alla santa martire della Purezza, Maria Goretti che con il suo eroico atto ha lasciato a tutti un forte messaggio per vivere nella purezza, anche in mezzo a un mondo che deride questa virtù e il gesto da lei compiuto.

Il solenne richiamo alla pagina evangelica e l’immagine di Gesù con i fanciulli ci sono apparsi quanto mai opportuni ed inerenti al tema di tutto lo studio architettonico della chiesa, tanto da costituire un perenne insegnamento per la gioventù e le famiglie di tutti i tempi.

Sono state evitate altre proposte di un Cristo troneggiante alto e severo ( simili alle antiche raffigurazioni di Giove tonante, in atto di scagliare fulmini sul mondo) per non suscitare nei fedeli sentimenti di timore, contrastanti con la figura evangelica di Cristo che manifesta sempre l’amore infinito del Padre e la sua bontà misericordiosa verso i peccatori.

A tale proposito, per non dilungare troppo, ricordiamo solo alcune citazioni evangeliche di S. Luca, definito dal sommo poeta italiano come ”Scriba delle mansuetudini di Cristo”. (5,31; 6,36; 6,13; 10,33-37; 13,6-9; 15,4-32; 19,10)

La Pietra angolare

Entrando per la porta principale nella chiesa di S. Maria Goretti, si può notare una PIETRA incastonata sul lato destro interno all’entrata, su cui sono poste due lettere e un numero:

A.D.1992 ( ANNO DOMINI = ANNO DEL SIGNORE 1992)

Viene indicato l’anno in cui la chiesa è stata costruita.

Quella pietra ha un nome speciale, ricco di significati fin dai tempi più antiche del popolo ebraico: si chiama PIETRA ANGOLARE. Al suo interno contiene diversi documenti che riguardano la chiesa stessa.

Si differenzia dal così detta PRIMA PIETRA che si mette all’inizio delle nuove costruzioni, incastonata nel cemento delle fondazioni e che non si vede più se non facendo uno scavo.

Noi, seguendo i riferimenti biblici, abbiamo preferito chiamarla ”pietra angolare” che nella Bibbia ha un significato particolare in riferimento a Dio e, in maniera particolare , a Cristo messia.

L’autore del salmo 118, an versetto 22, dice” La pietra scartata dia costruttori è è divenuta testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”.

Nel testo originale il salmista esprimeva la sua gioia, per la vittoria sui nemici che lo avevano cacciato. Tuttavia il salmo, nella celebrazione ebraica della festa “ delle Capanne” aveva assunto il valore di una liberazione nazionale più che personale.

L’interpretazione rabbinica aveva visto nel salmo un significato Messianico e questo ha offerto a Gesù la possibilità di riferirlo a se stesso. (Mt. 21,42- Mc. 12,10-Lc 20,17)

Gesù disse loro. ”Non avete mai letto nelle scritture: “ La pietra angolare che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri!” Perciò vi dico che vi sarà tolto il regno e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare”.

S. Pietro usa questa frase per spiegare come Gesù, rifiutato dagli Ebrei, è stato scelto da Dio come capo della chiesa (att. 4,11) “ Questo Gesù è la Pietra che, scartata da voi costruttori, è divenuta “ testata d’angolo”.

S. Paolo chiama i Cristiani “ Concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti avendo come “pietra angolare” lo stesso Gesù Cristo (Ef.2,20).

In altri passi del Nuovo Testamento (Rom.9,33 e ? 2,6) si mette in evidenza che questa “ Pietra angolare” per i credenti, diventa fondamento sicuro per la fede dei Cristiani.

Posta così in luogo visibile, all’ingresso principale, essa sta a ricordare a tutti quelli che entrano che la chiesa è il luogo dove si incontra Cristo che è il fondamento della nostra fede e il sostegno di tutta la nostra vita cristiana.

Per questo all’interno di questa “ Pietra angolare” sono stati posti alcuno oggetti che arricchiscono ancora di più il significato della sua presenza.

Essi sono:

1 )PERGAMENA- riproduce la scritta della lapide posta in fondo alla chiesa, a ricordo della dedicazione della medesima a S. Maria Goretti, martire della purezza, le cui sacre reliquie sono state ospitate tre volte in questa Parrocchia a lei dedicata. Nella pergamena sono riportati i nomi, delle autorità civili e religiose del momento, i progettisti, sono riportate tutte le firme dei fedeli che hanno partecipato alla sacra cerimonia della posizione in loco della “ Pietra angolare”

2) Una CASSETTA con la registrazione della vita di s. Maria Goretti, per ricordare ai posteri, l’eroico martirio subito per difendere la sua verginità e l’ancor più eroico gesto del Perdono concesso ad Alessandro, suo uccisore, prima di morire che-secondo le parole del Papa pio XII- rese ancor più splendente l’aureola della sua santità.

3) VASETTO con il SALE del Mar Morto, per ricordare ad ogni cristiano di conservare sempre il “ sapore” della propria vita cristiana, per poi saperlo comunicare ad altri, con la testimonianza della propria fede, come il sale che trasmette il suo sapore.

4) VASETTO con un SASSO riportato dalla TERRA SANTA, dal luogo dove Gesù diede a Pietro il Primato (Gv.21, 15-18) esortando ad essere guida dei suoi fratelli apostoli e dei suoi discepoli (agnelli e pecorelle). Così il Cristiano deve sempre accogliere e seguire gli insegnamenti del Papa, successore di S. Pietro.

5) VASETTO con ACQUA DEL GIORDANO per ricordare il battesimo di Gesù e il nostro battesimo con cui siamo diventati fratelli di Gesù, figli dello stesso Padre, templi vivi dello Spirito Santo e membri della chiesa.

6) VASETTO con monete italiane e vaticane, per ricordare con documenti concreti l’anno della dedicazione e il nome del pontefice del tempo.

 

N.B. Sarebbe opportuno mettere accanto alla Pietra Angolare una targhetta col nome di tutti gli oggetti contenuti al suo interno

LA PROTETTRICE DELLA PARROCCHIA

Perché S. Maria Goretti?

E’ la domanda che molti in questi anni mi hanno rivolto, specialmente coloro che venivano ad abitare in questo quartiere che tutti conoscevano col nome di “ S. Orso”

Prima che il quartiere diventasse così popoloso, esistevano solo poche decine di famiglie, oltre quelle che da sempre abitavano e lavoravano in questa ampia zona di campagna che dalla ferrovia si estendeva, lungo il canale Albani, fino alla zona denominata “Via Chiaruccia”, che non era una strada, ma una diversa zona di campagna, che arrivava fino ai caseggiati di Bellocchi. Molti dei primi arrivati a S. Orso, avevano conosciuto la via dell’emigrazione in Germania, in Francia, in Belgio o in Lussemburgo. Tornando con qualche piccolo risparmio, frutto veramente di tanti sacrifici, trovarono vantaggioso acquistare qui, a pochi passi dalla città, piccoli lotti di terreno dove piano, piano, nei periodi delle ferie, o dopo il lavoro nei giorni lunghi dell’estate, si costruivano la loro casa.

Alcuni si fecero anche piccoli imprenditori e, sfruttando il momento favorevole per la rilevante richiesta di case e per la mancanza di un vero piano regolatore del Comune di Fano si erano messi a costruire in economia case su case, che poi rivendevano, a buon prezzo, ai primi richiedenti.

Punto di riferimento di allora era la piccola chiesetta di Villa Cinti, caratteristica per la sua costruzione antica, che ben presto con la disponibilità della famiglia Cinti, divenne centro liturgico e catechistico per la famiglia della zona. La prima attività, oltre la celebrazione della Santa Messa, fu quella catechistica che ci ha permesso di avvicinare tutte le famiglie che ogni anno andavano crescendo. Erano gli anni 1965-70.

Vedendo questo aumento costante e non potendo soddisfare tutte le esigenze pastorali per la mancanza di spazi necessari, nonostante la collaborazione della gente, che con disponibilità davvero lodevole, metteva a disposizione la propria casa per le varie necessità, di comune accordo con il Parroco di S. Leonardo, Mons. Achille Sanchioni, da cui dipendeva allora anche la zona di S. Orso e di via Chiaruccia, fu presa la decisione di proporre al Vescovo Mons. Costanzo Micci, che da poco era venuto ad alleviare le fatiche dell’anziano Vescovo Mons. Vincenzo del Signore, più che ottantenne, di erigere sul luogo una nuova parrocchia.

Dopo qualche giorno, e dopo aver chiesto le opportune informazioni ad altri sacerdoti della città, il Vescovo ci chiama e manifesta la volontà di costituire una nuova Parrocchia in questo quartiere di S. Orso, incaricandoci di individuare il terreno su cui costruirla e scegliere il Santo a cui dedicarla.

Avendo rivolto da qualche anno la nostra attenzione soprattutto ai ragazzi e ai giovani, ci è venuta l’ispirazione di trovare come nostra titolare della nuova parrocchia, un Santo o una Santa vicina al mondo dei giovani, che fosse per loro un vero esempio e uno stimolo per un maggiore impegno di vita cristiana.

I due nomi che attirarono la nostra attenzione furono:

San Domenico Savio, ragazzo cresciuto velocemente nella santità sotto la guida di S. Giovanni Bosco, e Santa Maria Goretti, martire della purezza, nata a Corinaldo il 16 ottobre 1890, morta a Nettuno il 6 Luglio 1902 e canonizzata a Roma, da Papa Pio XII, il 24 giugno 1950, durante l’anno santo, alla presenza di oltre 500 mila persone, in gran parte giovani venuti da ogni parte del mondo.

Sentito il parere di numerose persone della zona, specialmente dei genitori dei fanciulli del catechismo, i due nomi furono presentati al Vescovo Mons. Costanzo Micci, il quale, dopo solo qualche attimo di riflessione, decise gioiosamente per S. Maria Goretti, sia perché nostra conterranea, essendo nata a Corinaldo, sia soprattutto perché il suo esempio sarebbe stato un grande modello di vita per tutta la nostra gioventù.

Da quel giorno si cominciò a parlare di Lei il tutte le occasioni, a diffondere la sua immagine per farla conoscere. Amarla, pregarla, e affidare a lei le nostre persone, le nostre famiglie, soprattutto i nostri ragazzi e i nostri giovani.

Sono stati organizzati quasi subito pellegrinaggi a Corinaldo per visitare la casetta dove Lei è nata e per venerare l’insigne reliquia (ulna dell’avambraccio destro) conservata inizialmente nella cripta della chiesa della Madonna addolorata, insieme alla tomba di mamma Assunta, e ora trasferita ed esposta alla venerazione dei fedeli nel grande santuario a lei dedicato al centro del paese di Corinaldo. Nello stesso tempio fu trasferita anche la salma di mamma Assunta, dove venne sepolto anche Alessandro Serenelli, l’uccisore di S.Maria Goretti, dopo la morte avvenuta il 6/5/1970.

Poco dopo sono stati fatti pellegrinaggi anche a Nettuno, dove si conservano le sue spoglie, nella cripta del santuario della Madonna delle Grazie, affidata dalla mamma Assunta alla custodia e alla venerazione dei Padri Passsionisti, che avevano seguito l’iter della canonizzazione.

Naturalmente i nostri viaggi a Nettuno passavano anche a Le Ferriere, a circa 12 km da Nettuno dove si trova la casa del martirio, avvenuto nelle prime ore del pomeriggio del 5 Luglio 1902.

L’ amore e la devozione a S. Maria Goretti andarono crescendo sempre più di anno in anno, tanto che si manifestò il desiderio di poter acquistare, il più presto possibile, una statua della Martire della purezza.

Nell’attesa di realizzare questo desiderio fu incaricato un giovane pittore della parrocchia di realizzare un quadro raffigurante la santa, che per diversi anni fu esposto nella sala multi uso, che per circa 20 anni fu usata anche come chiesa.

Ora il quadro suddetto si trova dietro il palcoscenico del teatro “Luce” della parrocchia di S.Maria Goretti.

CAPPELLA INVERNALE O FERIALE

SIRACIDE (43,12)

“Osserva l’arcobaleno e benedici Colui che l’ha fatto, è bellissimo nel suo splendore. Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, l’hanno teso le mani dell’Altissimo”.

Nella cappella invernale o feriale, non ci sono finestre, e la luce che vi si diffonde è quella che riempie la grande aula dove si raduna il popolo di Dio, per incontrare il Signore della gloria, il Signore della luce. Sulla parete esterna della cappella però, sono state ricavate sette croci, espressione anch’essa dei sette segni sacramentali della grande vetrata. Il loro simbolismo qui è espresso dalla colorazione dei vetri, che corrispondono al significato e all’effetto dei singoli Sacramenti.

Il viola, colore penitenziale, ricorda il Battesimo che ci purifica dal Peccato originale-

Il Violetto, indicante ancora la penitenza o Confessione, è il sacramento che ci ridona la Grazia perduta con i peccati personali.

Il celeste, indica l’Unzione dei malati, che prepara le Anime all’ingresso nel Regno dei cieli.

Il verde-simbolo di vitalità-indica l’Eucarestia, Pane della vita, per il nutrimento delle anime.

Il giallo, richiama l’oro delle fedi del matrimonio sacramento che santifica l’amore tra l’uomo e la donna, espressione dell’amore di Dio per l’umanità.

L’arancione, ricorda la cresima che, con l’effusione dello spirito e dei suoi sette doni, rende l’uomo testimone dell’amore di Dio nel mondo.

Il rosso, riferito all’Ordine sacro che con la potenza dello spirito consacra vescovi, sacerdoti, diaconi comunicando loro gli stessi poteri di Cristo Redentore, unico e sommo sacerdote, per la santificazione dei fedeli e la loro salvezza.

Questa serie di doni, sorgenti di Grazia, scaturiti dall’amore infinito di Dio per la salvezza dell’umanità, erano già presenti profeticamente nell’antica alleanza che Dio ha stabilito con Noè dopo il diluvio universale.

Noè offre un sacrificio di ringraziamento che Dio gradisce e ricambia con le sue benedizioni, facendo apparire nel cielo il segno dell’arcobaleno: “Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno della alleanza tra me e la terra“. (Gen.9,13)

La disposizione dei colori delle sette croci segue l’ordine dei sette colori dell’arcobaleno. Al centro l’Eucarestia da cui scaturiscono da una parte i sacramenti della purificazione personale ( Battesimo, Penitenza, Unzione dei malati) e dall’atra quelli di carattere sociale che, con la ricchezza dell’amore di Dio, trasformano chi li riceve ( Matrimonio, Cresima, Ordine) rendendo atti a trasmettere la vita fisica e spirituale, in nome e con l’autorità di Dio stesso. “A quanti però l’hanno accolto ho dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv .1,12).

La cappella invernale è stata dedicata al Sacro Cuore di Gesù per l’assistenza avuta nel lungo “iter burocratico che si è dovuto pazientemente sopportare per arrivare all’approvazione della parrocchia,, del progetto e per ottenere i contributi per la costruzione del nuovo centro parrocchiale, dedicato alla santa marchigiana martire della purezza, S. Maria Goretti.

PERCHE’ AL SACRO CUORE DI GESU’?

L’approvazione del titolo e dell’ente parrocchiale dopo varie vicende si concluse nel novembre del 1968 con la firma del decreto da parte dell’allora presidente della Repubblica ON. Giuseppe Saragat.

Il progetto è partito prima della revisione del concordato, quando tutto era ancora sotto la direzione del Ministero dell’interno e del Ministero dei lavori pubblici. I relativi contributi per la costruzione e i vari controlli erano sotto la direzione del Genio civile di Pesaro.

Per giungere all’inizio dei lavori del primo stralcio del complesso parrocchiale ( abitazione Parroco e opere pastorali) sono stati necessari numerosissimi viaggi in treno partendo da Fano verso la mezzanotte per giungere a Roma -Termini alle prime luci del giorno. Essendo gli uffici raggiungibili verso le ore 9 mi recavo sempre nella chiesa dei salesiani, presso la stazione termini, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, al quale -nella celebrazione della santa messa- affidavo sempre l’opera che stava per realizzarsi nel quartiere di San’Orso.

Anche se ci sono voluti dei mesi per avere le necessarie autorizzazioni tutto pian piano è andato a buon fine senza grandi difficoltà. E in diversi interventi si è riusciti a realizzare la sala pluriuso che, per oltre venti anni, è servita anche da Chiesa ,le aule catechistiche, gli uffici parrocchiali e, al primo piano, l’abitazione del Parroco. Nel seminterrato sono stati ricavati ampi saloni quali luoghi di aggregazione e ricreazione per giovani, ragazzi , e famiglie intere.

In un quartiere che andava, di anno in anno crescendo di numero con famiglie provenienti da varie zone della regione e dell’Italia e con il ritorno di tanti dalle zone di emigrazione, che qui, con enormi sacrifici, avevano costruito la loro casa e trovato un posto di lavoro, tutto questo è sembrato un grande dono del Cuore di Gesù per fare incontrare, conoscere ed unire persone e famiglie con provenienza, estrazione sociale e culturale distanti tra loro. E’ in questi anni che il quartiere pur formato da tante diversità, ha cominciato a costruire la sua unità attorno al nuovo centro parrocchiale che, nonostante la sua limitatezza poteva già offrire, oltre i vari servizi religiosi, anche ampi spazi per incontrarsi e vivere il tempo libero in serenità, gioia e fraternità.

Quando poi, dopo la revisione del concordato, gli uffici dell’arte sacra sono stati trasferiti dal palazzo della cancelleria alla sede della C.E.I. (Conferenza Episcopale italiana) nel piazzale Irnerio, la mia attesa per l’apertura degli uffici si è trasferita nella basilica di S. Pietro, dove facilmente potevo recarmi con il tram dalla stazione Termini.

La prima volta che mi recai nella sacrestia di San Pietro, dopo la richiesta sulla mia provenienza e le motivazioni della mia presenza a Roma, mi fu concesso di celebrare la Santa messa. Il chierichetto che mi accompagnava senza mia richiesta, mi porta in un altare poco lontano dalla cappella dedicata a San Giuseppe. Alzando gli occhi all’immagine per la riverenza iniziale, con mia grande sorpresa e meraviglia vi trovo il quadro del Sacro Cuore di Gesù, rappresentante la sua apparizione a Santa Margherita Maria Alacoque.

La celebrazione ebbe un’intensità commovente non comune, e, quando mi accorsi che attorno a me si era formato un gruppo di persone che partecipavano alla mia Messa, alzai lo sguardo al Sacro Cuore affidandogli ancora tutta l’opera che si stava realizzando a Sant’Orso, con la promessa di onorare l’immagine del S. Cuore nella cappella invernale della nuova chiesa.

Qualche tempo dopo, trovandomi nella libreria S. Paolo di Fano, insieme ad altre persone, improvvisamente la commessa mi dice: - Don Luigi, c’è questa signora che le vuole fare un regalo- indicandomi la signora che aveva in mano un involucro abbastanza voluminoso. Lo posa sul tavolo, me lo apre e, con mia grande sorpresa, mi mostra una bellissima immagine di del Sacro Cuore di Gesù ( cm. 80x60) in forma ovale con cornice dorata e mi dice:- L’avevo acquistato per il mio parroco, ma lui non l’ha voluto …. Se le piace è suo!-. Ho ringraziato molto quella signora e l’ho portato a casa con tanta gioia, perché potevo realizzare la mia promessa. Pochi giorni dopo l’immagine veniva benedetta ed offerta alla venerazione dei fedeli, nel salone pluriuso che ancora ci serviva da chiesa.

Quando nel giugno del 1992 ci siamo trasferiti nella nuova chiesa quell’immagine del Sacro Cuore di Gesù trovò una più degna sistemazione nella cappella invernale che veniva dedicata proprio al Sacro Cuore di Gesù, in segno di gratitudine per l’assistenza ricevuta nella realizzazione dell’intero complesso parrocchiale, che, sebbene ancora bisognoso di qualche completamento, si presenta nel suo aspetto definitivo completo di spazi interni ed esterni.

In questa cappella fu consacrato, onorato e venerato fino al 2003, quando, per l’improvvisa decisione dell’allora nostro Vescovo Mons. Vittorio Tommasetti, io sono stato trasferito nella nuova chiesa di Rosciano e il quadro finì in un ripostiglio polveroso. Ma una mano devota riuscì a recuperarlo e ora si trova nel mio piccolo studio di Rosciano, e attende solo una sistemazione onorifica per ritornare nella chiesa di S. Maria Goretti.

VETRATE : NUOVA E ANTICA ALLEANZA

Alle due estremità del braccio orizzontale della croce sono collocati due luoghi sacri: sulla destra di chi entra il BATTISTERO, e , alla sinistra, la CAPPELLA INVERNALE . O FERIALE.

Il Battistero è incastonato in una parete tutta vetro, con sette finestre in “Dallas”, che simbolicamente rappresentano i sette sacramenti, i cui simboli sono posti in quest’ordine:

In basso a sinistra, il BATTESIMO, raffigurato da una sorgente d’acqua zampillante.

Sempre in basso, a destra, la PENITENZA o confessione, raffigurata da una stola violacea e una mano benedicente che assolve.

In alto, al centro, l’ EUCARESTIA, con un calice e un’ostia, inseriti in un fondo di luce, fonte e culmine della vita della Chiesa e dei Cristiani.

Accanto i sacramenti della vita: L’ORDINE SACRO, per la trasmissione della vita soprannaturale con l’Imposizione delle mani e il libro sacro,

e il MATRIMONIO cristiano, con anelli sormontati dalla grande croce, per la trasmissione della vita fisica e spirituale. All’estrema sinistra, il sacramento della pienezza della vita cristiana,

la CRESIMA, con lo spirito santo( colomba) e le fiammelle dei sette doni ,

e, all’estrema destra, a conclusione di una costante fedeltà alla vita cristiana,

l’UNZIONE DEGLI INFERMI, con l’ampolla dell’olio santo o degli infermi che prepara all’incontro con Cristo Redentore e, con Lui all’ingresso nel Regno di Dio a prendere possesso di quel posto preparato dall’amore del Padre per l’eternità.

Tutti i simboli sono inseriti su uno sfondo di un mare in tempesta che si apre in basso con l’onda dell’acqua Battesimale per lasciare passare il nuovo popolo dei salvati verso la Terra Promessa nel Regno dei cieli.

Al centro della parete, ancora incompleta, è progettato un luminoso mosaico rappresentante il passaggio del Mar Rosso, come continuazione del fondo della vetrata. Al centro verrà collocato il Fonte Battesimale, fonte della vita, arca di salvezza per l’umanità:” chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo” (Mc.16,16) Come Mosè, deposto dalla madre in un cestello nelle acque del Nilo, per la Provvidenza di Dio era stato tirato fuori dall’acqua e portato dalla morte alla vita, così Egli stesso, salvato poteva condurre gli altri alla salvezza attraverso il Mar Rosso, dalla schiavitù alla libertà, così Gesù nel Battesimo ci tira verso di sé, nella vita vera, attraverso il mar della storia, spesso così oscuro, nelle cui confusioni, non di rado, siamo minacciati di sprofondare. Gesù, dopo averci purificati ci prende per mano, ci guida sulla via che passa attraverso la tempesta di questo nostro tempo per condurci nella vita duratura, quella vera e giusta che non avrà mai fine.

LE STATUE

La statua di Santa Maria Goretti è opera dello studio di sculture in legno ”Santifaller” di Ortisei (Bz) in Val Gardena. Rappresenta la fanciulla Maria Goretti in veste rustica di Contadinella con il volto rassomigliante all’immagine ufficiale della Santa Martire della purezza, esposta sulla facciata di San Pietro nel giorno della sua canonizzazione, il 24 Giugno1950.

Ha le braccia incrociate sul petto nell’atto di stringere sul cuore un giglio, simbolo della purezza , e un ramo di palma, simbolo del martirio. E’ stata trattata con una pittura trasparente, per lasciare intravvedere i segni dello scalpello sul legno.

Contemporaneamente fu deciso di commissionare allo stesso studio “Santifaller” la statua della Madonna (Maria di Nazaret) Anch’essa scolpita a mano dallo stesso scultore Santifaller è in legno trattato con colore chiaro, ugualmente trasparente, con rifiniture della veste in oro, una Corona del Rosario alla cintura, un ciondolo d’oro al petto. E’ stata fatta scolpire per essere collocata in una posizione particolare all’interno del presbiterio, tra l’Altare e il Battistero.

Nel Sacramento del Battesimo, quando nascono alla Grazia i figli di Dio, non è assente la madre. La Chiesa nello spirito rigenera gli uomini a Dio, e Maria diviene la Madre di ciascun battezzato. Infatti nella vita terrena la Vergine “ ha cooperato nella carità alla nascita dei fedeli nella chiesa”(S. Agostino) ed è stata dichiarata da Gesù” Madre dei discepoli” rappresentati da Giovanni (Gv.19,25-26).

Ora che si trova in cielo, esercita questa sua missione materna cooperando “ con amore di Madre …. Alla rigenerazione e formazione dei fedeli” (Conc. Vat.II, L.G. 63) Si tratta di un intervento della Vergine nell’atto stesso del Battesimo, con il quale gli uomini vengono rigenerati alla vita nuova in Cristo. Maria è presente in modo attivo e materno al fonte battesimale, dove diventiamo figli di Dio e, insieme, figli di Maria e della chiesa.

La sua mano sinistra è leggermente più in basso, tesa verso il battistero in atteggiamento di accogliere i figli di Dio appena nati nel Battesimo e invitarli, con la mano destra tesa in alto a camminare verso l’altare, per salire poi con Lui alla gloria del cielo L’atteggiamento di Maria vuole essere quello da Lei assunto alle nozze di Cana (Gv. 2,1-11) quando disse ai servi” Fate quello che vi dirà”.

L’espressione del volto di questa Immagine, rivolta leggermente in basso, piena di serenità e dolcezza, è stato tratto dal volto della Pietà di Michelangelo, nella prima cappella a destra della basilica di San Pietro, in Roma.

Fu pensata accanto al Battistero perché, anche umanamente parlando, la madre è la persona più vicina al Figlio che nasce, ma anche vicino all’altare, perché proprio accanto all’altare della croce Maria ebbe da Gesù stesso il compito di prendersi cura dei suoi fratelli per difenderli dal male, farli crescere nella fede e nell’amore, e guidarli con la su materna protezione, al raggiungimento della salvezza eterna.

Con questa immagine e con tanta fiducia in Maria, a cui fin dall’inizio abbiamo affidato la nuova Parrocchia con tante difficoltà e necessità, dall’inizio fino al 2002 abbiamo concluso ogni anno il mese Mariano, facendo un lungo pellegrinaggio percorrendo tutte le vie del quartiere. Pregando e cantando per circa due settimane ci veniva offerta l’occasione di meditare sulle verità del Vangelo, sui documenti del S. Padre e su altri argomenti che le circostanze ci offrivano.

Passando davanti ad ogni casa certamente Maria deve aver bussato forte a tutti i cuori, anche a quelli più duri e lontani, perché, con tanta meraviglia, si vedevano non solo case illuminate e strade piene di fiori, ma soprattutto crescere il numero delle persone che partecipavano al S. Rosario, ai canti e alle preghiere con atteggiamento di compostezza e di intenso raccoglimento.

Ogni anno era quasi una particolare missione Mariana nella quale si spandeva la luce di Dio nelle coscienze e nei cuori di tutti i fedeli del quartiere, che ogni anno si estendeva accogliendo nuove famiglie.

Così, oltre alla visita delle famiglie per la Benedizione Pasquale durante il tempo quaresimale, da parte di noi sacerdoti e altri collaboratori, alla fine di Maggio si concludeva il tempo pasquale con Maria che, con la sua Immagine, passava di casa in casa per portare la sua Benedizione, per distribuire le sue grazie, per confortare i cuori afflitti dalle varie amarezze della vita, ma anche per invitare tutti a venire insieme nella casa di Dio che si stava realizzando al centro del quartiere.

LE SCRITTE

E’ stato detto da qualcuno che la Chiesa oltre, ad essere un luogo dove si riunisce l’assemblea dei fedeli, per le celebrazioni sacre, è anche luogo che, con le sue strutture architettoniche e il suo arredamento, prega e istruisce i fedeli, quasi fosse una catechesi vivente e perenne. Per questo nei punti dove maggiormente si rivolgono gli sguardi e si posano gli occhi dei fedeli, sono state poste “frasi” come stimolo continuo alla riflessione per crescere nella fede, nella fiducia, nella speranza e nell’amore verso Dio e verso i fratelli. Inoltre perché il fedele si sentisse spinto ad assumersi un più forte e generoso impegno per rendere più vera, più sentita, più fruttuosa la propria vita cristiana.

Così, sotto il Tabernacolo è stato scritto ”SONO CON VOI PER SEMPRE” presa dal vangelo di Matteo, dalle parole dette da Gesù agli apostoli prima dell’Ascensione “Ecco Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Mt. 28,20)

Sul lato dell’altare rivolto al popolo le ultime parole dette da Gesù nel momento della istituzione dell’Eucarestia: ”FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME” (lc.22,19). Nella sua passione e morte Gesù offriva al Padre la propria vita come supremo atto d’amore per la salvezza dell’umanità e per ridare al Padre quella gloria che aveva prima del peccato originale. Con queste ultime parole, oltre al comando di rinnovare continuamente il memoriale del suo sacrificio, esorta tutti anche ad imitare il suo gesto di immolazione per salvare gli uomini e glorificare di nuovo il Padre. Nella suddetta frase è quindi implicito l’invito rivolto a tutti i fedeli di “spendere” la propria vita per contribuire alla salvezza dei fratelli e alla glorificazione di Dio.

Sotto l’immagine di Maria è stata posta la scritta, presa dal discorso di Gesù nell’ultima cena: ”RIMANETE NEL MIO AMORE”(GV.15,9-12) è l’invito rivolto dalla Madonna ai suoi figli, perché fuggissero la devastazione del peccato e rimanessero uniti a Lei e, per mezzo suo, restassero uniti al Figlio, nell’amore dello Spirito Santo.

Sotto l’immagine di Maria Goretti è scritto: “ABBIATE IL TIMOR DI DIO”. Lo sapeva bene lei che il timore di Dio è uno di quei doni dello Spirito Santo che sostiene l’animo nel momento della tentazione, per superare il pericolo del peccato. Il suo esempio diventa così un invito continuo a tenere lontano il peccato per non offendere Dio non tanto per paura dei castighi, quanto piuttosto per un amore più vero, più intenso, più profondo e totale verso Dio creatore e Salvatore, che ci sostiene nella lotta contro il male, fino all’eroico sacrificio della vita.

UNA PROCESSIONE LUNGA 15 GIORNI

La nascita di una parrocchia non avviene in un momento, specialmente nei quartieri moderni, dove la gente arriva da tutte le parti, lontane tra loro. Si potrebbe quasi dire dai quattro punti cardinali, con usanze, abitudini, linguaggi e mentalità diverse, con forti richiami a ritornare spesso sul luogo delle proprie origini, per incontrare gli amici, ritrovarsi coi parenti e per rivedere i luoghi della propria infanzia.

Unificare le menti e i cuori attorno ad una nuova realtà in cui, per vari motivi, ci si è inseriti, non è facile,

sia per le singole famiglie sia perché, per volontà di Dio, è venuto a trovarsi inserito in quei luoghi per prendersi la cura spirituale dei nuovi arrivati.

E’ naturale quindi che di iniziative se ne inventano e se ne mettono in atto il più possibile, sia dal punto di vista spirituale, come quello di ordine temporale e ricreativo, di cui si parlerà in un diverso capitolo.

Qui vogliamo ricordare in maniera particolare il mese di Maggio, il mese Mariano in una nuova parrocchia con ambienti di fortuna, utilizzati provvisoriamente, come aule catechistiche o come luoghi per vivere in sana allegria certi momenti della vita, nelle varie circostanze dell’anno sociale.

Ciò che fin dall’inizio ci è stato a cuore erano iniziative che avevano lo scopo di far conoscere, a chi già era presente nel quartiere, che in mezzo alle loro case stava pulsando un nuovo cuore che intendeva far giungere a tutti un’aria nuova che invitava tutti a vivere insieme vari momenti della vita cristiana, attorno a Colei che ci aveva fatto il dono più grande, accettando di essere Madre di Gesù che, dopo averci salvati singolarmente, ci avrebbe fatti vivere in armonia, dentro una grande famiglia chiamata Parrocchia.

L’iniziativa più forte ed efficace che ci è venuta in mente fu quella di approfittare del mese Mariano per invitare grandi e piccoli a questo tradizionale momento di fede e di preghiera alla Santa Vergine, ancora molto sentito dagli abitanti dei paesi. Inizialmente c’è stata una presenza assai limitata di persone tra anziani e ragazzi.

Convinti che, prima o poi, Maria sarebbe stata capace di attirare a sé tutti i suoi figli.

La Provvidenza ci aveva aiutati ad avere una bella immagine di Maria, che, col suo dolce sguardo, invitava alla preghiera.

Ci è stato suggerito di portare fuori della chiesa quell’immagine della nostra Madre Celeste e passare di via in via, quasi di casa in casa. Lei conosceva già tutti i suoi figli di questa nuova parrocchia, perché fin dal primo giorno l’avevamo a Lei consacrata. Poi Lei aveva avuto proprio dal suo Figlio, morente in Croce, il compito di avere cura di questi figli di Dio. Lei certamente sarebbe stata contenta di visitarli uno ad uno e benedire tutte le loro famiglie.

Fu questa una celeste ispirazione, perché in poco tempo ci siamo organizzati, per portare l’immagine di Maria in tutte le strade del quartiere, pregando con il rosario in mano e cantando le lodi a Maria, con tutta la voce che avevamo in petto, diffusa per tutto il quartiere da potenti altoparlanti che facevano echeggiare, per tutte le vie, preghiere e canti.

E’ stato, come si suol dire, come una manna dal cielo, e se i primi anni bastavano solo pochi giorni per visitare con Maria tutte le poche vie ancora abitate, poi dopo alcuni anni con l’aumento della popolazione e, quindi, anche di case e di strade, ci occorrevano una decina di giorni, perché tutti desideravano quella visita di Maria.

Insieme alle cinquanta “Ave Maria” e ai canti giungevano in tutte le case le parole e i commenti di ogni mistero, e al termine del Rosario e delle Litanie, sempre, cantate, veniva rivolta qualche esortazione per la vita cristiana, prese dai documenti del concilio e dalle encicliche degli ultimi pontefici.

Le vie crescevano, ma aumentava anche la partecipazione della gente di tutta la città.

Si illuminavano le vie, le strade si arricchivano di scritte e di cuori, in onore di Maria, con petali di rose o altri fiori.

Ma soprattutto cresceva nei cuori l’amore a Maria e a suo figlio Gesù, che si manifestavano poi in una sempre più numerosa presenza e attenta partecipazione alle celebrazioni domenicali e festive.

Da queste righe è doveroso rinnovare la nostra viva gratitudine a quelle persone che, che, ogni sera, provvedevano al trasporto della sacra Immagine di Maria, su un carrettino, appositamente costruito e ben addobbato, su cui oltre all’immagine e a tanti fiori, trovava posto.

L’ impianto degli altoparlanti, compreso l’amplificatore e la relativa batteria che gentilmente ci veniva offerta per tutte le sere dalla ditta “ Batterie Genga e Galdelli”.

La gratitudine sincera va anche a tutte quelle famiglie che ogni sera, e per tanti anni, aprivano la loro casa per ospitare l’Immagine di Maria, in una sala, ben preparata ed addobbata dove la gente del vicinato, poteva sostare in preghiera e dove -per le persone anziane impossibilitate a seguire di sera la processione- ogni pomeriggio si recitava ancora il santo Rosario e veniva celebrata la S. Messa.

Molte persone ricordano ancora con nostalgia quelle sere di fervente preghiera che riscaldavano i cuori e illuminavano le menti, facendo crescere la fede, testimoniata poi apertamente e con gioia, davanti a tutti coloro che ogni sera aumentavano di numero e di rapporti fraterni.

Ascoltando ancora quei ricordi da parte di tante persone che hanno vissuto quelle lunghe peregrinazioni di Maria in mezzo ai suoi figli e con i suoi figli nasce il bisogno di dire ancora: Grazie, Signore, per averci suggerito quei momenti di incontri fraterni, di preghiera, di ascolto dei Tuoi divini insegnamenti. Ti preghiamo ancora, con fervida fede, che quei doni di Grazia restino vivi nei cuori di tutti e portino frutti di bene in tutte le famiglie della grande Parrocchia di S. Maria Goretti in S. Orso. Amen!

Il circolo A.C.L.I.” S. Orso”

iL TEMPO LIBERO

Il circolo A.C.L.I. “s. Orso” nasce il 19 maggio 1973, appena pochi anni dopo l’istituzione della Parrocchia di S. Maria Goretti che ufficialmente ha iniziato la sua vita giuridica il 1° Gennaio 1969, anche se l’approvazione da parte Ministro dell’interno e la firma del Presidente della Repubblica risalgono alla fine di Novembre 1968.

Poco dopo l’inizio della vita parrocchiale un gruppo di uomini e alcune famiglie hanno presentato la necessità di avere, accanto ai luoghi liturgici e catechistici, un luogo di aggregazione per il tempo libero, non solo per i ragazzi ma anche per gli adulti e le famiglie.

In un primo tempo si era pensato ad un centro oratoriale per i ragazzi sul tipo di quelli “inventati” da S. Giovanni Bosco per i ragazzi di Torino e che, ancora oggi, svolgono tante attività catechistiche e pastorali in molte città e paesi d’Italia. Poi ci si è accorti che tutto questo non risolveva la pastorale del tempo libero desiderata dagli adulti e dalle famiglie. Da qui, dopo aver interpellato il Vescovo di allora Mons. Costanzo Micci, fu deciso di aprire un Circolo A.C.L.I. con delle varianti allo statuto.

Infatti, essendo i circoli, già allora, diffusi anche nella nostra provincia, luoghi di aggregazione riservata agli uomini e giovani del mondo del lavoro (A.C.L.I.= Associazione Cristiana Lavoratori Italiani) non avrebbero risolto il problema delle famiglie e dei ragazzi.

Fu allora che si decise di aprire un circolo A.C.L.I. dedicato al S. Vescovo Orso, protettore di tutta la zona, con la specifica variante aperto a tutte le famiglie del quartiere. Fin dalla sua istituzione padri, madri, e figli hanno cominciato a frequentare il circolo, partecipando a tutte le iniziative, come membri tesserati a tutti gli effetti.

Tutto questo, approvato e benedetto dal Vescovo Mons. Costanzo Micci e da Mons. Achille Sanchioni, allora assistente diocesano delle A.C.L.I., piacque molto anche alla direzione provinciale che, dopo alcuni incontri nella nostra sede approvò e fece propria l’iniziativa allo scopo di diffonderla in altri circoli della provincia.

Il circolo A.C.L.I. “s. Orso”, per questo motivo, entrò a far parte attiva della pastorale del tempo libero a nome di tutta la parrocchia, svolgendo le proprie attività nel campo della cultura, specialmente sotto l’aspetto sociale, nello sport, nel turismo e nel teatro, mantenendo sempre un volto cristiano all’interno delle singole attività. Anche nei viaggi turistici si univa sempre il sacro al dilettevole, per cui ogni viaggio offriva sempre nella mattinata una sosta in un santuario o chiesa particolare e poi, nel pomeriggi visita a luoghi artistici od archeologici.

Per questo motivo, fin dalla fondazione, il circolo riscosse popolarità ed adesione tra gli abitanti di S. Orso e altre zone della città e fuori, al punto che si dovettero sistemare anche altri locali per le varie necessità, finché nel 1978 si stabilì nell’attuale seminterrato, ristrutturato e ampliato nel 1992.

Con la collaborazione degli iscritti al Circolo si è giunti anche alla definitiva sistemazione di un ampio salone posto sotto la chiesa edificato negli anni 1990-92.

Questi locali sistemati in accordo con la parrocchia, oltre ad arricchire il centro parrocchiale, hanno dato la possibilità, sia alle A.C.L.I. come alla pastorale parrocchiale, di poter svolgere tante altre manifestazioni e attività che hanno visto l’affluenza di tante persone e di famiglie intere, per giornate di riflessione, di ritiri spirituali e di incontri di socializzazione e distensivi.

Sarebbe veramente lungo elencare tutte le iniziative, nate e realizzate sia dap arte del circolo come della pastorale parrocchiale, con a finalità di coinvolgere tutti gli abitanti del quartiere per farne un’unica grande famiglia, con un cuor solo ed un’anima sola.

Dopo gli anni 1980, con la lottizzazione PEEP del quartiere S. Orso si ebbe una seconda grande espansione demografica che ha raddoppiato il numero delle presenze ed è tutt’ora in fase di sviluppo. Per questa motivazione il consiglio direttivo delle A.C.L.I. si è impegnato a trovare sempre nuovi interessi e forme di socializzazione, insieme a tante persone sempre disposte a collaborare e accogliere i nuovi arrivati, per aumentare il numero degli iscritti e il prestigio del circolo.

Anche da queste pagine si lancia un forte invito a partecipare alle varie iniziative, perché, fin dal suo nascere, il Circolo A.C.L.I. “S. Orso” è stato un centro di aggregazione aperto a tutti, senza distinzione, anche per quelle famiglie che, per vari motivi non sono della stessa fede o lontani dalla fede.

Ci riempie il cuore di gratitudine al Signore, che molti a seguito di questo primo incontro con la vita serena e gioiosa del Circolo, hanno ritrovato la via della chiesa e una più assidua pratica religiosa.

I dirigenti del Circolo e la Parrocchia insieme si augurano che, nel futuro queste finalità possano avere una maggiore risonanza e delle prospettive ancora più significanti per tutto il quartiere. Nasca in tutti la voglia di ritrovarsi, di rimettersi in gioco. Di ripartire con sempre nuove iniziative, nate dalla ricchezza delle idee di ognuno, idonee a far crescere il quartiere e la vita parrocchiale per il bene di tutti.

IL SANTUARIO “ MADONNA DELLA COLONNA”

Da qualche parte è stato scritto: “Le tradizioni e le devozioni popolari sono le radici della fede”.

Lo stesso Concilio Ecumenico Vaticano II, a proposito di tradizioni, usa espressioni fortissime mettendole in relazione con la Sacra Scrittura e il Magistero della chiesa: “Come sapientissima disposizione di Dio, talmente unite e connesse tra loro, tanto che nessuna di queste può sussistere senza le altre”. (D.V.10) Di conseguenza “ l’una e le altre devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e riverenza (D. V. 9)

Infatti “I libri sacri del V.T. come del N.T. e la veneranda tradizione, mostrano in modo sempre più chiaro la funzione della Madre del Salvatore nella “ economia” della salvezza e la propongono, per cos’ dire, alla nostra contemplazione perché con Lei, figlia di Sion per eccellenza, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova “ economia” della salvezza, quando il figlio di Dio assume da Lei la natura umana per liberare l’uomo dal peccato con i misteri della sua carne (L. G. 55).

Pertanto, quando è stata costruita la nuova Parrocchia, dedicata a S. Maria Goretti, in S. Orso, ci siamo trovati ad avere all’interno dei nuovi confini il bel santuario dedicato alla Madonna della Colonna, piccolo come costruzione ma grande nella tradizione popolare di Fano e ancora più grande nella devozione dei fedeli devoti che, a seguito delle emigrazioni, ne hanno portato il nome e la devozione oltre i confini delle Marche e dell’Italia.

Avere un santuario mariano all’interno della Parrocchia, è stato sempre ritenuto una grande benedizione del cielo, nel quale abbiamo riposto tutte la nostra fiducia nei momenti difficili, trovando sempre sollievo e conforto.

Per questo ci è sembrato doveroso e ottima cosa inserire, in questa storia della Parrocchia, qualche notizia dell’amato santuario, oltre che per l’antica devozione, verso la cara Immagine di Maria, anche perché questo santuario è stato la culla dell’Azione Cattolica Italiana fin dal primitivo santuario, costruito nel lontano 1796, nella zona dell’attuale campo d’aviazione: nel 1922 i gruppi giovanili; nel 1927 1933 i gruppi degli aspiranti maschili e femminili; infine quello degli adulti, che si adoperarono subito a costruire una saletta accanto al santuario, quale sede dell’A.C.I.

Il santuario e altre case circostanti vennero abbattute con l’avvicinarsi del fronte bellico, per ampliare il campo d’aviazione. Era il mese di Luglio del 1940. La venerata Immagine della Madonna della Colonna fu trasferita, con solenne processione, alla presenza del Vescovo di Fano Mons. Vincenzo del Signore, nella chiesa di S. Teresa delle Carmelitane.

Nel 2 Febbraio 1944, dietro insistente richiesta della popolazione, fu riportata nella località di Treponti, con nuovo grande concorso di popolo e la presenza del Vescovo Vincenzo del Signore, il quale al termine della celebrazione fece solenne promessa di voler ricostruire il nuovo santuario, passate tutte tempeste della guerra ormai imminente.

L’Immagine della madonna fu accolta a Treponti in una casetta messa a disposizione da una famiglia del posto e ben preparata e custodita dalla stessa popolazione trepontese.

Così, riaperto al pubblico questo ambiente, fu possibile riprendere l’intensa devozione del popolo fanese che partecipava numerosa alle SS. Messe, anche durante il passaggio del fronte.

In quell’ambiente riprese anche il catechismo fanciulli, gli incontri settimanali per i vari gruppi di A.C. e, ogni anno, la prima domenica di maggio, veniva celebrata, con grande concorso di popolo, la tradizionale festa della Beata Vergine della Colonna.

Dopo la guerra e dopo lunghe e laboriose trattative, condotte sempre con amore ed assiduità, da sua Ecc. za Vincenzo del Signore, fu possibile costruire la nuova chiesa, sempre in località Treponti.

Alla fine del 1959, questa nuova chiesa divenne la nuova sede del santuario della Madonna della Colonna, la cui immagine è considerata opera del XV secolo.

Così si ripristinava con tutta solennità- dopo i tristi eventi bellici- la devozione della Beata Vergine delle Grazie che la diocesi di Fano onorava già da diversi secoli.

Al nascere della parrocchia in località S. Orso, non avendo nessuna struttura a disposizione, questo Santuario fu ritenuto un dono della Divina Provvidenza che ci permetteva di vivere i momenti pù forti della Pastorale con tanta solennità: Battesimi, Comunioni, Matrimoni, funerali …. Tutto veniva celebrato sotto lo sguardo di questa dolce Immagine di Maria.

Per iniziativa e per interessamento dell’allora vicario Generale Mons. Carlo Isotti, fu realizzata anche una bella e capiente sala accanto al Santuario, dove, fu subito possibile riattivare tutte le attività catechistiche e gli incontri dei vari gruppi di A. C., i quali si sentivano onorati di appartenere all’associazione che prendeva nome proprio dal Santuario “ Madonna della Colonna”.

I primi anni della neonata Parrocchia di Santa Maria Goretti, sono stati un periodo veramente fecondo per la pastorale parrocchiale, ed era bello vedere come tutti gli associati si sentivano onorati nel dare la loro collaborazione perché le varie attività riuscissero nel modo migliore.

Era la festa dell’A. C. e tutti gli associati la sentivano come la loro festa e si ritrovavano numerosi e gioiosamente attorno alla venerata Immagine di Maria SS. Ma, sotto la cui protezione era nata e sempre vissuta tutta l’associazione, la cui bandiera era sempre portata, dal gruppo giovanile, in processione nella grande festa annuale.

Quando cominciarono a sorgere alcune strutture del nuovo centro parrocchiale di S. Orso, il Santuario fu sempre ritenuto un punto di riferimento e di profonda devozione Mariana a cui, parteciparono, sempre numerosi, i primi abitanti arrivati nel quartiere di S. Orso.

Anche l’associazione di A. C.. a cui aderivano i giovani e gli adulti nuovi arrivati, pur estendendosi nel nuovo quartiere, fu sempre mantenuta con la stessa denominazione, ritenendo il Santuario parte integrante, della pastorale parrocchiale, di altissimo valore.

C’è da augurarsi per il futuro, che questo Santuario di antica devozione Mariana, in cui si sono ritrovate tante generazioni di fedeli di tutte l’età, posa continuare la propria operosa vitalità secondo gli indirizzi dei Padri conciliari i quali raccomandano con gioiosa fiducia che “ La Madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora dinanzi al peregrinante popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di consolazione fino a quando non verrà il giorno del Signore”. (L. G. 68)

Per questo “tutti i fedeli effondono insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché, dopo aver assistito con le sue preghiere la chiesa nascente, anche ora, esaltata in cielo sopra tutti i Beati e gli Angeli nella comunione dei santi, interceda presso il Figlio suo, fintanto che tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insignite del nome Cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio, a gloria della Santissima e indivisibile Trinità“. (L. G. 69)

MEMORIALE DI FILIPPO MONTESI

Ero in visita alle famiglie per la benedizione pasquale nella zona di Tre ponti, quando sono stato avvertito che la TV stava trasmettendo la notizia della morte di Filippo Montesi, rimasto ferito a Beirut , in un attentato ad una pattuglia italiana, in missione di pace in Libano.

Dalla ricostruzione fornita ai giornali dalla Difesa prendiamo le seguenti notizie:” Alle ore 21,12 di martedì 15 Marzo una pattuglia del contingente di pace …, mentre percorreva la rotabile per l’aeroporto di Beirut,….. è stata fatta segno ad azione di fuoco che colpiva lo sportello di destra ed il serbatoio dell’autovettura da ricognizione ….. rimasero feriti sette italiani, tra cui gravemente Filippo Montesi residente a S. Orso di Fano, in via Volterra n°9.

La situazione dei feriti, prontamente soccorsi e ricoverati, è sotto osservazione presso l’ospedale di Beirut in Libano. Alcuni giorni dopo un aereo militare riporta Filippo in Italia, insieme alla madre Maria Sorcinelli, che lo aveva raggiunto Beirut, subito dopo l’attentato.

Vari furono i tentativi messi in atto presso l’ospedale militare del Celio a Roma, dove Filippo era stato ricoverato.

Filippo cessò di vivere improvvisamente alle ore 9,40 del 22 Marzo 1983, per complicazione postoperatoria “.

La triste notizia si sparse velocemente attraverso tutti canali della comunicazione: radio, TV, giornali italiani ed esteri, telefoni …

Fano, la città che l’aveva visto crescere, appassionato di calcio, amico di tanti amici del quartiere, nella parrocchia e nel circolo A.C.L.I. passò presto dall’incredulità allo sgomento, ricordando anche altre disavventure che aveva colpito la famiglia Montesi : la morte del babbo in un incidente stradale, la morte del fratello Venanzio, anche lui ventenne, finito di vivere per le bruciature di alcune fiammate sprigionatesi da un motorino in avaria.

Il quartiere S. Orso e tutta la parrocchie che egli frequentava, hanno vissuto giornate di dolore e di viva partecipazione al lutto della madre Maria Sorcinelli.

Alla celebrazione del funerale erano presenti migliaia di persone centinai di ragazzi e giovani delle scuole superiori e di tutta la città, avendo il Sindaco decretato il lutto cittadino.

Il rito funebre è stato celebrato dal nostro Vescovo diocesano Mons. Costanzo Micci con il cappellano militare ed altri sacerdoti, nella sala pluriuso, essendo la nuova Parrocchia di S. Maria Goretti, priva di Chiesa.

Tutta la popolazione del quartiere con profonda commozione era presente alla solenne celebrazione funebre: Anche nelle fabbriche del Comune di Fano si partecipò al lutto con una sospensione dal lavoro per cinque minuti. “

“Filippo era davvero un gran bravo ragazzo “ dice una ragazza del quartiere, che conosceva bene la famiglia e le sue disavventure.” La madre, dopo la morte del marito e dell’altro figlio, si era chiusa in un silenzio. Filippo l’aveva aiutata a risollevarsi. La seguiva attentamente, le era di conforto e di sollievo, risolveva quasi tutti i problemi della famiglia. Era sempre lui, per esempio, che usciva di casa a fare la spesa”. (Avvenire, 24/03/83)

Al funerale di Filippo Montesi, partecipò anche il Presidente della Repubblica On. Sandro Pertini, insieme ad altre autorità civili e militari del Comune e della Regione.

La salma era giunta a Fano presso la Parrocchia di S. Maria Goretti, nel pomeriggio del 23 Marzo, dove ha ricevuto le visite omaggio da parte di autorità e semplici cittadini.

Centinaia di giovani hanno voluto rendere omaggio alla salma del loro coetaneo ferito e morto per una missione di pace in Libano paese martoriato da tutti.

Per tutta la notte la salma venne vegliata da gruppi di vigili urbani e alcuni membri marinai della Capitaneria del porto di Fano.

Il 24 tutta la città si è raccolta idealmente attorno alla Parrocchia di S. Maria Goretti.

Una folla immensa ha preso parte al funerale. Siamo certi che quella folla immensa rappresentava tutta l’Italia presente nella persona del Capo dello Stato On. Sandro Pertini giunto puntualmente alle ore 10,30 recandosi subito in chiesa dove poi il Vescovo ha celebrato la S. Messa.

La Tragica Morte di Filippo Montesi ci ha ci ha riempito tutti di grande impotente dolore, non solo per la giovane vita che era stata troncata, ma anche per averla sacrificata in una nobile missione di pace.

Dopo il rito funebre la salma è stata accompagnata, con tutti gli onori militari, nel cimitero di S. Costanzo, paese originario della famiglia Montesi, accanto alla tomba degli altri familiari, Dino e Venazio, padre e fratello, scomparsi in altrettante tragiche circostanze.

Ci piace terminare questa memoria storica di Filippo Montesi, con le parole pronunciate dal nostro vescovo nell’omelia della messa funebre.

“Filippo Montesi, questo giovane di vent’anni, della nostra terra, è morto, primo italiano dopo quarant’anni non sul fronte della guerra, ma sul fronte della pace.

Nel suo animo di giovane, buono e generoso, c’era dunque la gioia dei risultati, della presenza sua e dei suoi compagni d’armi, in quelle terre che, fino a poco tempo fa, erano tutta una fiammata di odio.

“E’ molto bello- scriveva Filippo a sua madre Maria - vedere sul volto della gente il sorriso che mancava da molti anni”.

Il Sorriso! Cos’ è la vita se non si può sorridere? Credo, anzi sono certo che tutti noi qui presenti, ma anche tutti gli italiani che vivono dentro e fuori confini della Patria, ma anche tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto del Libano martoriato, vedano e vedranno in questo giovane che noi avevamo accompagnato col cuore vivo e piacente e ci è restituito cadavere, abbattuto dalle forze crudeli di una violenza senza ragione, un baluardo, una trincea che divideva il mondo della guerra dal mondo della pace, il mondo della violenza oppressiva dal mondo della libertà, il mondo dell’odio, dal mondo dell’amore.

Sotto questa luce il sacrificio di Filippo è un dono immenso che un giovane cuore italiano ha fatto alla causa della civiltà e della pace, alla causa di una umanità migliore.

Qui abbiamo un giovane che sapeva di andare a rischiare per la pace e che per la pace è morto.

E quando si dice che è morto, si dice che non poteva fare di più, che ha fatto tutto.

Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli ….

Filippo, caro amico del nostro cuore, hai amato i fratelli. Siamo certi che sei passato dalla morte alla vita”.

APPENDICE

Si ritiene opportuno oltre che doveroso, aggiungere, a fine libro questa pagina, per chiarire diversità con quanto scritto nei vari paragrafi precedenti in cui venne esposto fedelmente quanto è stato pensato e meditato nello studio della progettazione dell’intero complesso parrocchiale.

Entrando oggi in chiesa, dopo la lettura del libro, si noteranno delle varianti che non erano previste nel, progetto iniziale.

Ciò è dovuto al fatto che quando è avvenuto il cambio dei responsabili della Parrocchia non si è pensato di interpellare i tecnici progettistici, ma si è agito con intuiti personali e varianti liberamente assunte senza informarsi sul progetto iniziale. Presentiamo qui brevemente alcune di queste varianti:

 

-          Sul fondo del presbiterio, anziché mettere Gesù che accoglie e benedice i fanciulli, si è preferito rappresentare in un grande quadro la “ Gerusalemme celeste” così come è descritta nel cap. 21 dell’Apocalisse di Giovanni ampliato dal cap. 12 per quanto riguarda la “ donna che sta per partorire “e “il grande drago” che vuole divorare il bambino appena nato. All’interno della città celeste sono stati inseriti i nomi e i volti dei 12 apostoli, dei quattro protettori di Fano (Paterniano, Eusebio, Orso e Fortunato) e di Santa Maria Goretti a cui è dedicata la Chiesa e la Parrocchia.
In basso nel lato destro del presbiterio, un po’ nascosto, c’è anche l’immagine di S. Giuseppe, con l’angelo che lo consola e gli spiega che, ciò che è accaduto a Maria è opera dello Spirito Santo.

 

- Sulla facciata d’ingresso, sulle quattro finestre che, con quella di centro, dove c’è l’immagine di Santa Maria Goretti, avrebbero dovuto essere rappresentate le cinque vergini prudenti con la lampada accesa, stata realizzata simbolicamente la Pentecoste, cioè lo Spirito Santo che scende sugli apostoli (rappresentata dalle 12 fiammelle ) riuniti in preghiera, con Maria, nel cenacolo.

- Lo spostamento della statua di S. Maria Goretti, protettrice della parrocchia e di Maria Santissima all’aula assembleare diminuiscono il loro valore all’interno della chiesa, e qualche altra libera variante, come le dimensioni dell’altare, dell’ambone, l’ingresso dalla sacrestia alla chiesa senza barriera architettonica, hanno portato diverse modifiche all’armonia del progetto iniziale.

Si chiede, a chi legge, di avere la bontà di accogliere tutto così come oggi si presenta, senza commenti o giudizi su cose o persone.

Per tutto sia ringraziato il Signore per la sua bontà e provvidenza e a Lui salga “lode e gloria in eterno” e onore sempre a S. Maria Goretti.